“Dal letame nascono i fior”

Sì, ok, “letame” non sarà elegante, ma capiamoci. In uno dei nostri ultimi report di fine riunione (“nostri” di Non Una di Meno, e sì facciamo dei report) c’è scritto letteralmente così: “Festival della Bellezza: scriviamo, non abbiamo energie per pensare a un’azione”. Ma ecco che volubili come solo le donne sanno essere (no?), ci siamo ritrovate ad organizzare una serata in cinque giorni a Verona. E ripeto: a Verona, in piazza, con Michela Murgia, Chiara Valerio, Giulia Blasi, Vera Gheno, Maura Gancitano e Federica Cacciola. Si chiama “EROSive. La differenza è erotica” (sarà venerdì, dalle 18.00, allo streaming stiamo lavorando).

Che è successo? Prima di cominciare: siamo a questo punto per il lavoro (che purtroppo non ha avuto la stessa visibilità) di un gruppo di donne veronesi che negli anni passati ha sempre denunciato la presenza di soli uomini, o quasi, al Festival della Bellezza. Pochi giorni fa, la notizia dai social è finita sui giornali nazionali anche perché Maggie Taylor, dall’altra parte del mondo, si è accorta che il Festival usava una sua illustrazione, senza consenso.

Dopodiché sono arrivate le risposte di organizzatori e organizzatrici, e quelle degli ospiti. Riassumendo: le donne non se la sono sentita di venire per timori e problematiche legate alla Covid-19 (colpa loro e della loro gracilità); trovare donne intellettuali “adatte a sostenere un palcoscenico davanti a quasi duemila persone” non è facile (solo gli uomini reggono il palco e sono in grado di creare interesse); “il festival della bellezza è fatto secondo un criterio stabilito da chi l’ha organizzato. Il nome è vago, può trattare di tutto, dalla letteratura alla pittura, e probabilmente questo è il senso voluto dagli organizzatori, non si parla solo di bellezza femminile” (le donne possono parlare solo di donne); avete ragione, ma: noi ci saremo (punto); avete ragione, ma: ci andrò e il mio cachet lo darò a una onlus che si occupa di assistere donne in difficoltà (avete davvero ragione, ma vi spiego io perché non andare sarebbe comunque un errore, e poi farò pure un po’ di beneficenza); “e se fossero state tutte donne si sarebbe parlato di scelta femminista?”: e qui la risposta breve è che non si tratta di una questione puramente numerica e quantitativa, ma sistemica. La risposta lunga, invece ho cercato di darla a Malora, rivista online indipendente nata da poco a Verona:

«Ci sono molti femminismi che vogliono affrontare la contraddizione tra eguaglianza formale e disuguaglianza reale, che non si accontentano di chiedere la parità e che la parità l’hanno messa in rapporto con la libertà: e la libertà femminile è smisurata. Non ha a che fare con le pari opportunità, con le “quote rosa”, con le donne-come-uomini che però devono essere donne-che-piacciono-agli-uomini. Le donne, insomma, non sono semplicemente un gruppo sotto-rappresentato.

Le riven­di­ca­zioni pari­ta­rie nello spa­zio pub­blico fun­zio­nano spesso come annulla­mento della dif­fe­renza fem­mi­nile e il trucco della quan­tità è l’inadeguata rispo­sta maschile al cam­biamento inne­scato dalla rivo­lu­zione fem­mi­ni­sta. Ecco perché la quantità non è mai una buona misura.

Chiarito questo, penso che l’hashtag #tuttimaschi – e molte delle argomentazioni che l’hanno accompagnato – sia stato efficace per mostrare il funzionamento del sistema: un sistema escludente, che silenzia e rende invisibili, inascoltate e inascoltabili le donne e le altre soggettività. Te lo faccio vedere, ti do pure qualche numero, ma la questione vera sta altrove».

A questo punto della storia, cominciano a “nascere i fior”. Perché (ed è ciò che rende il femminismo qualcosa di straordinariamente gioioso) per un desiderio messo al centro della stanza, per contagio, relazioni, entusiasmi, sorellanza, militanza e sostegno reciproco ci si è cominciate a parlare, a far circolare idee, numeri di telefono, spostando impegni e prendendosene, di impegni. E poi riunioni infinite, occhiaie, furgoni, gruppi di lavoro, incoraggiamenti, aste per le luci, timori, e tante associazioni e movimenti veronesi che hanno lavorato e stanno ancora lavorando intorno a questa cosa (non Se Non Ora Quando, però, che alcuni giornali citano come movimento organizzatore): senza soldi, senza tempo, e con mille ostacoli (perché c’è pure chi – indovina chi? – questa cosa non vuole proprio che si faccia).

E invece, eccoci, con la risposta più bella che si potesse dare. Come ha scritto Michela Murgia, questa «è la risposta delle donne al tentativo di cancellazione dallo spazio pubblico: riprenderselo». Il nostro sarà un contro-canto, non un contro-festival, potrà venire chiunque perché la differenza è gratis: «è l’esclusione che si paga». E sarà una festa.

Giulia Siviero

Per ogni donna che lavora ci vorrebbe una moglie. Sono femminista e lavoro al Post. Su Twitter sono @glsiviero.