Il Giardino dei Giusti

Una strana e spiacevole bufera si è scatenata sul Giardino dei Giusti, nel Monte Stella di Milano. Creato nel 2003, per iniziativa di Gabriele Nissim e dell’associazione Gariwo, e presieduto dal sindaco (che, inspiegabilmente, però tace), è un’istituzione che col tempo è diventata riferimento a livello europeo e internazionale. Partendo dall’esempio di Milano, il Parlamento di Strasburgo, su richiesta di Gariwo, ha votato, nel 2012, una mozione che istituisce la Giornata europea dei Giusti. L’esperienza del Monte Stella ha figliato altrettanti giardini a Varsavia, Praga, Yerevan, Kigali, Sarjevo e in tante altre città italiane.

Il Giardino dei Giusti di Milano si è ispirato a quello di Gerusalemme, che fa parte dello Yad Vaschem, sul Monte della Memoria, fortemente voluto dall’ebreo polacco Moshe Bejski (Cfr. G. Nissim, Il tribunale del bene, Mondadori, 2003), uno dei sopravvissuti grazie alla Lista di Oskar Schindler. Là c’è un albero per ogni persona che, durante la Shoah, ha salvato almeno un ebreo dall‘uccisione, perché chi salva anche soltanto una vita, salva l’umanità intera: i giusti sono “il fondamento del mondo” (Proverbi, 10, 25).

La differenza è che il Giardino dei Giusti di Milano, per la prima volta al mondo, condivide tutte le memorie plurali del coraggio civile: tratta e onora come “giusti” tutti coloro che (senza distinzione, di razza, credo religioso o politico) abbiano messo a repentaglio la propria vita per salvare quella di un perseguitato. Sul Monte Stella, anno dopo anno, con una cerimonia che vede assieme il sindaco, le autorità politiche e religiose, i famigliari, e soprattutto moltissimi studenti delle scuole, che vengono preparati prima dai loro insegnanti, viene piantato un albero per ciascun giusto e raccontata la sua storia. Con il tempo il giardino si è degradato e lo spazio e diventato angusto e scomodo: i cippi sono soffocati dalle erbacce; le targhe si sono arrugginite; i vialetti, d’inverno, sono un pantano; gli alberi sono cresciuti e manca del tutto una segnaletica che aiuti a trovare il luogo. Per questo motivo Gariwo ha commissionato all’ architetto Stefano Valabrega un progetto di risistemazione dell’area con al centro una sorta di piccolo anfiteatro dove gli insegnanti possono far lezione alle centinaia di studenti che ogni anno visitano il luogo e le gente si possa sedere e meditare. Il progetto è stato presentato in una conferenza a Palazzo Marino ed esposto al Monte Stella il 6 Marzo. Varie volte sono stati incontrati i Comitati del Quartiere e sono stati accolti diversi loro rilievi. La realizzazione del progetto non costerà nulla al Comune perché interamente finanziato da Gariwo e da una sottoscrizione pubblica.

Contro il nuovo Giardino dei Giusti si sono schierate varie persone, con una violenza polemica inusitata (cfr. la lettera di Giancarlo Consonni su Repubblica che si può leggere qui e qui). Essi sostengono di non voler mettere in questione l’idea del Giardino dei Giusti, ma di voler salvare il verde pubblico. In realtà, da quanto scrivono, fanno trapelare molti pregiudizi. Giancarlo Consonni e Graziella Tonon, condirettori dell’Archivio Bottoni del Politecnico di Milano, scrivono che va rispettata la memoria e l’opera di Piero Bottoni. A lui si deve il progetto per il QT8 (Quartiere Triennale 8) di Milano, realizzato, tra 1945 e il 1947, per ospitare gli sfollati, nella zona Nord-Ovest e dedicato all’Ottava edizione della Triennale del 1947 (della quale Bottoni era Commissario Straordinario). Quello fu un’importante esperimento urbanistico che vide realizzare un bel quartiere con grande attenzione agli spazi verdi, tra i quali svetta il Monte Stella. In realtà, quella montagnola artificiale non era inizialmente prevista. In quel luogo ci doveva stare un laghetto. Ma la grande mole di macerie degli edifici bombardati, che venivano là ammassate per liberare la città, convinse a farne un rilievo coperto da vegetazione. Ma nulla quindi è più significativo di un Giardino dei Giusti che si erge sulle macerie di una città pesantemente bombardata (e anche l’innovativo Bottoni ne sarebbe felice). Ed è discutibile che si sia chiamata la Soprintendenza a esprimere un parere (ovviamente negativo) su un luogo che non è soggetto a tutela ambientale.

Ma la cosa più grave è che si contesti la funzione “pedagogica ed educativa”, e di luogo di meditazione”, del Giardino dei Giusti, sostenendo che deve essere “soltanto un Giardino” perché altrimenti si rischierebbero delle “forzature pedagogico-politiche”. Tutela del verde e preoccupazioni ideologiche sembrano saldarsi con previsioni catastrofiche: “Se si vuole che muri e totem non caschino addosso ai visitatori, occorrono fondamenta in cemento armato profonde ed estese. Consumato questo disastro, la cosa non si fermerà lì. Ci saranno devastazioni (quelle sì degli anti-semiti) e incuria (il bivacco ecc. ecc.)”. Questa scomposta polemica attorno al Giardino dei Giusti è l’esempio di come, purtroppo, si discute di solito pubblicamente in Italia: partendo dall’ignoranza delle questioni e aggredendo le persone che la pensano diversamente. Gli avversari del progetto del Giardino hanno alzato le barricate dopo aver distrattamente guardato vecchi disegni preparatori e li hanno diffusi ad amici, colleghi e conoscenti che si sono fatti superficialmente spaventare e intruppare in una campagna per “salvare il verde sul Monte Stella”. Invece di alzare la voce, si dovrebbe avere il coraggio di dire apertamente che questa iniziativa, che onora Milano, non piace ideologicamente e si preferirebbe che tra quegli alberi si vedessero soltanto tranquilli cittadini passeggianti col cane o correnti in variopinte tute da ginnastica.

Francesco Cataluccio

Ha studiato filosofia e letteratura a Firenze e Varsavia. Ha curato le opere di Witold Gombrowicz e Bruno Schulz. Dal 1989 ha lavorato nell’editoria e oggi si occupa della Fondazione GARIWO-Foresta dei Giusti. Tra le sue pubblicazioni: Immaturità. La malattia del nostro tempo (Einaudi 2004; nuova ed. ampliata: 2014); Vado a vedere se di là è meglio (Sellerio 2010); Che fine faranno i libri? (Nottetempo 2010); Chernobyl (Sellerio 2011); L’ambaradan delle quisquiglie (Sellerio 2012); La memoria degli Uffizi (Sellerio 2013); In occasione dell’epidemia (Edizioni Casagrande 2020); Non c’è nessuna Itaca. Viaggio in Lituania (Humboldt Books 2022).