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  • Mercoledì 8 agosto 2012

Romney e le Pagine Gialle

Un articolo di Bloomberg si occupa dell'opaca operazione finanziaria conclusa nel 2000, in cui il candidato alle presidenziali degli Stati Uniti guadagnò decine di milioni di euro

In un lungo articolo di inchiesta di Bloomberg, pubblicato lunedì 6 agosto, Jesse Drucker, Elisa Martinuzzi e Lorenzo Totaro si sono occupati di una vicenda fino ad oggi quasi dimenticata che coinvolge il candidato presidenziale statunitense Mitt Romney e la privatizzazione di Seat Pagine Gialle SpA.

L’operazione fruttò circa un miliardo di dollari (810 milioni di euro al cambio attuale) in profitti per Bain Capital, la società finanziaria di cui Romney è stato uno dei fondatori e amministratore delegato quasi ininterrottamente dal 1984, anno della fondazione, al 2001. Lo stesso Romney ottenne tra i 50 e i 60 milioni di dollari, anche se i profitti dell’intera operazione furono gestiti per la maggior parte attraverso società sussidiarie in Lussemburgo. Un’operazione che probabilmente non violò alcuna legge e che è di un genere simile ad altre fatte da grandi società come Google o Facebook, ma di cui anche negli Stati Uniti, nell’ultima settimana, ci si è interrogati sulla moralità.

La storia, in breve, andò così: alla fine del 1997, un gruppo finanziario di cui faceva parte anche Bain Capital comprò la maggioranza (il 61,7 per cento) di Seat Pagine Gialle SpA per 853 milioni di euro. Si trattava di una delle prime privatizzazioni attuate dal ministero del Tesoro italiano negli anni Novanta, per facilitare l’ingresso nell’euro, e Seat, che produceva appunto le celebri guide con gli indirizzi delle attività commerciali, era di proprietà di una società statale di nome Stet SpA. Bain investì nell’operazione 36 milioni, e del gruppo facevano parte anche De Agostini, Banca Commerciale Italiana e Telecom, le ultime due controllate dallo stato.

Bain aveva il 16 per cento delle azioni, il secondo investitore dopo Telecom; proprio a Telecom Italia la società americana vendette le sue azioni nel febbraio del 2000, durante la cosiddetta “bolla delle dot com” (ovvero le alte quotazioni delle azioni delle società che avevano a che fare con internet e l’informatica): Telecom Italia pagò le azioni di cui non era in possesso 14,6 miliardi, circa 17 volte la cifra a cui erano state acquistate. I profitti di Bain in questa operazione passarono attraverso una serie di società in Lussemburgo e rientrarono alla fine negli Stati Uniti, usufruendo di tassazioni molto favorevoli o del tutto assenti. Oggi, nota Bloomberg, l’intera Telecom Italia vale molto meno di quella cifra (circa 12,5 miliardi, con una perdita nel valore delle azioni del 90 per cento dal 2000) e Seat vale circa 57 milioni di euro.

Il caso della privatizzazione di Seat Pagine Gialle SpA è molto conosciuto in Italia, dove è stato oggetto di diverse indagini da parte della magistratura e della CONSOB (l’autorità di controllo sui mercati finanziari), che non hanno mai toccato Bain e non hanno portato a nessuna condanna. Sul caso sono stati scritti anche diversi libri. Quello che non era stato sottolineato era il ruolo della società di Romney nell’affare, in un periodo in cui i suoi guadagni e i suoi affari prima della candidatura sono uno dei temi più sensibili della campagna elettorale presidenziale.

foto: AP Photo/Charles Dharapak