Trump è un paradosso matematico?

La logica e il buon senso ci dicono che le nostre preferenze godono della cosiddetta proprietà transitiva. Se stasera preferisco un piatto di spaghetti alla pizza, e preferisco la pizza al cinese, vuol dire anche che preferisco gli spaghetti al cinese. Semplice e lineare. Se però io, mia moglie e mio figlio mettiamo democraticamente ai voti le tre proposte, votandole in scontri diretti, è possibile che il cinese batta gli spaghetti (mia moglie e mio figlio contro di me), gli spaghetti battano la pizza (io e mia moglie contro mio figlio) e, sorpresa!, la pizza batta il cinese (io e mio figlio contro mia moglie). Potete prendere carta e penna e fare le somme: è così. È un paradosso scoperto nel XVIII secolo dal Marchese di Condorcet e si applica ovviamente anche alle elezioni politiche: le preferenze aggregate di un gruppo (elettori, parlamentari, famiglie affamate) possono essere cicliche, cioè non godere della proprietà transitiva.

Quando votano un gran numero di persone, questa situazione non è molto probabile in pratica. Quello che però può succedere lo scoprì un altro matematico francese del settecento, Jean-Charles de Borda. Può succedere che prenda la maggioranza relativa dei voti (e, con un maggioritario secco, vinca) il candidato che perderebbe sempre in uno scontro a due con gli altri candidati. Cioè, è possibile che il candidato che perderebbe tutti gli scontri diretti nella situazione di Condorcet (quel che si chiama, infatti, un “perdente di Condorcet”) vinca le elezioni. Altro paradosso, insomma.

È facile intuire come questo sia possibile. Se una comitiva di dieci amici vota a maggioranza per scegliere il film da vedere, e i film tra cui scegliere sono tanti, è perfettamente possibile che l’ultimo Star Wars vinca perché è il preferito di 4 persone su 10, ma allo stesso tempo sia talmente odiato dagli altri 6 che perderebbe sempre 6 a 4 contro ciascuno degli altri film preferiti del gruppo.

Secondo un articolo di prossima pubblicazione sullo European Journal of Political Economy, questo è esattamente quello che è successo durante le primarie del partito repubblicano americano nel 2016. L’autore, Peter Kurrild-Klitgaard, è uno scienziato politico dell’Università di Copenaghen. Ha analizzato i sondaggi e ha mostrato che Donald Trump, favorito da una maggioranza relativa di elettori delle primarie, avrebbe in realtà perso in ciascuno scontro a due con Ted Cruz, Marco Rubio e John Kasich.

L’articolo si basa ovviamente su dei sondaggi e non tutti i sondaggi chiedono di esprimere una preferenza nei vari possibili scontri a due tra Trump e tutti gli altri potenziali vincitori delle primarie. Ma ci sono dati a sufficienza per farsi venire dubbi consistenti e persino per trarre qualche conclusione. Non sappiamo se nelle primarie repubblicane ci sia stato un “vincitore di Condorcet” (un candidato, cioè, che avrebbe battuto tutti gli altri in uno scontro diretto a due), ma se c’è stato, secondo l’articolo, non era Trump. Addirittura, Trump potrebbe essere un “perdente di Condorcet”, cioè quello battuto sempre dagli altri in uno scontro a due.

Ad esempio, un sondaggio per il Wall Street Journal del marzo 2016 misura sia maggioranze relative sia scontri diretti e mostra chiaramente il paradosso. Trump ha il 31% delle preferenze, Cruz il 25%, Rubio il 17%, e Kasich il 14%. Trump quindi ha la maggioranza. Ma quando il sondaggista costruisce la sfida come tanti scontri a due, Cruz batte Trump 57% a 40%, Rubio batte Trump 56% a 43%, e Kasich batte Trump 57% a 40%. Trump perde tutti i duelli diretti.

Il paradosso mostra uno degli errori dell’establishment repubblicano, cioè non aver saputo far convergere il consenso su un candidato, invece di avere delle primarie affollatissime che hanno disperso le preferenze e favorito un esito paradossale come questo.

Queste stranezze matematiche ci ricordano però anche due altre cose, di applicazione più generale.  Primo, le scelte collettive sono una cosa molto complicata. Quando diciamo che il popolo ha scelto questa o quella cosa, dobbiamo ricordare che sommare preferenze individuali può sempre creare qualche contraddizione. Secondo, le elezioni sono il risultato di procedure, regole tecniche, e metodi arbitrari. La vittoria di un candidato straordinario, nel bene e nel male, non significa necessariamente che c’è stata una rivoluzione nelle preferenze o nel sentire della società. Potrebbe essere, più modestamente, un bug del sistema.

Roberto Tallarita

Studia cose tra diritto e economia, ma ha sempre il cruccio della filosofia. Ha vissuto in Sicilia, a Roma, a New York, a Milano; e ora a Cambridge, Massachusetts. Gli piacciono i libri, i paesaggi americani, e le discussioni sui massimi sistemi. Scrive cose che nessuno gli ha richiesto sin dalla più tenera età. Twitter: @r_tallarita