poesia Milano
In giro per Milano con i poeti, come Raboni
«È morto vent’anni fa e sono fortunato perché, quando ce n'è stata l’occasione, non l’ho avvicinato, così adesso posso leggerlo dalla distanza che annulla il confine tra vivi e morti. Lo stesso sentimento che avverto ogni volta che torno e passo attraverso i luoghi che ho imparato con le poesie e che cambiano di mese in mese, eppure qualcosa resta. Resta via San Gregorio com’era, resta il neon di un’edicola di via Crescenzago di una poesia di De Angelis, resta il dialetto da masticare di Franco Loi, resta la via dove Pagliarani si copriva la faccia col giornale, resta San Siro a piedi di Vittorio Sereni, restano le corsie d’ospedale che racconta Raboni di quando andava a trovare Cattafi. Resta la possibilità di fingere, per cui salgo sul 9, m’invento che il numero sia preceduto da un 2 e seguo un po’ di quel percorso, una volta scendo in viale Monte Nero, altre poco più avanti, altre mi spingo fin dopo Porta Venezia sperando di sfiorare il tram che procede in senso opposto»

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Una costellazione / 2
«Mangiamo un falafel, passiamo davanti al Rote Flora, torme di ragazzini con skateboard ci ronzano accanto, scendiamo verso St. Pauli e visitiamo il Jüdischer Friedhof Altona — le tombe ashkenazite spiccano in un sottobosco un po' selvatico, privo di cure; quelle sefardite giacciono orizzontali coperte di una lievissima patina verdastra — e io continuo a rimuginare»

Una casa nel bosco
«Esiste un modello unico e inattaccabile della condizione umana, un metro unico e incontestabile del “benessere”, oppure esistono periferie estreme della tribù umana che vanno rispettate, capite, semmai aiutate, certo non represse?»
