L’Economist si è fatto una domanda e poi si è dato una risposta

L'Economist si è fatto una domanda e poi si è dato una risposta

Appena venti giorni fa l’Economist, la più prestigiosa rivista britannica, si chiedeva sulla sua copertina se Liz Truss, che era appena diventata prima ministra, sarebbe stata in grado di «sistemare il Regno Unito». In uno degli editoriali all’interno, la rivista avvertiva che alcune delle politiche e delle proposte economiche della prima ministra, molto radicali e basate su un’interpretazione letterale e macchiettistica delle teorie neoliberiste in voga negli anni Ottanta, avrebbero potuto costituire un pericolo per la tenuta dell’economia britannica: «Il rischio è che la sua formula dipenda troppo da un mix ridicolo di tagli alle tasse, deregolamentazione e critiche contro Bruxelles».

Ma al tempo stesso l’Economist ricordava che più volte nel corso della sua carriera Truss era stata sottovalutata, e che c’era ancora la possibilità che le sue politiche economiche si sarebbero rivelate positive per il Regno Unito.

Tutte le peggiori preoccupazioni dell’Economist e di molti altri esperti si sono realizzate. Truss, assieme al suo ministro dell’Economia Kwasi Kwarteng, ha annunciato l’intenzione di finanziare a debito un grande piano di riduzione delle tasse che avvantaggerebbe soprattutto i ricchi, in un momento delicatissimo per l’economia mondiale: il piano è stato criticato a livello politico, ma soprattutto è stato giudicato irresponsabile e rischioso a livello fiscale. Si tratta precisamente di quell’applicazione ridicola e parziale di teorie economiche anni Ottanta che l’Economist aveva temuto.

L’annuncio ha spaventato i mercati a tal punto che il valore della sterlina è crollato ai minimi storici, avviando una crisi gravissima per l’economia britannica: il Fondo monetario internazionale ha criticato il governo Truss, e la Banca d’Inghilterra è stata costretta a mettere in atto misure eccezionali per proteggere l’economia.

Così, appena venti giorni dopo essersi chiesto se Truss avrebbe potuto «sistemare il Regno Unito», l’Economist si è risposto da solo. Nella copertina del numero in uscita venerdì, che raffigura Truss e Kwarteng su una barca che affonda, si legge: «Come non si governa un paese».

La maglia della Danimarca contro i Mondiali di calcio in Qatar

La maglia della Danimarca contro i Mondiali di calcio in Qatar

Ai Mondiali di calcio che si giocheranno a fine anno in Qatar la nazionale danese indosserà divise particolari, pensate per criticare la situazione dei diritti umani nel paese. Le tre divise sono state realizzate da Hummel, azienda danese che è sponsor tecnico della nazionale, e sono molto semplici: la prima e la seconda sono tutta rossa e tutta bianca, con il logo e gli altri dettagli molto attenuati. «Non vogliamo essere visibili durante un torneo che a migliaia di persone è costato la vita», ha scritto Hummel in riferimento alle migliaia di operai morti per costruire stadi e infrastrutture dei Mondiali. «Sosteniamo la nazionale danese in ogni modo, ma questo non vuol dire sostenere il Qatar come paese ospitante», ha aggiunto Hummel.

La terza maglia danese sarà nera: «il colore del lutto», ha scritto Hummel.

I Mondiali in Qatar – contestati per molti motivi fin dal giorno della loro assegnazione – inizieranno il 20 novembre e finiranno il 18 dicembre. La Danimarca sarà nel girone D insieme con Francia, Australia e Tunisia, squadra contro cui debutterà nel torneo.

I video delle attiviste iraniane che cantano “Bella ciao”

I video delle attiviste iraniane che cantano “Bella ciao”

In questi giorni online stanno circolando molto alcuni video di donne iraniane che cantano Bella ciao in farsi, la lingua persiana parlata in Iran e in altri paesi vicini. Bella ciao è la canzone italiana considerata inno della resistenza partigiana, ma nel corso del Novecento si è diffusa trasversalmente fino a diventare un inno internazionale di lotta per la libertà. In Iran è stata cantata e diffusa sui social network in questi giorni di grosse proteste contro il regime in seguito alla morte di Mahsa Amini, una donna di 22 anni uccisa il 16 settembre in carcere a Teheran, dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa perché non indossava correttamente il velo.

La storia di Bella Ciao è stata indagata da molti storici e storiche ma ha tutt’ora origini incerte. Nonostante questo però le ricerche hanno documentato come Bella ciao fosse diffusissima soprattutto durante la resistenza al nazifascismo. Nel corso degli anni la canzone è stata ripresa e cantata da molti artisti internazionali, oltre che adattata a proteste e rivolte di diversi paesi, ed è diventata molto famosa nel mondo anche per via della serie tv La casa di carta, dove viene usata come una specie di inno alla rivolta.

 

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Le proteste in Iran vanno avanti da ormai dieci giorni e si sono rapidamente trasformate in una più ampia rivolta contro la polizia religiosa, la corruzione e le oppressioni del regime e Ali Khamenei, la Guida suprema dell’Iran, cioè la principale figura politica e religiosa del paese, che rappresenta l’ala più intransigente e conservatrice del regime. Contro di lui i manifestanti hanno intonato il coro «Morte al dittatore», con proteste considerate eccezionali da molti analisti, a cui hanno partecipato moltissime donne e che il regime iraniano sta reprimendo con molta violenza.

– Leggi anche: Che storia ha “Bella ciao”

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