Il vecchio di un vecchio e un bambino

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).

“Immagina questo, coperto di grano”. La prima cosa che viene in mente sapendo che da ieri Francesco Guccini ha settant’anni è che sia diventato lui il vecchio della sua canzone bellissima “Un vecchio e un bambino”. Chissà se lo ha mai pensato, quando la scrisse: “Il vecchio parlava e piano piangeva, con l’anima assente, con gli occhi bagnati

seguiva il ricordo di miti passati.”. Chissà se nessuno di noi lo pensa di sé, che prima o poi saranno i nostri, gli occhi bagnati.
Francesco Guccini è rimasto il più grande poeta della canzone italiana, come ho scritto altre volte con cautela nell’uso dell’abusato termine “poeta”. Non c’è più nessuno che abbia prodotto tanti versi straordinari e commoventi quanto lui. Retorico, a volte, ma la retorica ha quel problema che spesso è il modo più fedele di raccontare la verità. “Che bella luna” è un’espressione retorica, ma certe sere è vera. E così in molti non possiamo più guardare nessun tramonto senza pensare che “basso il sole all’orizzonte colorava la vetrina”, né arrivare a Venezia senza pensare che sia “appoggiata sul mare”, né guardare le Alpi senza vederci un “muro di sasso”, né percorrere la via Emilia senza saperla “marcata ai bordi dalle fantasie di un duomo”. Solo per restare alla geografia e alla meteorologia.
È che le canzoni sono una cosa bellissima e sono un pezzo della vita, tra i migliori. Ognuno ha i suoi pezzi, e un sacco di noi ne ha un pezzo scritto da Francesco Guccini. Auguri: ci piaccion le fiabe, raccontane altre.