Che cosa c’è tra Renzi e Letta

Dello scambio di dichiarazioni e battute degli ultimi giorni fra Renzi, Epifani, i renziani e i bersaniani, un solo aspetto sembra veramente interessante: l’evidente preoccupazione del sindaco di Firenze di non far passare l’idea che lui sarebbe un avversario di Enrico Letta e un sabotatore del suo governo.
È come se Renzi si sia reso conto del principale pericolo che corre in questa fase. Il pericolo che dieci giorni fa su Europa riassumevamo così: Renzi ovviamente spera in elezioni a strettissimo giro, ma non può muoversi come demolitore delle larghe intese perché nessuno può garantirgli che, in caso di caduta di Letta, si vada automaticamente al voto anticipato. Per esempio tanti giocano per maggioranze alternative, con M5S; poi c’è Napolitano, che non allenterà la tutela sul governo; infine c’è la questione della riforma elettorale, che si frappone invalicabile verso la convocazione delle elezioni.

Renzi vuole sbrogliare tutta questa complicata matassa facedo il mestiere di segretario del Pd? Improbabile. D’altronde però non può neanche, a questo punto, tirarsi indietro: rinunciare a correre alle primarie sarebbe la certificazione di fragilità di leadership. Agli occhi dell’opinione pubblica non sarebbe neanche sufficiente prendersela, come schermo e come alibi, con i tristi tentativi che effettivamente sono in corso da parte della residua nomenklatura bersaniana per limitare grazie al cambio delle regole congressuali non solo le chances di Renzi di vincere le primarie, ma perfino il suo diritto (una volta diventato eventualmente segretario) di contare su gruppi dirigenti politicamente affini.
Per il sindaco rimane un solo schema possibile, quello appunto citato dieci giorni fa: diventare leader del Pd senza rottura né con Letta né col suo governo, ma semplicemente (e non è poco) come garante che il Pd non si farà trovare impreparato da alcuna scossa degli equilibri delle larghe intese. È la tesi che ora fanno correre i renziani: un Pd pronto e competitivo che faccia passare a Berlusconi la voglia di avventure elettorali è una garanzia di stabilità per Letta, non una fonte di pericolo.

La tesi è corretta. In astratto. In pratica, l’incontenibile sindaco non riesce a nascondere la fretta né a moderare il suo peculiare antiberlusconismo, indispensabile a vincere le primarie. Sicché alla fine il messaggio che passa, nonostante tutti gli sforzi, è l’opposto di quello che razionalmente si vorrebbe trasmettere.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.