Siamo uomini o capibranco?

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).

La frase di Bersani sullo “sbranare” se la poteva risparmiare. Perché non si parla così, scimmiottando e rincorrendo il peggio del linguaggio politico dei peggio avversari di questi decenni. E perché ci si intravede un compiaciuto pensiero di spacconeria “quando ce vo’ ce vo’”: di petto gonfiato e adesso-mi-sentono, e insieme ammiccamento ai propri, “gliele ho cantate, eh?” (e qualcuno che applaude e che gli dice “sì, bravo, gliele hai cantate” si trova sempre).
Il fenomeno del leader equilibrato e serio che deve dimostrare la propria virilità aggressiva con effetti di rara goffaggine non è nuovo: capitava spesso a Prodi, e anche ad Amato. Se sei Fabrizio Corona, quando lo fai sembri scemo, ma sembri nel personaggio; se sei Bersani, sembri anche ridicolo: proprio perché nella tua vita precedente ci hai convinto – grazialcielo – di non essere Fabrizio Corona. È vero che anche Gesù quella volta coi mercanti nel tempio eccetera, ma era Gesù e lo fece una volta nella vita (e forse se la poteva risparmiare anche lui).
Poi certo: è una parola, pazienza. Occuperà i giornali oggi e ce ne dimenticheremo subito: e Bersani saprà farla dimenticare. Ma ai maschi capita, ogni tanto, di sentirsi in dovere di rassicurare il branco, e scordarsi che non siamo branco e non vogliamo essere branco (ingannati da alcuni a cui invece piace): e ancor meno avere capibranco.


Vedi anche: