L’anti Silvio

La travagliata storia della manovra finanziaria ha evidenziato i conflitti tra il premier e Tremonti

© Marco Merlini / LaPresse
06-05-2010 Roma
Politica
Montecitorio, voto finale sul decreto legge incentivi
Nella foto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti

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Rome, 05-06-2010
Politic
Montecitorio, Chamber of Deputies, final vote about 'incentives law'
In the photo the Minister of Economy and Finance, Giulio Tremonti
© Marco Merlini / LaPresse 06-05-2010 Roma Politica Montecitorio, voto finale sul decreto legge incentivi Nella foto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti © Marco Merlini / LaPresse Rome, 05-06-2010 Politic Montecitorio, Chamber of Deputies, final vote about 'incentives law' In the photo the Minister of Economy and Finance, Giulio Tremonti

È ancora presto per dire cosa rimarrà della manovra finanziaria che il governo è faticosamente riuscito a varare: se e quanto sarà efficace, se e quanto eviterà all’Italia il rischio di finire come la Grecia. Ma c’è un lascito di questa manovra che conosciamo già, e che con ogni probabilità è destinato a segnare l’agenda della politica italiana nei prossimi mesi. A lungo Silvio Berlusconi ha pensato e creduto che il suo principale avversario all’interno della maggioranza fosse Gianfranco Fini e la sua truppa di fedelissimi: il loro fastidioso controcanto, il loro tentativo di trascinare il PDL su posizioni più moderate ed europee. La storia di queste settimane gli ha detto, una volta per tutte, che il suo avversario più pericoloso non è il presidente della camera bensì il ministro dell’economia, Giulio Tremonti.

Per giorni il testo del provvedimento politico più importante della storia di questo governo, la manovra di emergenza volta a salvare i conti del paese, è stato praticamente segreto. Ci ha lavorato il ministero dell’economia in totale isolamento, decidendo quali capitoli di spesa tagliare senza che i suoi alleati, gli altri ministeri o lo stesso presidente del consiglio potessero avere la certezza di quello che era o non era contenuto nel testo.

Quando Napolitano ha chiesto a Berlusconi di poter leggere il decreto che di lì a poco gli sarebbe stato sottoposto per la firma, la risposta del presidente del consiglio è stata imbarazzata e imbarazzante: “Presidente, per dirle la verità Tremonti il decreto non l’ha fatto vedere nemmeno a me. Ma mi ha assicurato che arriverà ad horas”. Una circostanza confermata dallo stesso Tremonti quando nei giorni scorsi aveva incontrato l’assemblea dei deputati PDL, anche loro all’oscuro di tutto: “Mi dispiace, ma la manovra non posso farvela vedere. Sarebbe scortese nei confronti del Quirinale, voi capirete”. Non è un caso se il primo a sbottare non sia stato Bocchino, Urso o Raisi – uno qualsiasi dei finiani indisciplinati redarguiti da Berlusconi durante la famosa assemblea nazionale del partito – bensì Sandro Bondi, uno degli uomini più vicini al premier, nonché coordinatore nazionale del PDL. “Avrei voluto decidere insieme”, ha detto Bondi, “il ministero non doveva essere esautorato”.

Si arriva così al pomeriggio di ieri, quando Berlusconi spazientito ha deciso di fare la sua mossa, dando mandato allo stesso Letta di riprendere in mano la situazione. Così Repubblica di oggi:

I rapporti tra Berlusconi e Tremonti, nelle ultime 48 ore, sono tornati tesissimi. Ai pochi fidati consiglieri sentiti nella giornata festiva, il capo del governo ha continuato a ripetere che la stretta finanziaria ha già scatenato “troppi malumori, troppe proteste” in seno alla stessa maggioranza. Tra leghisti preoccupati per il federalismo a rischio, finiani sul piede di guerra e industriali scettici. D’altronde, lo strappo consumato sabato sera è sintomo del clima deterioratosi in questo weekend ad alta tensione. Il comunicato di fuoco con il quale, a sorpresa, il ministro della Cultura e coordinatore del partito Sandro Bondi si è scagliato contro i tagli “indiscriminati” operati dal collega Tremonti è stato preceduto da una lunga telefonata del fedelissimo ministro allo stesso Berlusconi. E dunque proprio dal premier sarebbe scattato il via libera per quel j’accuse che Bondi, del resto, non avrebbe mai osato senza il conforto del suo leader.

Non è la prima volta che Giulio Tremonti si ritrova a occupare una posizione di centralità rispetto alle sorti del governo e allo stesso Berlusconi. Già nei giorni convulsi della cosiddetta “lista Anemone”, molti nella maggioranza si chiedevano chi avesse diffuso quell’elenco che era sconosciuto persino ai magistrati, ipotizzando che dietro la fuga di notizie dalla Guardia di finanza potesse esserci la mano del ministero dell’economia, al quale la Finanza fa capo. Che nel centrodestra si sia aperta la corsa alla successione a Berlusconi non è un mistero da tempo. Oggi sappiamo che la gara ha un partecipante in più, oltre a Gianfranco Fini.