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  • Domenica 16 maggio 2010

Gli editori contro il ddl intercettazioni

La legge prevede che non si possano pubblicare né contenuti né riassunti degli atti di indagine in corso

Due giorni fa l’Aie (l’associazione degli editori) aveva diramato un documento in cui si chiedeva al governo di ripensare il disegno di legge sulle intercettazioni, che vieta ai giornalisti di pubblicare anche solamente il contenuto o il riassunto degli atti delle indagini, fino alla loro conclusione. Ieri Giuseppe Laterza e Stefano Mauri del gruppo Gems, i promotori dell’appello, sono tornati a ribadire il concetto, e con più forza, al Salone del libro di Torino di ieri durante un incontro con Rosy Bindi, Gustavo Zagrebelesky ed Ezio Mauro.

Nel documento si legge che

Questo ddl rischia di compromettere il diritti di informazione. La legge in discussione in Parlamento aggancia il divieto di pubblicazione a un’altra legge (la 231 del 2001) relativa alla disponibilità amministrativa delle imprese per reati commessi dai dipendenti nell’interesse aziendale. Con il risultato di inasprire le sanzioni previste sia per i giornalisti, fino a 20mila euro, sia per gli editori, fino a 465mila euro, e di spingere gli stessi a un controllo preventivo sull’operato di giornalisti e autori.

All’appello hanno aderito la Rcs-Rizzoli, il gruppo Mauri Spagnol (Bollati Boringhieri, Garzanti, Longanesi, Guanda, Salani, Vallardi), Laterza, Feltrinelli, Il Castoro, Chiarelettere, Donzelli, Fazi, Giunti, e/o, Instar, Iperborea, Il Saggiatore, Marcos y Marcos, Minimum Fax, Nottetempo, Sellerio, Voland.

A mancare, come prevedibile, la firma di Marina Berlusconi per Mondadori (che è proprietaria anche di Einaudi), che non prende però nettamente le distanze dall’appello, anzi.

La Mondadori fa parte dell’Associazione Italiana Editori, che ha già espresso la sua opinione a nome di tutti gli editori italiani. Nei nostri libri ogni giorno difendiamo la libertà di espressione di tutti gli autori.

Un comunicato arrivato diverse ore dopo le annessioni delle altre case editrici, che cerca faticosamente di stare in equilibrio tra le due parti. La firma sul documento non c’è, ma una presa di posizione forse sì.