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  • Mercoledì 14 novembre 2012

Papa & Yo: videogame oltre il gioco

Uno legge videogiochi e pensa subito che in essi si trovi solo un pretesto per passare, giocando, un po’ di tempo. Un modo leggero per intrattenersi, magari senza che in essi si possa nascondere un significato profondo.
Eppure, non è sempre così: se si parla di Papo & Yo, di Vander Caballero, e della casa di sviluppo Minority, non c’è da sorprendersi se il tono dei commenti (che trovate qui) possa cambiare completamente:

ExplodingClown
Sold. Looks lovely, tries something different, and brings more to the table than ‘kill the baddies’/’you da man’. Got to be worth supporting that.

enfilade
I think this looks really interesting, and I hope the quality of the game itself matches its ambition.
I’ve seen people on this site criticise the game for being emotionally heavy-handed, self-indulgent, or pretentious. But why should games not be thought provoking? Why should they not be emotionally ‘difficult’ to digest? I was certainly disappointed by how easily previews of the game were dismissed – if we really desire new experiences, surely exploring the individual and the experiential is one of the best ways to find them?

Ma se il videogiocatore medio sembra non volere altro che combattere nemici tanto casuali quanto privi di personalità, com’è che qualcuno sembra essere attirato proprio dalla mancanza di elementi simili? Forse è il caso di fare un passo indietro.

C’erano una volta i blockbuster videoludici. E c’erano solo quelli. Le grandi case di produzione sviluppavano giochi di ogni genere, ma i costi di distribuzione rendevano rischioso investire tempo e denaro in prodotti troppo innovativi. Gli anni 80 e 90 avevano visto lo sviluppo dei primi generi videoludici, ma dal 2000 in poi suddetti generi sono rimasti pressoché immutati: ci sono gli Sparatutto, o FPS, gli Strategici in Tempo Reale, o RTS, i Giochi di ruolo, i Picchiaduro, i giochi sportivi, ma niente di veramente nuovo. Al massimo, sono nate delle miscele ben riuscite di generi preesistenti.

Poi è successo qualcosa di “strano e imprevedibile”: col passare degli anni, i videogiocatori sono invecchiati. Alcuni, sono persino diventati più maturi, e quando tornano a casa dal lavoro, dovendo scegliere tra il vedere un nuovo film o il riprendere in mano un controller, scelgono il film.

Non potendo correre il rischio di investire in giochi più sperimentali, o semplicemente differenti, le case di produzione hanno scelto di tagliare fuori dal loro mercato i videogiocatori più “anziani”, per continuare a puntare su di un target di età più basso.

Poi è arrivato Steam e, a seguire, le altre piattaforme di distribuzione digitale. Tagliando i costi  di gestione dei magazzini e quelli di distribuzione, molti piccoli sviluppatori indipendenti hanno potuto immettersi nel mercato e dire la loro riguardo il futuro dei videogiochi. Tra questi autori “indie” c’è Vander Caballero.
Caballero aveva già lavorato per la EA Games, sviluppando giochi come Army of Two o Need for Speed, ma aveva qualcosa di più personale da raccontare.

Nell’industria dei videogiochi siamo bravi a mostrare certe emozioni” ha spiegato Caballero durante la recente ViewConference “rabbia, paura, desiderio di potere, funzionano molto meglio nei videogiochi che in altri media. Di contro, ci sono emozioni che i videogiochi non riescono ancora a trasmettere, come l’amore o il lutto. Per quanto riguarda queste emozioni, il cinema è ancora molto più avanti dei videogames”.

Con questa idea in mente, e con una forte storia personale alle spalle, Caballero ha sviluppato Papo & Yo, un gioco che spiega, in maniera allegorica, cosa significhi avere un padre alcolista.
In Papo & Yo, il giocatore veste i panni di Quico, un ragazzino che vive nelle favelas e che ha due grandi amici: un piccolo robot di nome Lula e un enorme mostro arancione che si chiama, per l’appunto, Monster. Ma se Quico può sempre fare affidamento su Lula, lo stesso non si può dire nel caso di Monster: il gigantesco essere arancione è pigro e affettuoso, ma ha anche una forte dipendenza dalle rane e ogni volta che ne mangia una perde il controllo, trasformandosi in una sorta di creatura demoniaca. Starà a Quico trovare una cura per il suo amico.
Guidando Quico e Lula, il giocatore si ritrova a capire cosa significhi voler bene a una persona pericolosa, e quanto sia doloroso fare i conti con certi ricordi (non a caso, persino lo psicanalista di Caballero compare all’interno del gioco).

Un po’ troppo per la comunità dei videogiocatori? Possibile. Ma, come fa notare un altro utente di eurogamer.net :

jabberwocky
Gotta love these downloadable games that try something different instead of sticking a gun on a character and letting him loose in a corridor filled with enemies. It shows that imagination isn’t dead and that its not true that the only games we’re interested in are military shooters.
There’s more games on PSN and XBLA that interest me than half the full price games that get churned out.

Papo & Yo è un esempio di come i videogiochi siano un media potente e ancora inesplorato, un media capace di intrattenere anche chi ha smesso da tempo di trovare originali i “Boss Fight” o le meccaniche di combattimento.

C’erano una volta i blockbuster videoludici, e probabilmente ci saranno ancora a lungo. Ma è bello vedere che il mercato, ora, può offrire anche una chance di riflettere sulle esperienze altrui.

– Dino Tappatà –

Immagine presa qui.

– ATTENZIONE: l’articolo è stato modificato su segnalazione di alcuni lettori. Le motivazioni le trovate qui

Host

Nata nel 1994 a Torino la Scuola Holden è una scuola di Scrittura e Storytelling dove si insegna a produrre oggetti di narrazione per il cinema, il teatro, il fumetto, il web e tutti i campi in cui si può sviluppare la narrazione. Tra i fondatori della scuola Alessandro Baricco, attuale preside.