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  • Mercoledì 16 giugno 2010

Anche la Spagna verso il divieto per il burqa

Dopo le leggi di Francia e Belgio, anche il governo spagnolo è orientato a imporre l'obbligo di riconoscibilità

di Francesca Barca

A woman wearing a veil walks in Barcelona, Spain, on Tuesday, June 15, 2010. Spain's justice minister says the government favors barring women from wearing burqas in government buildings. Francisco Caamano said Tuesday that face-covering Islamic garments are degrading to women and the restriction will be included in an upcoming bill governing religious issues.(AP Photo/Manu Fernandez)
A woman wearing a veil walks in Barcelona, Spain, on Tuesday, June 15, 2010. Spain's justice minister says the government favors barring women from wearing burqas in government buildings. Francisco Caamano said Tuesday that face-covering Islamic garments are degrading to women and the restriction will be included in an upcoming bill governing religious issues.(AP Photo/Manu Fernandez)

Ieri il Ministro della Giustizia spagnolo, Francisco Caamaño, ha annunciato che nella legge per la “Libertà Religiosa e di Coscienza” che il Governo sta preparando non esclude di regolamentare (leggi vietare) l’uso del burqa come richiesto da numerose municipalità in Spagna, sopratutto catalane. La città di Barcellona, più altri sei comuni catalani, ha infatti già emesso un decreto per impedire l’uso del velo integrale (a cui, per equità, sono stati aggiunti casco e passamontagna) nei luoghi pubblici.

La norma si richiama, come ovunque, all’obbligo di riconoscibilità dell’individuo. Tale norma dovrebbe rientrare nella Ley de Libertad Religiosa y de Conciencia (Legge di Libertà Religiosa e di Coscienza) che il Governo ha in cantiere da mesi, in seguito alle polemiche su velo e burqa che stanno animando la Spagna. Caamaño ha infatti invocato, a sostegno di questa proposta, motivi di «sicurezza» e la «libertà e dignità della donna», ma anche la necessità di «mettere ordine in questo tipo di questioni». Ricordiamo la polemica che ha seguito l’espulsione della giovane Najwa Malha dal suo istituto scolastico della provincia di Madrid a causa del velo islamico. Dopo questo episodio molte scuole hanno cambiato il loro statuto per includere il divieto di “capo coperto”: in Spagna, al momento, una decisione del genere spetta, per quanto riguarda le scuole, al consiglio di istituto, e per quanto riguarda le regione alle Comunità autonome.

Il progetto di legge dovrebbe arrivare alla Cortes Generales (il Parlamento spagnolo) in autunno. Il Ministro alle Pari Opportunità, Bibiana Aído, è sulla linea del Governo: «Questo tipo di argomento ha bisogno di una riflessione seria, e la Legge sulla libertà religiosa è il luogo adatto. Il burqa e gli altri veli integrali attentano la dignità della donna. Mi piacerebbe che nessuna donna dovesse portarlo», riporta El Pais. Il quotidiano cita anche la dichiarazione di Jaime Rossell, professore di Diritto Ecclesiastico all’Università dell’Estremadura. Secondo lo studioso non è «consigliabile che il legislatore proibisca un solo tipo di indumento. Inoltre la legge attualmente in vigore pone già come limite l’ordine pubblico» e permetterebbe di essere applicata là dove necessario. 

Il velo è già vietato in Francia, insieme a tutti i segni di appartenenza religiosa (legge 1905 sulla laicità), e in moltissime scuole in Belgio: 110 su 129 della comunità francofona, mentre la comunità fiamminga lo ha vietato lo scorso settembre, e l’interdizione sarà effettiva dal prossimo anno scolastico. Sempre Francia e Belgio si stanno giocando il primato di chi arrivi prima a una legge per vietare l’uso del burqa negli spazi pubblici: il Belgio, il 29 aprile scorso, ha fatto passare – in piena crisi politica, subito dopo la caduta del Governo di Leterme – una legge all’unanimità. La Francia ci si avvicina: il Consiglio di Stato francese sta esaminando il  provvedimento per il divieto del velo integrale. Il Governo aveva incaricato una Commissione parlamentare per studiare il problema, ed è ora pronto ad andare avanti. Secondo  il quotidiano francese Le Figaro il progetto si concentra principalmente su due articoli che puntano a “punire le donne in maniera leggera” e a “sanzionare fortemente chi le obbliga”. Secondo il principio per il quale «nessuno nello spazio pubblico può coprire il suo volto» si può incorrere in multe fino a 150 euro o in uno «stage di utilità pubblica».

La grande novità della legge francese è che instaura il delitto della «violenza, della minaccia e dell’abuso di potere o di autorità» per chi impone l’uso del burqa.  Il testo passerà al Consiglio di Stato che aveva già rifiutato una prima proposta nel marzo scorso, ritenendo che mancassero i fondamenti giuridici (violazione principio di libertà di coscienza).
Importante, per il Governo francese, far passare il messaggio che il burqa non si rifiuta in nome della laicità – perché suonerebbe un cattivo messaggio per la comunità islamica – anche se ancora non ha chiarito se si porterà avanti il tema della sicurezza o quello della dignità della donna.

Secondo un’inchiesta che ha toccato 21mila cittadini di quattordici Paesi Ue, realizzata dalla fondazione spagnola BBVA e coordinata da Ipsos, solo il 28% dei cittadini è d’accordo sull’uso del velo nelle scuole, mentre il 50% è contrario, riporta il quotidiano spagnolo ABC. I Paesi che ci si oppongono maggiormente sono la Bulgaria, la Francia, la Germania, la Svizzera, il Belgio e la Grecia. Va detto che il 62% degli intervistati considera i valori cristiani una caratteristica europea. Nel caso spagnolo, riporta ABC, il 28% dei cittadini intervistati è d’accordo con il velo, mentre il 21% non se ne interessa.

Ci sono circa 14 milioni di musulmani – secondo uno studio della fondazione culturale tedesca ZentralInstitut Islam Archiv Deutschland – che già vivono nei paesi dell’Unione Europea (non Europa, dove se si considerano gli oltre otto milioni dei Paesi di area Balcanica e i venti milioni delle Repubbliche della Federazione russa, si arriva a oltre quaranta). Il Paese con la più grande comunità islamica è la Francia (5,5 milioni, almeno ufficiosamente, visto  che le statistiche etniche sono vietate), seguito dai Paesi Bassi (non in termini di cifre, vista la grande differenza di popolazione) dove il 6% della popolazione è musulmana.