L’economia cinese rallenta

Per la prima volta in quasi tre anni il settore manifatturiero è in calo

ll settore manifatturiero cinese ha mostrato un calo nel mese di novembre, secondo i dati ufficiali presentati oggi. È la prima volta che accade da 33 mesi. Il calo è dovuto per la maggior parte a una diminuzione delle esportazioni, uno dei settori principali che hanno sostenuto la grandissima crescita economica cinese degli ultimi anni: una diminuzione che si ricollega alla crisi economica globale. Ma la minore domanda di prodotti cinesi interessa anche il mercato interno del paese. Studi più specifici hanno evidenziato un calo nella vendita al dettaglio e una diminuzione dell’attività industriale in Australia per il quinto mese consecutivo, di cui la Cina è il principale partner commerciale.

L’indicatore economico in calo è il Purchasing Managers Index (PMI), che per il mese di novembre è calato sotto la quota di 50 punti (fermandosi a 49), indicando una diminuzione nell’attività manifatturiera. Nel complesso, la crescita del prodotto interno lordo è diminuita nel terzo trimestre del 2011 al 9,1% su base annua, dal 9,5% del trimestre precedente. L’inflazione è diminuita, in ottobre, raggiungendo il 5,5%.

Ieri le autorità cinesi avevano deciso di ridurre la quantità di denaro che le banche devono tenere come riserva, per la prima volta in tre anni, in modo da aiutare il settore bancario in un momento in cui l’economia sta rallentando. La mossa, indica la Reuters, è stata forse anticipata dopo la decisione di ieri delle sei maggiori banche centrali mondiali di rendere più economici i prestiti in valuta alle banche.

I dati sono leggermente peggiori delle previsioni di qualche settimana fa, quando il Fondo Monetario Internazionale aveva previsto una crescita del prodotto interno lordo cinese di oltre il 9% in quest’anno, ma segnalando anche che il settore manifatturiero mostrava i primi segni di rallentamento. Gli esperti dicono che l’economia cinese diminuirà la sua crescita anche nei prossimi mesi, e che le autorità devono prendere provvedimenti per evitare che questo accada in modo troppo rapido.

Come spiega Robert Peston sulla BBC, una crescita del PIL cinese inferiore all’8% (cifre irraggiungibili, nella situazione attuale, per gli Stati Uniti o l’area dell’euro) è necessaria al paese per assorbire i milioni di lavoratori che entrano ogni anno nel mercato del lavoro, ad esempio spostandosi dalle aree più povere e arretrate delle campagne verso le aree industriali e i centri urbani. E un aumento della disoccupazione produrrebbe probabilmente maggiore instabilità sociale e pericolo di rivolte. Ma le aziende cinesi, continua Peston, sembrano cercare il modo di produrre di più utilizzando meno lavoratori, visto gli aumenti fino al 40% che le autorità hanno imposto per i (finora molto bassi) salari industriali.

foto: STR/AFP/Getty Images

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