L’eco sulla stampa

Si sprecano gli aggettivi apocalittici per descrivere la giornata di ieri. Niente sarà più lo stesso?

“Guerra totale”, titola Repubblica. “Scontro”, secondo la Stampa. “Conflitto senza precedenti”, scrive il Corriere. I titoli dei quotidiani non ci girano intorno e sviscerano la giornata di ieri con una quantità impressionante di reportage e retroscena, di letture trasversali e analisi di quello che succederà. Il racconto più efficace di quello è che è successo ieri all’auditorium della Conciliazione è quello di Mattia Feltri sulla Stampa, che racconta di come “Fini fischiava dal naso” già di prima mattina e “quando Fini ha parlato di «impunità», s’è capito che andava a schifio”.

È finita così, con le telecamere dietro a un mare di schiene alzate, lontane voci concitate, la guerra consumata, quindi tutti fuori, sulla strada a cercare di capire che succederà adesso, e quelle due matte di Alessandra Mussolini e Daniela Santanchè che escono a braccetto, ridendo in coppia come le ginnasiali che vanno al bagno, loro due, che si erano date a vicenda della patata transgenica: «Quando i maschi litigano, le donne fanno pace». E pregustano teste rotolanti.

Questo delle “teste rotolanti” è un tema ricorrente sui quotidiani di oggi, specie sui due che hanno una visione molto chiara su chi sia uscito vincitore dalla giornata di ieri. “Vince Berlusconi, Fini stroncato” titola cubitale il Giornale; “Suicidio riuscito” titola invece Libero. Che questi giornali se la prendano direttamente con Fini non è certo sorprendente: è però significativo che siano proprio gli house organ del centrodestra a descrivere con maggiore insistenza la possibilità che questo scontro porti alle elezioni anticipate. Più esplicito di così non si potrebbe: “Si avvicinano le elezioni anticipate” titola Libero, e spiega come

l’uscita dei finiani dal Pdl e la fine anticipata della legislatura sono l’epilogo più probabile della vicenda, e Berlusconi lo sa benissimo.

La bomba però è quella di Bossi sulla Padania, che parla apertamente di fine dell’alleanza tra Pdl e Lega.

Fini, invidioso e rancoroso per le nostre ripetute vittorie, ha rinnegato il patto iniziale e non ha fatto altro che cercare di erodere in continuazione ciò che avevamo costruito, attaccandoci. Ha lavorato per la sinistra comportandosi come un vecchio gattopardo democristiano: fingi di costruire, per demolire e non muovere nulla. In questo modo ha aiutato la sinistra, è pazzesco. Anzi, penso che sarà proprio la sinistra a vincere le prossime elezioni, grazie a lui. Fini è palesemente contro il popolo del Nord, a favore del centralismo dello Stato e il meridionalismo. Berlusconi avrebbe dovuto sbatterlo fuori subito, senza tentennamenti, invece di portarlo in tv, dandogli voce e rilievo, quella era la strada da seguire.

Nel descrivere la giornata di ieri molti giornali sembrano però compiere un significativo errore di analisi. La direzione nazionale del Pdl ha approvato in conclusione un documento molto critico con “le correnti” e le “ambizioni personali” di Fini, che difende a spada tratta l’operato del presidente del consiglio. Libero scrive in prima pagina che “il Pdl vota quasi all’unanimità un documento contro il presidente della Camera: finisce 159 a 12”. Il Giornale la mette in un modo un po’ più furbo, scrivendo che i voti contrari al documento sono stati “solo 11 su 172”. Anche Repubblica, Corriere e il Foglio propongono un simile conteggio, che però – spiega Flavia Perina nel suo editoriale sul Secolo – è errato.

E si farà l’abitudine anche a ciò che oggi sembra stupefacente: il sito del Pdl che non mette in rete l’intervento di Gianfranco Fini; il Tg1 che titola “è finita 172 a 11” facendo opportunamente confusione tra gli aventi diritto al voto e i sostenitori del documento di maggioranza; Silvio Berlusconi che chiede a Fini di “far comprare il Giornale da un suo amico” se vuole titoli senza insulti.

I voti favorevoli al documento anti-Fini, infatti, sarebbero stati cinquanta o sessanta: 172 sono i membri totali della DirNaz, molti dei quali all’ora del voto erano già andati via. Non si trova sui giornali un dato su quanti abbiano effettivamente votato: e Verdini ieri ha contato solo i contrari (perdendone due, a detta di alcune ricostruzioni) concludendo a occhio che i favorevoli fossero di più. Ma quanti erano? Su una cosa, però, sono d’accordo tutti: la giornata di ieri segna l’inizio di una fase nuova. Così Concita De Gregorio sull’Unità:

Segnatevi questa data perché l’era del superuomo è finita. Certo ci vorrà tempo, mesi forse anni perché il naturale dibattito interno di un partito diventi veleno che lo corrode e lo sfinisce come è accaduto, appunto negli anni, ai partiti che abbiamo conosciuto prima dell’avvento del messia, fossero di destra di centro o di sinistra. Ci vorrà tempo, quello del Pdl si conta da ieri.

Le fa eco Ezio Mauro su Repubblica:

Fini tenterà di restare nel Pdl parlando alla parte più moderata della destra del Paese, ma intanto preparerà le sue truppe risicate, perché dovrà andarsene, più presto che tardi. Il Cavaliere alla fine romperà definitivamente, ma non solo con Fini, con tutto. Incapace di reggere, chiederà il giudizio di Dio nelle elezioni anticipate.

Tutti i quotidiani, infine, raccontano dell’atteggiamento preoccupato del Pd di fronte a quanto accaduto ieri. La Stampa centra il problema – “Pd, paura del voto anticipato” – e racconta di come il Partito Democratico non abbia nessuna voglia di andare a votare subito, e per questo nell’inedita sfida tra Berlusconi e Fini si trovi costretto – ma a mezza bocca, ovviamente – a sperare che abbia la meglio il presidente del consiglio, e che la situazione non precipiti.