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  • Martedì 20 aprile 2010

Come farebbe il mondo senza Ahmadinejad?

Per molti paesi e leader mondiali il presidente iraniano non è affatto un problema, anzi

Ok, il mondo senza Ahmadinejad farebbe tutto tranquillamente. Anzi, possiamo dire con qualche certezza che farebbe molto meglio di come fa adesso. Nonostante questo, però, le azioni e le posizioni del presidente dell’Iran condizionano e determinano la politica mondiale al punto che, senza di lui, diversi altri personaggi in giro per il mondo si troverebbero in qualche difficoltà. La lista la mette insieme David Rothkopf su Foreign Policy e, in effetti, non è facile dargli torto.

Benjamin Netanyahu ha costruito la sua immagine di protettore di Israele anche grazie alle parole incendiarie di Ahmadinejad. La stessa elite religiosa iraniana, paradossalmente, non può che giovarsi delle sparate e delle provocazioni del presidente iraniano, visto che li fa sembrare saggi, moderati e riflessivi. Dall’altra parte, anche le storiche forze di opposizione alla teocrazia hanno usato Ahmadinejad per compattarsi e rafforzarsi:

Ahmadinejad è il classico politico insensibile, brutale e rozzo che fa di più per fomentare i suoi nemici piuttosto che per coalizzare efficacemente i suoi alleati.

L’elenco prosegue. La leadership saudita e buona parte del mondo arabo ha a lungo subito e patito l’egemonia politica e culturale iraniana. Grazie ad Ahmadinejad, però, non sono mai stati così sostenuti nei loro tentativi di contenere le mire e le ambizioni dell’Iran. Il presidente venezuelano Chávez, poi, è semplicemente innamorato di Ahmadinejad.

Il solo fatto di essere associato al presidente iraniano fa sembrare Chávez più grande e più pericoloso di quanto sia in realtà. Basta diffondere la voce di un volo “misterioso” tra Caracas e Teheran per diffondere panico e implicazioni sinistre. Anche il Venezuela cercherà di ottenere armi nucleari? Venezuela e Iran formano un nuovo asse del male? Il solo porsi queste domande rappresenta una gigantesca occasione di visibilità per Chávez.

Ancora. Il governo del Brasile ha utilizzato la tipica strategia mediatica iraniana per aumentare la propria popolarità interna: mandare generici messaggi di solidarietà ai paesi con i rapporti più freddi con gli Usa, così da provocare la loro irritazione e vantarsene in patria.

In fin dei conti, però, chi potrebbe trarne i maggiori vantaggi potrebbe essere addirittura Israele.

Paradossalmente, Israele sta diventando meno centrale nella diplomazia statunitense, sorpassata dalla necessità di una forte alleanza tra gli stati arabi interessati al contenimento della minaccia (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iraq, etc). Inoltre, qualora si riuscisse a creare un “ombrello nucleare” sulla regione, questo non potrebbe che riguardare – e quindi proteggere – anche lo stesso Israele. Le relazioni con gli stati arabi anti-iraniani sono sempre più importanti e centrali, e sono destinate a dare a questi stati maggiore voce in capitolo anche nella questione israelo-palestinese: da qui tutte le speculazioni sugli accordi che gli Stati Uniti stanno cercando con questi paesi, così da poter andare da Israele e chiedergli impegno sulla questione palestinese in cambio del contenimento della minaccia iraniana.

Israele avrebbe ogni interesse ad accettare l’accordo sulla questione palestinese, pur di contenere l’Iran. Qualora Ahmadinejad dovesse davvero ottenere la bomba, infatti, l’intera situazione geopolitica sarebbe destinata a cambiare.

Gli Stati Uniti sarebbero costretti a stringere i loro rapporti con alcuni nemici storici di Israele, facendo diventare ancora più complicata una situazione già piuttosto difficile.