La bevanda dell’estate a New York è lo Spritz Aperol
Lo scrive il New York Times, i dati lo confermano, ed è merito di una strategia di marketing che ha funzionato

Lo scrive il New York Times, i dati lo confermano, ed è merito di una strategia di marketing che ha funzionato

Non è facile, soprattutto negli Stati Uniti dove sono abituati a cocktail molto più forti, ma la società usa strategie inusuali, come pagare persone perché ordinino i suoi prodotti nei locali alla moda

BusinessWeek racconta delle faticose strategie commerciali per esportare gli storici successi dell'Aperol


Con un'operazione da 684 milioni di euro, il marchio del famoso liquore francese entrerà a fare parte della ricca serie di prodotti di Campari

Lo ha deciso l'assemblea dei soci: per ragioni legate agli investimenti internazionali, e per la fine dello scontro con Vivendi

Dopo decenni di grandi acquisizioni è arrivata a possederne 72, ma ora vuole concentrarsi sulla manciata più redditizia

Un video virale sta facendo scoprire agli americani la versione milanese del cocktail italiano più famoso al mondo, quella «col Prosecco»

Da diversi anni la musica è sempre meno rilevante in uno dei festival musicali più importanti e influenti al mondo, diventato soprattutto una costosissima vetrina

Specialmente dopo la pandemia in Italia si sono affermati quelli più intimi e defilati, apprezzati ma non sempre sostenibili economicamente

Dall'Old Fashioned all'Americano, passando per la Caipirinha e il Martini, per chi è inesperto ma vorrebbe un'alternativa al solito gin tonic

Chi vorrà emanciparsi dalle solite cose assaggerà più piatti mediorientali e fermentati, berrà vini meno alcolici e sprecherà meno in imballaggi

Nel giro di pochi anni si è affermato come vino frizzante più venduto al mondo, grazie a processi industriali e a strategie di marketing efficaci

Il centro storico è pieno di visitatori e nei quartieri del centro ci sono più b&b che a Venezia, ma gli abitanti non riescono più a pagare gli affitti e sono aumentati gli sfratti

«Molti anni fa mio “zio Michael”, ormai anziano, ospitò me e mio figlio nella sua casa nel Connecticut negli Stati Uniti. Un giorno, aprendo l’armadio a muro della camera per gli ospiti, era saltata fuori la sua uniforme di Buchenwald. Manca ormai da un decennio mio zio Michael, questo mio amatissimo parente, uno dei pochissimi scampati allo sterminio. Se mi immagino in dialogo con lui, vorrei rispondergli che il fascismo di oggi non è quello di allora che ha rialzato la testa, ma mi risuonano nella mente le parole della scrittrice Anne Rabe che tracciano un quadro terrificante di quello che la Germania dell’Est è diventata. La presenza della destra estrema è persino più spaventosa che negli anni in cui il mio amico Johannes era stato preso a calci dai naziskin di Lipsia. La paura è diffusa in chiunque non sia un simpatizzante, il controllo territoriale è esercitato da gente disposta a spaccare le ossa a chi sia inviso, il clima associabile allo spadroneggiare delle SA negli anni Trenta»
