È il Quirinale, non il Palazzo d’inverno

Delle due una. O Matteo Renzi aveva le informazioni sbagliate, e allora ieri non doveva accusare il Pd di manovrare per eleggersi un capo dello stato compiacente pronto come primo atto a mandare Bersani davanti alle camere. Oppure Renzi aveva le informazioni giuste, e allora c’è da preoccuparsi per l’equilibrio del ristretto vertice che guida le mosse del Pd.

Propendo per la prima ipotesi. Anche perché l’eventuale manovra per “prendersi tutto” (smentita ieri da Letta dopo un pranzo con Bersani, e anche dal successivo incontro Bersani-Monti) si baserebbe su un’incredibile serie di calcoli sbagliati. E sarebbe innesco di sviluppi nefasti per il centrosinistra.

È fuori dalla cultura istituzionale democratica pensare che un presidente della repubblica che abbia avuto la sventura di essere eletto da una parte sola del parlamento possa, come primo gesto politico, contraccambiare dando un incarico di governo che il suo predecessore non aveva ritenuto di assegnare. Nessuno accetterebbe, è offensivo anche ipotizzarlo (a meno che, si intende, non siano nel frattempo cambiati gli orientamenti dei gruppi di minoranza).
Chi ha vissuto le campagne per il Quirinale sa poi che una simile impostazione sarebbe fragilissima nel segreto dell’urna delle camere riunite, esponendo il candidato e chi lo sostiene a rischi terribili.

Infine, quand’anche la prova di forza sul Quirinale riuscisse, tipo presa del Palazzo d’Inverno, e si eleggesse un presidente disposto a compromettere subito il proprio ruolo sfidando le accuse di partigianeria, si aprirebbe lo scenario che qui abbiamo già esorcizzato altre volte: un 2006 peggiorato. Se c’è al Nazareno chi s’ostina a non elaborare la sconfitta del 24 febbraio, e sogna di trasformarla in vittoria grazie alla manovra di palazzo, per favore vada a rileggersi di quella forzatura e di come, dopo soli due anni, il centrosinistra ne pagò le conseguenze nonostante il rinnovamento tentato con il Pd.

Oggi il centrosinistra ha meno voti di allora, in parlamento e nel paese. Dovesse governare domani, troverebbe forse come prima incombenza il varo di una manovra finanziaria bis. Avendo proceduto per strappi, andrebbe a sbattere anche prima di quanto capitò all’Unione. Perfino con Renzi leader, come toccò con Veltroni.
Dunque Renzi ha ragione a preoccuparsi? No, perché per fortuna stiamo parlando di fuffa: l’operazione «Quirinale tutto per noi» non esiste.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.