Il Terzo Settore di Renzi

Come annunciato il 12 aprile scorso al festival del volontariato a Lucca, Matteo Renzi è stato di parola. «Tra un mese esatto renderò noto un testo base per la riforma del Terzo settore» aveva dichiarato. Aggiungendo poi che chiunque, se lo avesse voluto, avrebbe avuto la possibilità di esprimere la propria opinione in proposito, scrivendo direttamente al Governo.
Detto, fatto. Pochi minuti prima della mezzanotte di ieri il documento, intitolato Linee guida per una Riforma del Terzo settore, è stato postato direttamente dal premier sul suo account Twitter. E non delude affatto le attese. Per una ragione essenziale: perché finalmente si rivolge al Terzo settore come mai nessun suo predecessore aveva fatto: spronandolo, cioè, a diventare adulto. Niente sviolinate, serenate e languide carezze che tanto piacevano fare agli ex premier per provare a raccattare qualche voto e che tanto piacciono ricevere a certi suoi esponenti di “primo piano” per darsi un tono. Ma un linguaggio asciutto, che riconosce che c’è un’Italia generosa e laboriosa che si dedica al bene comune e che alimenta «il capitale più prezioso di cui dispone il Paese, ossia il capitale umano e civico». Ma sottolinea anche ciò che tanti comuni cittadini pensano ma pochi “addetti ai lavori” affermano, timorosi forse di perdere la loro piccola o grande rendita di posizione che si sono ritagliati, aggiungiamo pure, non tutti sempre lodevolmente: che occorre «sgomberare il campo da una visione idilliaca del mondo del privato sociale, non ignorando che anche in questo ambito agiscono soggetti non sempre trasparenti che talvolta usufruiscono di benefici o attuano forme di concorrenza utilizzando spregiudicatamente la forma associativa per aggirare obblighi di legge». E non è un caso che uno dei passaggi chiave delle linee guida, quello dedicato a come ricostruire le fondamenta giuridiche del nonprofit, parli espressamente nel titolino del paragrafo di «definire i confini e separare il grano dal loglio».

Per cui, coerentemente con questa impostazione, si fa capire senza girarci affatto attorno, che è arrivato il momento di «affermare pienamente il principio democratico e partecipativo negli organi sociali», di osservare precisi «obblighi di trasparenza e di comunicazione economica e sociale rivolti all’esterno», di «introdurre criteri più trasparenti nel sistema di affidamento in convenzione dei servizi al volontariato», di riorganizzare i centri di servizio per il volontariato, di “meritarsi” il cinque per mille rispettando l’obbligo di «pubblicare online i propri bilanci utilizzando uno schema standard, trasparente e di facile comprensione», per cui tutti i contribuenti a quel punto potranno verificare se i soldi donati servono davvero a perseguire gli scopi statutari oppure vengono spesi soprattutto per mantenere in piedi il “carrozzone”.

Il documento è strutturato a maglie larghe, si limita per il momento cioè ad accennare a molteplici questioni, riproponendosi di tirare per bene le fila con approfondimenti ad hoc dopo il 13 giugno, quando cioè saranno scaduti i termini per la consultazione aperta con i cittadini e il Governo si prenderà due settimane per predisporre un disegno di legge delega che andrà in Consiglio dei ministri il 27 giugno. È solo, quindi, appena partita la volata finale.
Ma ciò che fin d’ora risulta chiaro è che il Presidente del Consiglio ha deciso di rivolgersi a un Terzo settore che vuole divenga, appunto, adulto e che per diventare “primo”, come da tempo egli auspica, deve crescere, cambiare diffusamente mentalità. Come a dire, ben vengano più propositività e meno rivendicazioni, più entusiasmo e meno vittimismo di maniera e atteggiamenti lagnosi da cucciolo abbandonato che dopo un po’ che li senti rimpiangi persino la musica andina del cucciolo Alfredo di Dalla, notoriamente di una noia mortale perché si ripeteva sempre uguale.

Affinché una simile “rivoluzione” potesse partire, Renzi ha capito che l’unica strada percorribile che aveva di fronte era quella di rivolgersi direttamente ai cittadini, ai volontari, ai “semplici” operatori del sociale che davvero sono la spina dorsale del Terzo settore italiano e lo rendono grande. Di aprire con loro un’interlocuzione diretta nel modo più semplice possibile, un indirizzo email da usare per offrire spunti di riflessione sul nonprofit del futuro, dettati da onestà intellettuale, esperienza, cuore e buon senso. E aggirare, al contrario, i tanti pseudo esperti, balanzoni e furboni che di eccessi di piaggeria sono campioni.
Verosimilmente alcuni in queste ore sono già all’opera per avere un filo diretto con il Premier al quale decantare le meravigliose sorti del Terzo settore cui loro diranno di aver già dato e potrebbero dare ancora un risolutivo contributo ricevendo un opportuno incarico, non lesinando nel contempo spruzzatine qua e là di zizzania (o di loglio, per stare in tema), non sia mai che qualcuno di sana pianta arrivi a guastar la recita.
Mi permetto di dare a Matteo Renzi un piccolo consiglio al riguardo: si ricordi di cosa disse una volta Dino Risi a proposito dei film di Nanni Moretti: «Certe volte mi viene voglia di dirgli spostati e lasciami guardare il film». Ecco, parafrasando Risi, se li vede dica loro: «Per favore spostatevi e lasciatemi ammirare il nonprofit». Quello autentico, umile, prezioso.

Francesco Maggio

Economista e giornalista, già ricercatore a Nomisma e a lungo collaboratore de Il Sole24Ore, da molti anni si occupa dei rapporti tra etica, economia e società civile. Tra i suoi libri: I soldi buoni, Nonprofit (con G.P. Barbetta), Economia inceppata, La bella economia, Bluff economy. Email: f.maggio.fm@gmail.com