Il video che mostra i primi scavi del cantiere di “The Line”, la controversa città lunga 170 chilometri in Arabia Saudita

Il video che mostra i primi scavi del cantiere di “The Line”, la controversa città lunga 170 chilometri in Arabia Saudita

Nel 2017, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman annunciò l’intenzione di costruire la più grande “smart city” al mondo nella regione di Tabuk, nel nord-ovest del paese, entro il 2025. Nonostante l’ottimismo del governo saudita, però, la costruzione di Neom, definita “città del futuro”, ha subìto enormi ritardi, e molti esperti si sono detti scettici sul fatto che possa davvero essere costruita.

Ora, un video filmato con dei droni mostra che l’Arabia Saudita sta effettivamente costruendo un’opera enorme nel deserto. Nel video si vedono molti camion, escavatori e altri macchinari pesanti al lavoro per ripulire una buca molto lunga nel deserto: secondo Ot Sky, l’azienda saudita che si occupa di fotografia aerea che ha pubblicato le riprese, si tratta del cantiere di “The Line”, la città a zero emissioni di anidride carbonica che secondo la visione di bin Salman dovrebbe essere costruita lungo una “linea” di 170 chilometri, larga 200 metri e alta 500.

In teoria, la città dovrebbe ospitare 9 milioni di persone ed essere collegata da un treno che permetta di percorrere tutta la sua lunghezza in venti minuti. Secondo bin Salman, Neom «sfiderà le tradizionali città piatte e orizzontali e creerà un modello per la conservazione della natura e una migliore vivibilità umana». Secondo diversi esperti di urbanistica, però, l’intero progetto è velleitario, perché fare una città su una lunga linea rischia di essere piuttosto sconveniente: sulla rivista specialistica Dezeen, per esempio, il professor Philip Oldfield dell’Università del New South Wales a Sydney ha scritto che «l’idea che [Neom] possa essere sostenibile e vivibile è piuttosto ingenua».

I “Pilastri della Creazione” visti dal James Webb Space Telescope

I "Pilastri della Creazione" visti dal James Webb Space Telescope

Il James Webb Space Telescope (JWST), il più grande e potente telescopio spaziale mai realizzato, ha osservato i cosiddetti “Pilastri della Creazione”, le tre enormi colonne formate da gas interstellare e polveri visibili all’interno della Nebulosa Aquila, a 7.000 anni luce di distanza da noi (circa 66 milioni di miliardi di chilometri). L’immagine ricorda – seppure con una definizione molto più alta – le osservazioni condotte in passato dal telescopio spaziale Hubble, che permisero di scoprire molte cose sui processi che portano alla formazione delle stelle, tanto da essere considerata una delle migliori immagini spaziali mai scattate: negli anni è stata usata in un numero enorme di pubblicazioni, ma anche in molti film di fantascienza, documentari ed è stata stampata su qualsiasi cosa, dalle tazze ai cuscini passando per i francobolli.

(NASA, ESA, CSA, STScI; Joseph DePasquale – STScI, Anton M. Koekemoer – STScI, Alyssa Pagan – STScI)

Il nome delle grandi colonne di gas e polveri non è naturalmente riferito al concetto teologico di creazione (l’atto con cui una divinità ha dato origine alle cose dal nulla), ma al fatto che la turbolenta Nebulosa Aquila ospita diversi crogioli di stelle: punti in cui si formano e nascono nuovi corpi celesti.

Le polveri e i gas sono scaldati dalle radiazioni molto intense prodotte dalle stelle che si stanno formando all’interno dei pilastri, e al tempo stesso sono erosi e spazzati via dai venti stellari. Il materiale visibile lungo i contorni dei pilastri è scaldato dalle stelle in formazione a tal punto da essere fatto evaporare verso l’esterno delle tre grandi colonne.

Gli astrofisici ipotizzano che la formazione dei pilastri sia avvenuta dall’alto verso il basso (osservando l’immagine): la loro parte superiore è estremamente densa e crea l’effetto di una sorta di cascata di polveri e gas. Gli spazi tra i tre pilastri sono stati parzialmente ripuliti dai forti venti stellari generati da un gruppo di stelle nelle vicinanze.

Nel Regno Unito si parlerà ancora di Liz Truss quando uscirà questo libro su di lei?

Nel Regno Unito si parlerà ancora di Liz Truss quando uscirà questo libro su di lei?

Questa mattina, prima che Liz Truss si dimettesse da prima ministra del Regno Unito, il giornalista Harry Cole, che si occupa di politica nella redazione del tabloid Sun, aveva annunciato la data di uscita di un suo libro su Truss. È una biografia intitolata Out of the Blue: The inside story of Liz Truss and her astonishing rise to power, che si potrebbe tradurre come “All’improvviso. La storia poco nota di Liz Truss e della sua sorprendente ascesa al potere” – out of the blue è un’espressione idiomatica inglese, probabilmente scelta anche perché il blu è il colore del Partito Conservatore britannico. Molti sui social hanno commentato sarcasticamente la tempistica dell’annuncio, ma Cole ha confermato che il libro uscirà come da programma, dunque l’8 dicembre.

Generalmente i libri sui politici o scritti da politici sono “instant book”, cioè libri che parlano di attualità stretta e per questo vengono progettati, scritti e realizzati in tempi molto minori di quelli che servirebbero normalmente. Per questo fare instant book politici comporta talvolta un rischio: che non siano più adatti al contesto una volta arrivati in libreria. Sembra proprio il caso di questa biografia.

Un caso simile, ma forse anche più sfortunato per l’editore coinvolto, c’era stato in Italia nell’autunno del 2020: il ministro della Salute Roberto Speranza aveva scritto un saggio sulla fine della pandemia da coronavirus che era arrivato nelle librerie nei giorni in cui era diventato chiaro che stava iniziando la seconda ondata. In breve tempo il libro era stato ritirato e mandato al macero.

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