Il Bosco della mia, della tua fantasia

31 gennaio – San Giovanni Bosco (1815-1888), fondatore dei Salesiani.

Una sagoma, effettivamente

Anche nella santità la tempistica conta tantissimo. Prendi Don Bosco. Fosse nato a inizio Novecento, sarebbe stato il Don Milani delle Langhe, o più probabilmente il Don Zeno Saltini di Porta Palazzo: osteggiato dai vescovi, sgomberato dai carabinieri, prima o poi se ne sarebbe partito col suo esercito di orfani di guerra a fondare un kolchoz da qualche parte nella bruma: oggi sarebbe una figurina dell’Album Novecento di Walter Veltroni e nessuno oserebbe parlarne male. Fosse nato a metà del secolo scorso, Don Bosco sarebbe nostro contemporaneo, un misto di don Mazzi e don Ciotti, sempre in tv a parlare di sfruttamento minorile e narcotraffico. Ma don Bosco è un uomo dell’Ottocento, e i santi di quel secolo in particolare sono duri da mandar giù. C’è da fare la tara alla retorica dei tempi, bisogna far finta di non vedere i maneggi del suo amato Pio IX; ci vuole un po’ di pelo per apprezzare la sua pedagogia, i suoi apologhi terrorizzanti a base di bambini cattivi che finivano male. Eppure aveva capito che la delinquenza e il bullismo sono determinati dall’ambiente, e che se i piccoli spazzacamini la domenica non sanno cosa fare, nulla impedirà loro di usare i loro skills professionali per svaligiare le case dei signori; che insomma se si vuole una società più onesta tutto sta nella prevenzione: davvero non male, per un contemporaneo e conterraneo del professor Lombroso. Poi, naturalmente, i parametri con cui si giudicava un santo nell’Ottocento non sono gli stessi che adoperiamo oggi. Magari se fosse un contemporaneo sarebbe nei guai, Don Giovanni Bosco. Un secolo può anche fare la differenza tra un processo per canonizzazione e un processo per pedofilia.

Di tante fiabe sorte intorno a Don Bosco, quella della pedofilia è relativamente recente: è un classico esempio di proiezione del presente nel passato, come certe docufiction in cui si cerca di risolvere un giallo del passato (chi ha ucciso Tutankhamon?) con gli strumenti del presente (facciamo una TAC alla mummia, dai). In mancanza di preti pedofili da processare, prendiamo un prete famoso dell’Ottocento che ha passato tutta la sua vita a contatto coi fanciulli, e vedrai che qualcosa si trova… In ogni caso, sottolineamolo bene, è una fiaba come tante, basata su indizi evanescenti come la prosa di Ceronetti. Quando negli anni Ottanta si attentò a pubblicare un paio di pettegolezzi su Don Bosco, i tipografi della Stampa  (“più salesiani che comunisti”, chiosa Cazzullo) minacciarono lo sciopero: Ceronetti comunque non butta mai via niente e adesso i suoi Elementi per una Antiagiografia stanno da qualche parte in Albergo Italia, Einaudi, 1985. Anche con gli scrittori la tempistica è tutto: se nell’Ottocento il preziosismo lessicale di Ceronetti sarebbe comunque apparso finto come l’ottone, nel Cinque-Seicento il tizio non avrebbe sfigurato come Inquisitore: vedi come si arrabatta a cercare infamie su Don Bosco e non ne trova, così è letteralmente costretto a fabbricarsele con… l’oroscopo e la grafologia. Ce ne vuole a misurarsi con Don Bosco e apparire più superstiziosi di lui, ma Ceronetti si applica:

Credo simulasse l’allegria, in profondo senza mai esserlo, come un autentico clown anche in età matura, avendo Saturno il Malinconico nel tema astrale leonino, e la Luna Nera (Ceronetti consultando gli astri è in grado di dirvi se siete allegri o fate finta: poi uno se la prende con Melissa P).

Riguardo alla grafologia, potete avere qualsiasi opinione (continua…)

E quell'occhio da tenente Colombo

Riguardo alla grafologia, potete avere qualsiasi opinione – specie adesso che i CV si stampano e non capita più di perdere un’occasione di lavoro perché le vostre zeta ostentano un trattino sospetto. Ma per dedurre anche un solo sospetto di pedofilia dalla perizia grafologica di Girolamo Moretti bisogna lavorare di fantasia (ed è la nostra fantasia al lavoro, attenzione: chi vede pedofili da tutte le parti trecento anni fa avrebbe visto gli untori). Padre Moretti, autorità nel campo, si limitava a constatare nelle pieghe della grafìa di Bosco “una insincerità così bene architettata da rovinare un’intera generazione”. Non gli avevano detto che si trattava di una lettera di Don Bosco, chissà l’imbarazzo poi. Mi domando comunque cosa avrebbe detto Padre Moretti delle noticine che scribacchio io sui temi dei miei ragazzi, con una calligrafia del tutto diversa da quella che uso per i miei appunti: sicuramente constaterebbe l’ipocrisia e un affettato tentativo di scimmiottare l’ingenuità infantile, quando semplicemente sto lavorando e faccio il possibile per farmi leggere dai miei teneri agnellini, le mie future giovani capre. Che don Bosco fosse insincero non c’è dubbio: era un simulatore, un affabulatore, un manipolatore. Studiò retorica e teologia, ma furono i giochi di prestigio a farlo avvicinare ai giovani spazzacamini di Porta Palazzo. Probabilmente non smise mai veramente coi suoi trucchi, li congegnò sempre più arditi: sogni, miracoli, visioni, lotte coi demoni, non si è mai fatto mancar niente. Minacciava morti a destra e a manca, bastava che ne morisse uno ogni quattro o cinque per incassare il credito di profeta. Quando i liberali piemontesi sciolsero gli ordini religiosi e incamerarono i beni, vaticinò qualche funerale in casa Savoia e ci beccò, da allora in certi ambienti non si scherza più tanto su don Bosco. Ne ha sparate di grossissime. Andava in giro a dire di aver convertito Victor Hugo, durante due colloqui ovviamente segreti. Di vero c’era che Hugo lo conosceva e lo stimava sinceramente, forse riconoscendo in lui un personaggio grande come la vita e come il secolo, che non avrebbe sfigurato tra i suoi Miserabili: Ceronetti invece no, Ceronetti è stizzito perché i salesiani fanno le chiese moderne di cemento con gli altoparlanti, e si vendica raccontando in giro che il loro fondatore è un pedofilo. Testimonianze che lo inchiodano:

C’è un documento iconografico notevole di questa “affettività del languore”: la confessione, davanti al Fotografo, in bella posa, del chierichetto Paolo Albera, tra altri preti e ragazzi. Don Bosco aveva voluto che gli poggiasse la fronte sull’orecchio.

"Ha la fronte sull'orecchio, Tana-Gay!"

In realtà Albera ha semplicemente ammesso che la foto era una messa in scena (ti pare che un prete confessi un ragazzino in mezzo a una folla), il che dimostra l’abilità del giovane prete anche nel porsi di fronte a questa nuova invenzione, l’apparecchio fotografico… però Ceronetti capisce quel che vuol capire, quel che ha già in mente. Ora, non voglio mica negare che ci siano preti disonesti. In generale i pedofili tendono a scegliere professioni che consentono loro di rimanere soli coi bambini: non solo sacerdoti, ma in generale istruttori ed educatori. Identificarli non è semplice, ma in generale credo di poter dire che non sono quelli che si accontentano di un petting fronte-orecchio davanti a un fotografo: però Ceronetti non ha saputo trovar di meglio e allora ha scritto questa cosa qui:

Questo intenerimento non andava che ai “giovanetti”; aveva un vero orrore del contatto femminile. Vedendosi una volta insaponare la faccia dalla moglie del barbiere, scappò via insaponato dalla bottega. (Noli me tangere in versione torinese).

Il che potrebbe anche voler dire il contrario: che le donne lo attiravano, e che non poteva permettersi di abbassare le difese, per di più col ruolo pubblico che rivestiva, la Curia che diffidava di lui, i liberali che lo malsopportavano, i Savoia coi morti freschi, e tu ti metti in vetrina con una donna che ti vellica le gote? siamo nell’Ottocento, non ci sarebbe neanche bisogno di scomodare l’inconscio: un prete di strada non si fa toccare da una donna davanti a tutti. C’entra qualcosa con la pedofilia? Dipende: se siamo alla ricerca di pedofilia, ogni indizio ci griderà pedofilia. L’inquisizione funzionava più o meno così, e Ceronetti ha davvero sbagliato il secolo:

Nessun santo ci ha lasciato, come ultime parole scritte di suo pugno, un pensiero così strano come Don Bosco: “I giovanetti sono la delizia di Gesù e Maria”. Soltanto loro.

A parte la garbata ammissione di conoscere tutte le ultime parole di tutti i santi di tutta la Chiesa, sì vabbe’, persino Santa Teresina mi risulta autrice di affermazioni più torbide, ma ci perdoni: si è dimenticato che in italiano il maschile si usa anche per il plurale di genere misto? Cioè, è il suo ultimo biglietto. Magari cercava di essere breve ed epigrafico, e invece no, avrebbe dovuto scrivere “i giovanetti e le fanciulle sono la delizia di Gesù e Maria”, perché altrimenti Ceronetti lo prende come un indizio di pedo-omosessualità, ha scritto solo “giovanetti”, tana-gay! oppure si potrebbero  mettere gli asterischi come indymedia: “i giovanett* sono la delizia…” suona meno omosessuale così? E poi cosa vuol dire “soltanto loro”? È una chiosa ceronettiana, “soltanto loro”, don Bosco ha solo detto che i giovanetti sono la delizia di Gesù e di Maria; magari anche le fanciulle e gli snack alla crema di nocciola, non si sa, don Bosco non si pronuncia in proposito, è tutta farina dell’inquisitore. Sa di crusca.

In tutte le sue firme è costante il Sac. [“Sacerdote”] che le precede. Era l’uso, ma in uno così premuto dall’Insolito e in contatto diretto con altre bucce di realtà significa anche: sono io ma all’interno di un Sacro ordine agisco in nome di, vengo in nome di…

…e prosegue per un’altra mezza pagina con questa storia del Sac. che gli avrebbe riso in faccia anche Lacan, no ma ditemi se valeva la pena di fermare le rotative della Stampa per questa roba. Ecco. La leggenda pedofila di Don Bosco è tutta qui, il tizio era ambiguo perché amava firmarsi con la sigla del suo titolo professionale, e altri spiluccamenti pettegoli di un elzevirista a corto di argomenti. A rimetterla in circolo sul Grande Selvaggio Web è stato Giovanni Dall’Orto, sul suo bel sito che è una miniera di informazioni preziose, da cui ho già copiosamente attinto per scrivere di San Sebastiano. Orbene, qualche anno fa Dall’Orto, che è un gay militante, scrive una “Storia gay di Giovanni Bosco“, che poi è stata ripresa da Gay.tv e discussa e ridiscussa su chissà quanti forum – anche grazie a salesiani che protestano incazzati, e dagli torto – e per ultimo arrivo io. Mi dispiace litigare con Dall’Orto, però lui non ha davvero altri fonti a parte Ceronetti, e Ceronetti, lo si è visto, come avvocato del diavolo ha reso un pessimo servizio (al diavolo). Dall’Orto peraltro lo ammette: non c’è uno straccio di prova.

Il bello è che nessuno di coloro che ne hanno scritto s’è mai sognato di mettere in dubbio l’effettiva stretta osservanza del voto di castità, da parte del santo: la discussione si è sempre svolta attorno alle sue tendenze, non alle sue pratiche sessuali.

Invecchiando gli era venuta questa faccia un po' da Wojtyla

Ma se Don Bosco è un pedofilo in potenza, che ci resta da fare? Un processo alle intenzioni? Qui forse rischiamo di non capirci. Ammettiamo che don Bosco abbia avuto davvero pulsioni omosessuali o pederastiche, che però non si sono mai tradotte nella pratica. Tutto questo per un cristiano si traduce con una parola sola: “santità”. Giovanni Bosco diventa l’Antonio del secondo millennio, in lotta costante coi suoi demoni, un esempio per tutti i seminaristi alle prese con pulsioni ambigue. Freud, lo sappiamo, avrebbe piuttosto parlato di “sublimazione”: Bosco trasforma la sua energia in impegno socio-assistenziale, mette i suoi demoni interiori a pedalare sotto il carrozzone della sua multinazionale salesiana. Per un laico contemporaneo, postfreudiano, non necessariamente gay (ma aiuta), tutto questo è “repressione”: tutto ciò che limita l’esercizio pratico della sessualità. Il problema è che la supposta pulsione di don Bosco rimane socialmente impresentabile, uno dei pochi tabù che ci sono rimasti. O ce la dobbiamo prendere con un pedofilo in potenza perché invece di toccare i ragazzi li ha tolti dalla strada e li ha fatti studiare? Preferite i preti toccaccioni, li trovate più sinceri, più umani, più “sé stessi”, come gli inquilini della casa del Grande Fratello?

Nel 1847, quando già centinaia di ragazzi frequentano l’Orato­rio, alcuni tra loro, che non sanno dove andare perché non hanno ca­sa, cominciano a vivere stabilmente con don Bosco e mamma Mar­gherita.
I primi ospiti sono alloggiati in cucina. Saranno sei alla fine dell’anno; trentacinque nel 1852; centoquindici nel 1854; quattrocen­tosessanta nel 1860; seicento nel 1862, fino ad un tetto di ottocento.
Nel 1845 don Bosco fonda la scuola serale, con una media di trecento alunni ogni sera.
Nel 1847 un secondo oratorio.
Nel 1850 fonda una società di mutuo soccorso per operai.
Nel 1853 un laboratorio per calzolai e sarti.
Nel 1854 un laboratorio di legatoria di libri.
Nel 1856 un laboratorio di falegnameria.
Nel 1861 una tipografia.
Nel 1862 una officina di fabbro ferraio.
Intanto nel 1850 è nato anche un convitto per studenti, con dodici studenti che diventano centoventuno nel 1857.
Nel 1862 dunque l’oratorio conta seicento ragazzi interni e altrettanti esterni.
Oltre i sei laboratori ci sono scuole domenicali, scuole serali, due scuole di musica vocale e strumentale, e trentanove salesiani che con don Bosco hanno dato inizio a una congregazione (altro…)

Leonardo Tondelli

Da Modena. Nel 1984 entra alla scuola media, non ne è più uscito. Da 15 anni scrive su uno dei più verbosi blog italiani, leonardo.blogspot.com. Ha scritto sull'Unità e su altri siti. Sul Post scrive di Dylan e di altri santi del calendario.