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  • Giovedì 29 aprile 2010

Elezioni in vista in Birmania, ma trattasi di farsa

Secondo gli oppositori, la legge elettorale non consentirà di avere un voto democratico

Diversi membri della giunta militare che controlla la Birmania si sono dimessi dai loro incarichi per partecipare alle prossime elezioni. Il primo ministro avrebbe rassegnato le dimissioni dall’esercito insieme a una dozzina di altri funzionari.

Le ultime elezioni democratiche in Myanmar si sono tenute nel 1990 con la vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), il partito di Aung San Suu Kyi cui non è stato mai consentito di formare il governo e che ha deciso di non partecipare alle nuove elezioni, boicottando il voto. Secondo i leader della NLD, la legge elettorale non consentirà di svolgere una consultazione regolare, condizionando così il risultato delle urne. Aung San Suu Kyi, per esempio, non potrà partecipare comunque alle elezioni per le condanne ricevute nel corso degli ultimi anni in seguito al suo impegno per riportare la democrazia nel paese.

Una norma riserva un quarto dei seggi parlamentari ai militari, ma candidarsi fuori dalle fila dell’esercito potrebbe offrire qualche vantaggio e con ogni probabilità è proprio questa la ragione delle dimissioni di gruppo.

Se gli ufficiali dell’esercito parteciperanno al voto come civili, le forze armate potrebbero conquistare un maggior numero di seggi alla Camera. Secondo gli analisti, i militari potrebbero formare un partito politico o partecipare al voto con la Union Solidarity and Development Association (USDA), l’organizzazione di massa della giunta.

Numerosi paesi e osservatori internazionali hanno contestato l’attuale legge elettorale, che difficilmente consentirà al popolo birmano di esprimere liberamente il proprio voto. L’attuale governo non ha ancora comunicato la data precisa delle elezioni, ma salvo cambiamenti di programma le consultazioni si terranno entro la fine di quest’anno.

A causa dello stretto controllo della giunta militare, insediatasi dopo la rivolta e il colpo di stato del 1988, i dissidenti non hanno margini per far valere le loro ragioni. Le proteste pacifiche dei bonzi nel settembre del 2007 hanno riportato la Birmania al centro dell’attenzione della comunità internazionale, ma ciò non ha impedito al regime di rispondere con la violenza causando numerose vittime. I bonzi chiedevano maggiori libertà di culto e il rispetto dei diritti umani negati dal governo.

Le proteste si sono progressivamente spente, senza ottenere importanti risultati o concessioni dalla giunta militare. L’ONU ha inviato un ispettore nel paese, ma le cose non sono migliorate. Sfidando la dura repressione del governo, alcuni attivisti non rinunciano alle iniziative di protesta. I dissidenti applicano sulle banconote alcuni bollini adesivi che raffigurano una mano che fa il segno di STOP per non dimenticare la rivolta del 2007.