Siamo ipocriti, per dirla male

Le battaglie omosessuali dovrebbero farle gli eterosessuali: altrimenti diventa un lobbismo tipo partito dei cacciatori, una cosetta tra gay anziché una grande battaglia civile, un particolarismo da scongiurare come lo è ogni identità politica fondata sulla razza o sulla religione o sulla provenienza geografica. Questo almeno in Parlamento, laddove una forza politica dovrebbe avere la pretesa di rappresentare un blocco sociale dominante: fuori, invece, è un altro discorso. Parentesi: è per questo che Nicola Vendola è un totale disastro: non perché sia omosessuale – figurarsi – e non perché non denoti anche un certo coraggio, ma perché il suo orecchino, ostentato, lo accomuna a una specificità che rende improbabile la sua ambizione di governare tutta l’Italia. Il nostro Paese è quello che è, la storica influenza della Chiesa lo trattiene o lo traina all’indietro, i vizi privati tutto sommato restano separati dalle pubbliche virtù («si fa ma non si dice») e a nessuno si nega il lavacro della confessione. Siamo ipocriti, per dirla male. Nei paesi protestanti, invece, si esige una coerenza tra i comportamenti privati e i ruoli di rappresentanza, ed è la ragione per cui in politica, da quelle parti, una vera e propria privacy non esiste: ecco perché possono trovare inconcepibile che Silvio Berlusconi faccia quel che vuole a casa propria.

C’è qualcosa di stucchevole, naturalmente, anche nel fatto che le battaglie «contro» gli omosessuali le facciano degli eterosessuali particolarmente ossessionati dall’argomento. Ci sono in giro degli autentici invasati che considerano i gay come dei malati da curare, gente da rinchiudere – gli invasati – che straparla di teorie allucinanti e fuori dall’Occidente. Sono perlopiù nel centrodestra, ma va detto che i bacchettonismi di destra e di sinistra, nelle loro diverse dinamiche, sono entrambi insopportabili. Il centrodestra è più cattolico e appunto più ipocrita: pubblicamente appoggia la Chiesa e ogni tradizionalismo, in privato poi fa di tutto: divorzi, prostitute, aborti eccetera. Il centrosinistra invece si proclama progressista su tutto (gay, fecondazione, fine-vita eccetera) ma appena spunta un trans o un’amante ecco che i Marrazzo e i Delbono vengono fatti dimettere, senza contare le indignazioni per le attività di letto di Berlusconi. Mancava solo, in questo scenario, la pubblicazione online di una bella lista di politici gay e omofobi, tra l’altro senza una prova che l’elenco sia veritiero: una sciocchezza, un autogol, una baracconata che può compiacere qualche prurito – è la moda del periodo – ma che nell’insieme può rivelarsi controproducente. A fare peggio ci sono solo quelli che hanno parlato di «macchina del fango» o «diffamazione» a proposito dell’elenco, lasciando intendere che l’infamia sia essere considerato omosessuale anziché omofobo. Quell’elenco, se non manifestamente falso, è una violazione della privacy, punto.

E comunque gli elenchi sono sempre brutti, non importa se dicano il vero o il falso: l’obiettivo è sempre quello di isolare una minoranza. Quello specifico elenco, poi, soprattutto in un periodo come questo, è anche un errore politico. Da una parte perché, se governasse bene, gli italiani ora come ora accetterebbero come premier anche Platinette. Non c’è da illudersi, dall’altra, che una maggior consapevolezza di questa classe dirigente possa favorire legislazioni più libertarie a favore degli omosessuali: allo stesso modo, lo scandalo «Papi girls» non ha certo favorito una maggior tolleranza verso la prostituzione femminile. Quel che è aumentata è solo un po’ di maldicenza, in sostanza gossip, scandalismo. Esattamente come accadrà, per qualche ora al massimo, per la lista dei parlamentari omofobi.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera