Che sta succedendo in Israele, di nuovo?
Nelle ultime settimane si è tornati a parlare di Israele e di Palestina per quella che molti giornali hanno raccontato come una confusa successione di attentati, rappresaglie, dimostrazioni e uccisioni. Al centro di questa nuova serie di scontri c’è una faccenda di carattere religioso, aggravata dal fatto che a causa dell’atteggiamento del governo israeliano le prospettive future di pace sembrano al punto più basso della loro storia recente. Cerchiamo di fare un po’ d’ordine per capire cosa sta succedendo.
Il primo incidente di questa nuova fase di scontri è avvenuto lo scorso 22 ottobre quando un palestinese di Gerusalemme Est, la parte della città dove vivono gli arabi mussulmani, si è lanciato con la sua macchina contro una fermata del tram di Gerusalemme, uccidendo un bambino di 20 mesi e venendo a sua volta ucciso dalla polizia. Due giorni dopo, in una manifestazione in Cisgiordania un palestinese-americano di 14 anni è stato ucciso dall’esercito israeliano. Il 30 ottobre un attivista israeliano, Yehuda Glick, è stato ferito da un palestinese (Glick è stato descritto come un fondamentalista religioso, una definizione particolarmente sbagliata). La polizia israeliana ha raggiunto e ucciso il palestinese sospetto dell’attentato, scatenando ulteriori proteste. Il 5 novembre un altro palestinese si è lanciato con la sua macchina contro le persone in coda a una fermata del tram, uccidendo due persone e venendo poi ucciso dalla polizia. Lunedì 10 novembre due israeliani sono stati uccisi e altri due feriti in diversi attacchi compiuti da palestinesi armati di coltello. Un altro palestinese è stato ucciso martedì 11 durante degli scontri in Cisgiordania tra polizia e manifestanti palestinesi.
La questione del Monte del Tempio
Questa serie di attacchi, rappresaglie, proteste e nuovi attacchi è stata causata in primo luogo da una questione che sembra emersa dalle nebbie dell’età del bronzo: la faccenda del Monte del Tempio, o, come lo chiamano i mussulmani, la Spianata delle Moschee. Si tratta di un’area di circa mezzo chilometro quadrato all’interno della Città Vecchia di Gerusalemme. Per la religione ebraica è il luogo più sacro al mondo: secondo la tradizione, il Primo Tempio venne costruito in questo luogo (venne distrutto dai Babilonesi, così come i Romani distrussero il Secondo Tempio, costruito più o meno nello stesso punto). I due templi sorsero proprio in quell’area perché, secondo la tradizione ebraica, su quello spiazzo Dio scelse di manifestare la sua presenza. In sostanza, per gli ebrei, il Monte del Tempio è la sede di Dio sulla Terra.
Il dio della storia, come si sa, è crudele e nel corso del Settimo e dell’Ottavo secolo anche un’altra grande religione rivendicò come sacra quell’area. Tra il Settimo e l’Ottavo secolo tra i mussulmani si diffuse la tradizione (di cui ci sono solo vaghi accenni nel Corano) che proprio il luogo dove un tempo aveva sede il Primo Tempio fosse il punto scelto da Allah per far ascendere Maometto al cielo. Questa tradizione, oggi ampiamente accettata dai mussulmani, ha reso quel piccolo fazzoletto di terra il terzo luogo più sacro dell’Islam dopo la Mecca e Medina. Negli ultimi milletrecento anni la Spianata delle Moschee è rimasta un luogo di culto mussulmano e lì vennero edificate due dei più importanti edifici di culto mussulmani, la Cupola della Roccia e la Moschea di al-Aqsa (che è l’edificio fisico considerato il terzo luogo più sacro dell’Islam).
Quando nel 1967 gli israeliani conquistarono Gerusalemme furono molto restii a cambiare questo stato di cose. La conclusione vittoriosa della guerra aveva appena messo sotto controllo israeliano diversi milioni di palestinesi e il governo non intendeva farseli immediatamente nemici (non più di quanto già non lo fossero). L’accesso alla Spianata venne ristretto a tutti i non-mussulmani e venne stabilito che soltanto i mussulmani avrebbero potuto utilizzare lo spiazzo per pregare. Oggi gli ebrei possono visitarlo, ma con molte restrizioni (posso andarci soltanto di mattina, mentre l’accesso è vietato il venerdì e nei giorni di festa). Inoltre, ebrei e cristiani, non possono pregare sul Monte del Tempio, né compiervi alcuna manifestazione di tipo religioso (qualunque cosa questo significhi). Il governo israeliano, comunque, non ha sempre mostrato la sua faccia gentile nei confronti dei mussulmani che desiderano pregare sul Monte del Tempio. In più di un’occasione l’accesso è stato ristretto e vietato ai mussulmani maschi più giovani (in genere in seguito ad incidenti in cui, dalla Spianata, venivano lanciati sassi contro il Muro del Pianto, un luogo di preghiera ebraico che si trova poco lontano). Provocazioni e incidenti di ogni genere hanno costellato la storia della Spianata, anche se raramente hanno raggiunto la scala che abbiamo visto in questi giorni.
Che cosa è successo di particolare in questi giorni per giustificare queste nuove proteste e questi nuovi attacchi? Si tratta di qualcosa che probabilmente è difficile da comprendere per un occidentale secolarizzato. Come abbia detto, è accaduto spesso in passato che dalla Spianata venissero lanciati sassi contro gli ebrei in preghiera al muro del pianto. Per questo motivo, l’8 ottobre scorso venne vietato a tutti i mussulmani con meno di 50 anni di entrare nella Spianata. Per quel giorno, infatti, era prevista la presenza di più di 20 mila persone al Muro del Pianto, per via di un’importante festività ebraica. La notte precedente, quella tra il 7 e l’8 ottobre, circa un centinaio di giovani palestinesi ha dormito all’interno della mosche di al-Aqsa e il giorno successivo si sono scontrati con alcuni visitatori ebrei e con la polizia che è entrata in forze nella Spianata e ha compiuto diversi arresti. Gli scontri hanno portato a ulteriori restrizioni dell’accesso alla spianata, che a loro volta hanno portato ad altri scontri, rappresaglie, provocazioni da una parte e dall’altra, fino agli incidenti di questi ultimi giorni (tra le varie provocazioni ci sono ad esempio quelle di alcuni gruppi di estremisti ebraici che chiedono di consentire l’accesso alla Spianata soltanto agli ebrei).
«Chickenshit»
Non ci sono molti dubbi che questa storia incredibile sia una delle principali cause di quella che molti cominciano già a chiamare la Terza Intifada. Vicini e parenti dei due attentatori che si sono lanciati contro le fermate del tram a Gerusalemme hanno confermato che il motivo che li ha spinti è stata la violazione della Spianata da parte dei visitatori ebrei e della polizia israeliana. Le dichiarazioni dell’ANP e di Hamas hanno confermato queste parole. Hamas e Fatah hanno fatto appello a tutti i palestinesi affinché si impegnino con tutti i mezzi per mettere fine a queste violazioni. Glick, l’attivista ebreo ferito da un palestinese lo scorso ottobre, fa parte di un movimento che chiede di aprire la Spianata alla preghiera di tutte le religioni.
C’è però anche dell’altro. La situazione del Tempio è più o meno identica da 40 anni a questa parte. Perché questi scontri sono cominciati proprio oggi? Secondo molti analisti la risposta va cercata nell’atteggiamento del governo Israeliano. Facciamo un passo indietro e torniamo ad agosto, nei primi giorni dopo il cessate il fuoco che ha messo fine all’ultima guerra a Gaza. La prima risposta che il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu diede agli accordi fu l’autorizzazione a costruire una serie di nuovi insediamenti in Cisgiordania. Altri insediamenti ancora sono stati autorizzati nelle ultime settimane. Gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono attualmente uno dei più grossi ostacoli al percorso di pace. La Cisgiordania, infatti (a differenza della Striscia di Gaza), è tuttora in larga parte occupata dall’esercito israeliano e il suo territorio è punteggiato da insediamenti abitati da coloni israeliani. Il prerequisito fondamentale del piano di pace di cui si è più discusso negli ultimi anni (la cosiddetta “soluzione dei due stati) prevede che Striscia di Gaza e Cisgiordania divengano uno stato indipendente: si tratta di un obbiettivo difficile da raggiungere fino a che centinaia di migliaia di israeliani vivranno entro i suoi futuri confini.
Se la presenza dei coloni, alcuni dei quali vivono in Cisgiordania dalla fine degli anni Sessanta, è un problema, lo è ancora di più la decisione israeliana di costruire nuovi insediamenti. Si tratta di un gesto che fa chiaramente capire che il governo israeliano non ha alcuna intenzione di mettere le basi per un accordo di pace in futuro. Questo è il motivo per cui spesso si sente dire che l’attuale governo israeliano non ha oramai abbandonato l’idea della “soluzione dei due stati”. È facile capire perché, quando la possibilità di una soluzione diplomatica sembra scivolata oltre l’orizzonte, le soluzioni più estreme e violente cominciano a sembrare più attraenti.
Un ultimo punto rimane da spiegare: come mai il governo israeliano si è imbarcato in questa strategia che non sembra portare nulla di buono? La risposta più diffusa tra gli esperti è che l’attuale primo ministro Netanyahu sta combattendo una vera e propria battaglia per evitare di essere scavalcato dall’ala destra della sua coalizione (il suo partito, il Likud, ha appena 20 parlamentari su 120 e il governo è sostenuto da una coalizione di partiti molto eterogenea). Un episodio chiarisce bene questa situazione. Dopo il secondo attacco alla linea tramviaria di Gerusalemme, il governo ha ordinato di disporre blocchi di cemento sulle banchine di attesa, per impedire altri attacchi. Il ministro dell’Economia Naftali Bennet, uno dei principali alleato di Netnyahu, ma anche suo principale rivale, ha dichiarato che «un governo che si nasconde dietro blocchi di cemento non ha diritto di esistere». Bennet, come molti altri rappresentati della destra israeliana, chiede un atteggiamento più proattivo da parte delle forze di sicurezza israeliane, fatto di raid, rappresaglie e incursioni in Cisgiordania per prevenire i futuri attacchi.
In sostanza, Bennet cerca di scavalcare a destra l’attuale governo, dipingendolo come debole e irresoluto. Netanyahu cerca di difendersi da questi tentativi mostrandosi sempre più duro e inflessibile nei confronti dei palestinesi. Ad esempio, Netanyahu ha insistito sulla necessità di demolire le case dei responsabili degli attacchi (una forma di punizione collettiva illegale per le leggi internazionali). Un alto modo per mostrarsi inflessibili è punire ogni protesta o attacco da parte dei palestinesi con la costruzione di nuovi insediamenti. Questa situazione, tra gli altri effetti, ha portato la relazioni tra Israele e Stati Uniti ad uno dei loro minimi storici (ne avevamo parlato qui). Gli Stati Uniti, in particolare, sono particolarmente infastiditi dal fatto che Netanyahu continui a cedere terreno alla destra, pregiudicando così le possibilità di ricominciare i colloqui di pace. Anche per via di questo suo atteggiamento, un funzionario americano, poche settimane fa, ha definito Netanyahu un “cacasotto” (“chickenshit”, in inglese).