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  • Mercoledì 7 luglio 2010

27 mila pozzi di petrolio abbandonati nel Golfo

Un'indagine di Associated Press sulla negligenza del governo e delle aziende petrolifere

Sotto la superficie dell’acqua del Golfo del Messico ci sono circa 27.000 pozzi di petrolio e metano abbandonati, di cui almeno 300 della BP, l’azienda che curava le operazioni della piattaforma Deepwater Horizon affondata ormai più di due mesi fa.

Un’inchiesta approfondita di Associated Press ha scoperto che dagli anni ’40 in poi migliaia di pozzi sono stati lasciati al proprio destino, senza una supervisione e un controllo né da parte delle industrie petrolifere né da parte del governo americano. Associated Press scrive che non c’è modo di sapere se questi pozzi abbiano, nel corso del tempo, iniziato a perdere petrolio o meno. In particolare, sarebbero circa 3.500 i siti a rischio perdita, soprattutto tra i pozzi catalogati come  “temporaneamente abbandonati”. Sono diversi i motivi che portano una compagnia ad abbandonare temporaneamente un pozzo: una riprogettazione dei lavori dovuta a complicazioni, come l’arrivo del periodo degli uragani, o alla volontà di rinnovarlo e potenziarlo, oppure la decisione di attendere una crescita del prezzo di petrolio e limitare la produzione.

Le regolamentazioni prevedono che le industrie petrolifere debbano presentare entro un anno un progetto per il destino dei pozzi temporaneamente abbandonati, decidendo se ricominciare con le operazioni o sigillarlo definitivamente. Ma, come riporta l’inchiesta, questa regola viene continuamente violata, e più di 1000 pozzi — senza supervisione subacquea, e l’impossibilità di stabilire dalla superficie se abbiano perdite — sono rimasti in questa situazione per decenni. Il motivo è da ricondurre ai costi elevati del sigillamento permanente dei pozzi; per comprendere la portata dello sforzo economico, secondo le stime di Associated Press basate sui dati del Minerals Management Service sigillare permanentemente i 10.500 pozzi attualmente attivi e i 3.500 temporaneamente abbandonati costerebbe alle aziende circa 3 miliardi di dollari.

Il Minerals Management Service degli Stati Uniti — l’organo statale che supervisione le trivellazioni e le ricerche di petrolio e gas, già al centro di polemiche su possibili conflitti d’interesse per i loro rapporti con le industrie petrolifere — ha delle procedure di controllo molto blande, e come dimostrato dall’inchiesta non si preoccupa di controllare in prima persona i pozzi abbandonati o temporaneramente abbandonati: quel che basta sono le documentazioni fornite dalle aziende. La presenza di così tanti pozzi non controllati oltre il tempo limite dimostra come aggirare la supervisione del MMS non sia affatto difficile.

Un pozzo sottomarino agisce più o meno come un vulcano: nonostante sia sigillato e “dormiente”, può ripressurizzarsi, e con il tempo e l’erosione dell’acqua il cemento usato per sigillarlo può incrinarsi e deteriorarsi — così “come succede a edifici e autostrade”, ha detto Roger Anderson, un geofisico della Columbia University che ha condotto diverse ricerche sui pozzi petroliferi commerciali. Particolarmente a rischio, quindi, sono le migliaia di pozzi abbandonati da decenni, quelli costruiti e sigillati in un’era in cui le regolamentazioni erano molto meno severe. Esistono poi altre migliaia di pozzi in cui diversi esperti sostengono che le aziende petrolifere abbiano aggirato gli standard di sicurezza.

Le aziende petrolifere interpellate da Associated Press hanno risposto che in teoria la cementazione dei pozzi può reggere all’infinito. Bill Mintz, portavoce della Apache Corporation che possiede almeno 2100 pozzi abbandonati nel Golfo, ha dichiarato che è “nell’interesse di tutti che le cose siano fatte bene”. I funzionari del dipartimento degli interni americano hanno invece rifiutato di rispondere alle domande di Associated Press in merito ai mancati controlli.

Negli ultimi vent’anni, sono state diverse le investigazioni che hanno segnalato al governo e industrie quanto era in atto, e i rischi connessi. Nonostante queste inchieste non siano state portate avanti solo da associazioni indipendenti, ma talvolta anche da organi federali — nel 2001 è stato proprio il MMS ad aprirne una — nulla è mai stato fatto. A parte qualche leggera e sporadica multa, come quella di 440.000 dollari a sette compagnie per abbandono improprio tra il 2004 e il 2007.