Si stava peggio quando si stava peggio
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Si stava peggio quando si stava peggio
Michele Serra
Martedì 26 agosto 2025

Si stava peggio quando si stava peggio

«Non dobbiamo illuderci che frugando nel passato possiamo trovare gli attrezzi per aggiustare il presente»

(Getty)
(Getty)

Tornare ai buoni vecchi tempi, quando tutto aveva una sua logica e una sua morale. E soprattutto: tutto era più semplice, meno confuso di adesso. È questo il pensiero magico della destra di tutte le epoche. E ammettiamolo, in ognuno di noi c’è un pezzetto di cerebro che “butta a destra”, che ci suggerisce di ripudiare i tempi confusi e corrotti del presente, e appendere le nostre residue certezze al chiodo del passato. C’è una “destra psicologica” che è ben più potente e radicata della destra politica. Parlo di me, per esempio, che quando ripenso ai miei anni giovanili nel Pci e all’Unità (organo del Partito Comunista Italiano) tendo a dimenticare problemi e storture, e a idealizzare il bene, le esperienze formative, i buoni insegnamenti, le tante belle persone conosciute.
Sappiamo tutti che l’età dell’oro non è mai esistita, e niente è più inutile e più frustrante della nostalgia. Però, a pensarci bene, il presente è così tormentato e incerto, così pericoloso, per tanti aspetti così informe, che il trionfo delle destre occidentali si spiega quasi da solo. È la paura del presente a gonfiare le vele dei vari sovranismi e nazionalismi; e la fatica spropositata dei progressisti, che proprio non ce la fanno a dare l’idea di sapere come ridare al mondo un ordine migliore e più giusto, non aiuta a sperare che questa fase possa avere fine al più presto; e si possa tornare a dire “futuro” con speranza e curiosità.

Tutta questa pappardella è per dirvi, in sostanza, che sappiamo poco e male che cosa bisogna fare, ma sappiamo piuttosto bene che cosa NON bisogna fare. Non dobbiamo illuderci che frugando nel passato possiamo trovare gli attrezzi per aggiustare il presente. Martello e cacciavite, se devi rimettere in marcia un computer in panne, non servono: e il fatto che siano oggetti familiari e funzionali, di solida tradizione e di uso quotidiano (ho un armamentario di attrezzi invidiabile, un vero e proprio arsenale) non ci autorizza a spacciarli per rimedio universale.

Ci sono parecchi esempi di questo febbrile spaccio di “rimedi della nonna” (Make Grandma Great Again!) che la destra occidentale propina a tutto spiano, con l’aggravante di infiocchettarli come scelte innovative. Per dirne una, ho appena riletto una mia satira di quasi vent’anni fa sulla sedicente riforma della scuola (allora era di turno la ministra Gelmini, ve la ricordate?) che potrebbe essere riciclata oggi con minime varianti. Anche allora l’animus che ispirava i nostri eroi, anzi i loro eroi, era: tutta ’sta pedagogia, psicologia, tutto ’sto chiacchierare sull’inclusione, le fragilità, le difficoltà di apprendimento, ci hanno stufato. La scuola deve tornare alla selezione, alla severità, al voto di condotta, poche storie. Funzionava meglio quando il principio di autorità non era così sfilacciato. E dentro ciascuno è viva la fiammella della tentazione: e se fosse vero? E se davvero per rimettere a posto le cose bastasse fare “come si è sempre fatto”?
Spegnetela, quella fiammella. È mendace. Si stava peggio quando si stava peggio, i maestri bacchettavano le mani dei bambini, l’umiliazione dei meno capaci era la regola, i poveri e i ricchi non facevano le stesse scuole (i poveri spesso non ne facevano affatto). La satira che segue è del 2008. Spero che aiuti, alla sua maniera, a ridere del reazionario che è in ciascuno di noi.

“Ecco, punto per punto, i capitoli fondamentali della riforma Gelmini.
Maestra unica – Per rendere più chiaro e credibile il ritorno alla pedagogia tradizionale, la maestra unica dovrà avere la crocchia ed essere preferibilmente bassa e grassa con il vestito a fiorellini, come le care vecchie maestre di una volta. Anche ove la maestra unica dovesse essere di sesso maschile, il vestito a fiorellini e la crocchia sono obbligatori. Insegnerà tutte le materie con l’ausilio dello strumento educativo che tanto ha dato alle generazioni passate, la bacchetta. Con la quale indicare alla lavagna la corretta grafia di ‘taccuino’ e ‘soqquadro’ e colpire con energia l’alunno somaro. Il cappello da somaro, per adeguarsi ai mutamenti sociali, sarà di Hugo Boss, che ha vinto il concorso tra gli stilisti presentando un modello con le orecchie forate per ospitare le cuffiette stereo e gli orecchini.
Libri di testo – Tra le letture per le scuole elementari, tornano le amate figure sociali di una volta. Tra i titoli, ‘Il solerte mugnaio’, ‘La lavandaia canterina’, ‘Arriva l’arrotino!’ e ‘Il campanaro del mio paesello’, tutti ristampati. Di nuova fattura ‘Il precario felice’, ‘Il pilota licenziato’, ‘La velina rispettosa’ e ‘Impariamo a fare le aste su Internet’.
Grembiule – Azzurro per i maschietti, nero per le femminucce, dovrà essere indossato fino al giorno della tesi di laurea, con il fiocco bene annodato e il cestino della merenda sempre a portata di mano. Anche le università dovranno dotarsi di un’altalena in cortile per la ricreazione.
Programmi – La bella calligrafia sarà la materia più importante, il pennino e il calamaio torneranno a fare bella mostra di sé sui banchi, le macchie di inchiostro che terrorizzarono generazioni di italiani torneranno a terrorizzare le nuove leve. Durante le simulazioni al ministero, alcuni alunni hanno usato il pennino per tatuarsi, altri hanno bevuto l’inchiostro, altri ancora sono morti dissanguati nel tentativo di pulire il pennino dall’involto di morchia e carta fradicia che lo avvolgeva dopo pochi secondi. Già negli anni Venti del secolo scorso un gruppo di traumatologi e di psicologi aveva chiesto la messa al bando del pennino, equiparato a una piccola alabarda e usato con destrezza solo dai figli delle guardie svizzere. Ma il ministro Gelmini sostiene che l’esperienza del pennino fortifica, ed è risoluta ad adottarlo insieme al sussidiario con le poesie di Angiolo Silvio Novaro.
Materiale scolastico – Dovrà essere sempre in ordine. Quest’anno, a causa della stretta economica, oltre a riga, righello, squadra, gomma, temperamatite, quaderni, libri, diario, gli alunni dovranno portarsi da casa anche il banco e la sedia.
Disciplina – Torna la figura del capoclasse, che secondo i canoni già collaudati sarà uno stronzetto o una stronzetta, dall’aria saputella, incaricato di segnare alla lavagna i fannulloni. I bimbi poveri potranno essere nuovamente assistiti dal Patronato Scolastico, con le stesse modalità già note nei felici anni Cinquanta e Sessanta: i bambini ricchi daranno alla maestra qualche monetina da destinare ai compagni più sfortunati. La maestra cercherà di scappare con il gruzzolo per comperarsi finalmente qualcosa da mangiare e, se possibile, un nuovo vestito a fiorellini”.

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Volevo dichiarare chiuso il capitolo collettivo “che cosa faccio quest’estate”, ma la qualità e la varietà dei vostri mini racconti mi spinge a una settimana di proroga. Dopotutto siamo ancora in agosto, è lecito indugiare dentro un periodo comunque diverso dal resto dell’anno. Una sospensione di abitudini e vincoli che ognuno riempie come sa e come può.

“Da un paio d’anni passiamo buona parte di agosto nel paesino dell’Appennino toscano dove possediamo una casa. A un tiro di schioppo da Firenze, circa 600 m di altezza, luogo di pellegrinaggio estivo dei fiorentini in cerca di un po’ di fresco. Si cammina tra querce e castagni, incontrando altri come noi che si godono il silenzio e i panorami. In un posto così anche solo andare a prendere il caffè al bar, leggere il giornale e scambiare quattro chiacchiere con chiunque si incontri è già uno dei grandi piaceri della giornata. Poi è arrivata la Via degli Dei, la traversata a piedi da Bologna a Firenze attraverso sentieri appenninici. Ogni giorno transitano decine di persone, zaino in spalla, che hanno scelto quella vacanza lì. E noi che li vediamo passare e spesso fare tappa ci fermiamo a parlare e a dare consigli, dove trovare l’acqua, qualche scorciatoia… e il bello è che sono giovani, un incredibile numero di giovani e giovanissimi che camminano in Appennino, questa è davvero una bella sorpresa. Ora basta però, ho detto anche troppo, il rischio è che arrivi uno che ti mette le foto su instagram e addio tranquillità. Ssshhhhhhh”.
Fabio

“Ho appena letto la sua newsletter in una stanza – piazzata non troppo in alto – di un hotel di Manhattan, dove passo la prima mezz’ora del giorno e l’ultima della sera a scrutare le vite altrui, non per voyeurismo ma per curiosità innocente: sembra che le persone qui lascino le finestre con le tende alzate per condividere le proprie vite. Vivendo in un paese sul mare, con poca attitudine all’urbanità e alla socialità, per ora le vacanze le costruiamo cercando la giungla di cemento, con i problemi, i musei, con certe architetture perfette e gli scalini sporchi delle metropolitane”.
Maria Francesca

“Vorrei far credere che ho scelto le mie mete vacanziere per contrastare l’overtourism. E invece no. Io volevo andare alle Maldive, ma era troppo per me economicamente: quindi non sono virtuosa, sono solo un po’ povera. Eppure dopo aver girato la Slovacchia in macchina, attraversando foreste incantate, scalando i monti Tatra, fermandomi in lindi paesini a mangiare goulash, penso a cosa mi sarei persa se fossi stata ricca!”
Carmela

“Sono proprietaria con i miei familiari di un hotel e un residence a Cogne, in Valle D’Aosta, presa d’assalto in questa estate caldissima. La mia giornata tipica di lavoro inizia alle 7 e finisce alle 23, con qualche giorno di riposo in cui ci alterniamo con i cognati. Non spacchiamo le pietre, è vero, ma la giornata è faticosa, tra servire colazioni pranzi e cene, stare dietro alle più svariate richieste dei clienti, telefono che squilla in continuazione (soprattutto quando siamo seduti a tavola e dopo le 23…). Insomma a questo punto dell’estate sogniamo solo che finisca! Noi in vacanza andremo a novembre, purtroppo senza i figli perché studiano e non possono saltare giorni di lezione al liceo o all’università. I miei ragazzi non hanno fatto e non faranno neanche un giorno di vacanza al mare perché ci aiutano in hotel. Si accontentano di qualche grigliata o gita in montagna: tutti i loro amici sono nella stessa situazione: in una località turistica è normale lavorare d’estate, dai 16 anni in su. Buona vacanza quindi a chi la fa! E buon lavoro a noi”.
Silvia

“Questa estate ci ha visti prima a Monaco di Baviera, dieci giorni di tempo nuvolo e pioggia sparsa. Una lezione di storia continua, guardando la città e percependo quanti palazzi antichi siano stati ricostruiti, tanti pensieri su quanto breve è stato il viaggio dalla seconda guerra mondiale a oggi, soprattutto dopo la visita al memoriale delle vittime israeliane alle Olimpiadi di Monaco 74: c’erano immagini dell’epoca dove si percepiva uno stato giovane che cercava di farsi accettare dalla comunità internazionale (io all’epoca avevo un anno) e a distanza di 50 anni quelle immagini tragiche cozzano e stridono sul cuore del presente che vede un ribaltamento avvilente”.
“Poi 15 giorni in Sicilia: il tempo rallenta, mi ricordo da dove vengo e inizio a respirare con il mio ritmo. Per ferragosto ci siamo allontanati dalla baldoria del mare e siamo andati a immergerci in un paesino dei Nebrodi che non conoscevamo, Ficarra. Qui nel 1943 visse per 3 mesi Tomasi di Lampedusa, sfollato da Palermo, e alcuni elementi del Gattopardo sono nati osservando la vita in questa cornice. Il sud lentamente racconta a chi decide di ascoltare le nenie del tempo, e ogni volta che torno mi sento felice e stordito. Basta cercare e camminare non troppo lontano da casa e fermarsi per imparare qualcosa di sé e del proprio paese. Basta parlare con la gente e ascoltarla, sentire cosa gli fa battere il cuore, cosa li appassiona”.
Claudio

“Alla fine è arrivata l’estate che andava preparandosi gli anni scorsi: nessuno dei tre figli non dico abbia pensato di trascorrere qualche giorno di agosto con noi, ma nemmeno ha usato Milano come punto di appoggio, per un breve passaggio, per una furtiva notte in quelle due stanze che io e mio marito chiamiamo ormai scherzosamente il b&b e forse sarebbe più esatto chiamare il museo delle tre gioventù che così rapidamente ci sono sfuggite. Ci siamo rifugiati nel bilocale al quarto piano del paesino ligure dove la tristezza ci ha avvolto come miele e la app dell’iphone mi ha consentito di seguire gli spostamenti dei trentenni, attenta a non scrivere mai per prima, ché risulterebbe stalking materno, roba buona per sghignazzare con gli amici…”.
Paola

“La mia è una vacanza-viaggio a tre, con mio marito e mio figlio 18enne disabile causa malattia degenerativa (il figlio più grande per le sue), un on the road Verona-Porto, con deviazioni mare-monti tra Francia, Cantabria, Asturie, Galizia, Portogallo. La fatica di questa “vacanza”, spesso davvero notevole, è sempre ampiamente ricompensata dalla scoperta di paesaggi e persone, dalla consolazione offerta dal tuffo in modi di vivere europei quanto noi, eppure tanto più comunitari, più equilibrati, più sereni. Le città sono accessibili e popolate di una socialità gentile e disponibile. Vacanza per me è liberarmi dagli obblighi e fare il pieno di positività. A mio figlio piace esser portato in giro, piace la buona cucina e piace nuotacchiare sbilenco nel mare; non immaginavamo quanto questo fosse fattibile (per un disabile) sulle spiagge (sempre libere) spagnole. Sempre presente un gazebo della Cruz Roja, con volontari disponibili, sorridenti e preparati, dotati di ogni ausilio immaginabile! Ecco, penso di voler invecchiare in un mondo così, dove quando avrò desiderio di un bagno in mare, potrò farlo anche se le gambe e le forze mi faranno difetto”.
Francesca Lange

“Reduci da un viaggio in Cina, due nonni con tre nipoti, non un viaggio particolare, una normale visita a quelli che possono essere considerati i luoghi simbolo della cultura cinese, viaggio fai da te e nipoti bravissimi. Siamo partiti da Xian con l’esercito di terracotta, la grotta dei mille Budda a Luoyang, Pechino con la Grande Muraglia e la Città Proibita e alla fine a Shanghai, la Cina del futuro.
La sensazione è di visitare un mondo che ha innestato un’altra marcia e che ti fa sentire superato, noi quelli che stanno rincorrendo e loro, almeno nei grandi centri, quelli che fuggono.
Una organizzazione, una puntualità e una pulizia di tutti i servizi ammirevole. Stazioni dei treni organizzate come aeroporti, il biglietto prenotato on line (ne abbiamo presi tre) con app apposita viene passato e gestito sul tuo passaporto che viene scannerizzato al gate, treni che sfrecciano a 350 km/h con una puntualità che vorrei dire svizzera, in Cina ci sono 50.000 km di linee veloci. Una pulizia perfetta nelle strade e nelle piazze, come anche nei gabinetti pubblici, non c’è una cartaccia o una cicca di sigaretta, pur in presenza di milioni di cinesi che si spostano, mangiano, visitano, perché qui il turismo è quasi esclusivamente cinese. Paghi con app, cinese, praticamente tutto, da pochi yuan a migliaia (un euro vale 8 yuan), anche persone che chiedevano la carità fuori dai templi avevano il qr code… E infine Shanghai con la sua skyline, la selva di grattacieli che si rincorrono per bellezza e audacia e alla sera si illuminano in una fantasmagoria di colori, siamo saliti su quello più alto, 632 metri, in cielo con l’ascensore in 30 secondi. Cinque dei dieci più alti grattacieli del mondo sono in Cina”.
“Un mondo che può anche non piacere, dove vige il partito unico, dove il dirigismo si vede, le città satelliti con i loro condomini in fila tutti uguali sembrano disumanizzanti, il cemento con i grandi viadotti che si incrociano all’americana la fa da padrone: ma è un mondo che sta viaggiando verso orizzonti tecnologici che noi non abbiamo ancora sfiorato. Siamo un continente bello ma vecchio, che non sa di essere invecchiato e questo forse è il nostro più grande limite”.
Gianfranco Benzoni

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Fare un titolo di giornale non è mica facile. Ma una delle regole fondamentali è sapere che le stesse parole, messe in sequenze diverse, rischiano di significare cose altrettanto diverse. Più di un lettore del Post, perfidamente, mi segnala questo titolo del Post, che scelgo per inaugurare le Zanzare di questa settimana:

IN SICILIA È CROLLATO IL PARAPETTO
DI UN PONTE PER LA PIOGGIA

Accertato che in nessun testo di architettura è documentata l’esistenza di “ponti per la pioggia”, la vicenda è facilmente ricostruibile nella sua effettiva dinamica: in Sicilia è crollato per la pioggia il parapetto di un ponte. Identico il virus che attenta all’integrità di questi altri due titoli. Il primo, segnalato da Emanuela e Anna, è del Corriere della Sera, pagine milanesi:

BIMBO DI SEI ANNI MORSO ALLA TESTA DA UN ALANO:
ERA STATO PRESO IN ADOZIONE DA UN CANILE POCHE SETTIMANE FA

Il secondo, sempre di argomento canino, è da Repubblica on line, segnalazione di Emanuela:

CHIUDE IL CANE IN AUTO E VA ALLA FESTA DI MONOPOLI:
I VIGILI SALVANO L’ANIMALE E LO DENUNCIANO

Un caso scientificamente inesplicabile emerge da questo titolo della Nuova Ferrara. Lo segnala Paolo, che è medico e si fa delle domande sull’accaduto:

OPERAIA COLPITA DA MALORE
SALVATA DALL’ANEURISMA

Infine, piacerebbe a Checco Zalone questo titolo che Paolo Andrea ha trovato su Tuttogolfo. Non ha pecca alcuna, ma a causa del nome della festeggiata sembra un inno al posto fisso:

CASTELFORTE, ASSUNTA STABILE COMPIE 100 ANNI

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Domenica quasi autunnale, su al Nord, con temporali e gran colpi di vento. L’afa stagnante di pochi giorni or sono è solo un ricordo, i prati rinverdiscono e gli uccelli, al mattino, cantano con una energia che sembrava spenta per il troppo caldo. Si tentenna attorno all’idea di tirare fuori un golfino, poi va a finire che l’estate finisce davvero e tutto per colpa del fatto che mi sono messo il golfino prematuramente. Pensiamo delle cose veramente cretine, a volte, ma è bello poterle pensare senza sentirsi troppo in colpa, una parte di me è davvero convinta che se tiro fuori il golfino contribuisco ad accelerare la fine dell’estate. Che non finirà, pare che avremo uno splendido inizio di settembre che è forse il mio mese preferito, con quella sua declinante magnificenza. Non c’è mare che valga il mare di settembre. In alto i cuori.