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  • Venerdì 13 agosto 2010

Dopo vent’anni, si torna a “votare” in Birmania

Le elezioni sono state fissate il 7 novembre, e sono già molto contestate

Dopo vent’anni, il 7 novembre i cittadini birmani torneranno a votare. Associated Press scrive che la giunta militare che governa la Birmania — ufficialmente Myanmar — ha fissato ieri la data delle elezioni, già ampiamente contestate dagli oppositori al regime.

Nel 1990 a vincere era stata la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), il partito del premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, a cui l’esercito non ha mai però permesso di prendere il potere. Suu Kyi ha passato quattordici degli ultimi vent’anni agli arresti domiciliari, e le leggi emanate dal governo non le permetteranno di candidarsi alle elezioni. La data scelta non sembra inoltre casuale: i suoi arresti domiciliari finiranno il 13 novembre, proprio una settimana dopo le elezioni.

Dissidenti, governi stranieri e diversi osservatori internazionali tra cui l’ONU hanno chiesto a lungo queste nuove elezioni, che in molti considerano però già una farsa. Il 25 per cento dei seggi del parlamento andranno di diritto a membri della giunta militare, e solo il restante 75 per cento sarà eleggibile attraverso il voto. Nell’aprile scorso, inoltre, diversi militari si sono dimessi dai loro incarichi per partecipare al voto come civili e aumentare così le possibilità di essere eletti.

Il portavoce di Suu Kyi ha dichiarato che la data scelta per le elezioni è troppo vicina, e non ci sarà tempo per costruire una campagna elettorale.

«Senza libertà di stampa ed espressione, le elezioni non possono essere né libere né giuste»

Suu Kyi ha quindi deciso di non candidarsi e boicottare le elezioni. Diversi membri del suo vecchio partito NLD, ormai sciolto, si sono riuniti formando un nuovo gruppo, la Forza Nazionale per la Democrazia, che si presenterà il 7 novembre. Quaranta partiti si sono già iscritti per partecipare alle elezioni, altri sei stanno aspettando l’approvazione.

Tre anni fa le proteste pacifiche dei bonzi, i monaci tibetani, avevano riportato per qualche mese la Birmania al centro dell’attenzione della comunità internazionale, poi lentamente scemata. I bonzi chiedevano maggiori libertà di culto e il rispetto dei diritti umani negati dal governo, ma la loro protesta venne repressa con la violenza.