Tremonti bond e pagamenti entro 30 giorni

In questa puntata di fact-checking ci occuperemo di dire una parola chiara e definitiva sulla differenza tra Tremonti e Monti bond e chiariremo la questione dei pagamenti entro 30 giorni da parte della pubblica amministrazione. Tutti argomenti che sono stati affrontati nella puntata di Piazza Pulita di lunedì e in quella di Ballarò di ieri sera.

Nella puntata di Piazza Pulita di lunedì c’è stata un piccola discussione tra Corrado Formigli e Gianfranco Fini. Formigli ha sostenuto che si siano perse le tracce della promessa del ministro per lo sviluppo economico, Corrado Passera, di obbligare le amministrazioni a pagare i propri fornitori entro 30 giorni. In realtà le tracce non si sono perse affatto: è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2012.

Dal primo gennaio le amministrazioni pubbliche dovranno pagare le nuove fatture entro 30 giorni o in casi straordinari entro 60 giorni oppure vedersi caricare interessi molto alti. Dalla Commissione europea sono arrivate alcune critiche sulla possibilità di prorogare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni fino a 60 giorni e su altri aspetti minori della legge. Sono, ovviamente, legittimi i dubbi su quanto sarà rispettato il decreto, ma è sbagliato sostenere che “se ne sia perso traccia”.

Per chi non lo sapesse, i Tremonti e i Monti bond sono degli strumenti finanziari particolari emessi dalle banche e acquistati dal governo. I Tremonti bond furono emessi nel 2009 da 4 istituti bancari. I Monti bond hanno regole differenti e saranno emananti soltanto dal Monte dei Paschi di Siena per un importo probabilmente di 3,9 miliardi di euro, di cui 2 sono un rinnovo di vecchi Monti bond (qui trovate un rapido riassunto della vicenda MPS). Nella puntata di Ballarò Pierferdinando Casini e Giorgia Meloni hanno discusso, in sostanza, su quale dei due bond fosse meglio – sbagliando entrambi su alcuni punti.

Secondo Meloni i vecchi Tremonti Bond facevano parte di “un piano europeo”, erano stati fatti sotto “la supervisione della Commissione Europea” e contenevano chiare indicazioni perché il denaro prestato dallo stato venisse a sua volta prestato dalle banche alle imprese e alle famiglie. Si tratta di una ricostruzione sbagliata che gira molto negli ultimi giorni ed è stata ripetuta spesso anche dal ex-ministro Giulio Tremonti.

Partiamo dal primo errore. Nella ricostruzione di Meloni e Tremonti i Tremonti Bond erano una parte di un piano europeo più ampio e quindi in qualche modo più legittimo, mentre, si sottintende, i bond di Monti sono un’iniziativa priva di altrettanta copertura da parte dell’Europea. Di tracce di un piano Europeo che includesse i Tremonti bond non ne abbiamo trovate: probabilmente Meloni e Tremonti si riferiscono alle regole introdotte dalla Commissione europea per permettere gli aiuti di stato alle banche in crisi di cui avevamo parlato qui. Queste regole, ovviamente, tutelano i Monti bond come i Tremonti bond e come qualunque altro aiuto di stato approvato dalla Commissione europea – in realtà se un aiuto di stato è approvato non si chiama più aiuto di stato, ma questa è un’altra storia.

Comunque, ecco alcuni titoli di giornali dell’epoca in cui furono approvati i Tremonti bond: “Tremonti-bond al vaglio dell’UE“, “Tremonti-bond, al via manca solo l’ok di Bruxelles” e “Via libera UE ai Tremonti Bond“. Come potete leggere, negli articoli si parla della Commissione europea, e in particolare del Commissario alla concorrenza, che all’epoca dovette “approvare” i Tremonti bond in modo esattamente identico a come ha approvato i Monti bond.

Niente binario speciale europeo per i Tremonti bond, quindi. Ma è anche ingiusta la critica mossa da Casini a Meloni. Casini ha sostenuto che Monti è stato costretto a cambiare la forma di quei 2 miliardi di Tremonti bond che MPS ha ancora in pancia – trasformandoli in Monti bond – per via di una critica della Commissione ai vecchi bond. Si tratta in realtà, di una modifica al regolamento per gli aiuti di stato alle banche in crisi approvata nel gennaio 2012. Come potete vedere sopra, i Tremonti bond quando furono emessi erano perfettamente in linea con i regolamenti europei vigenti all’ora.

Sul rigore, più in generale, dei due prestiti nei confronti delle banche, la questione è molto chiara. I Tremonti bond avevano un’interesse minore rispetto ai Monti bond, prevedevano che se la banca non distribuiva utili in un dato anno, gli interessi sarebbero andato persi (clausola che il Monte dei Paschi ha sfruttato nel 2001). Inoltre i Tremonti bond erano, in sostanza, rinnovabili praticamente in eterno e potevano essere convertiti in azioni soltanto su richiesta della banca. I Monti bond, come abbiamo detto, hanno un tasso di interesse più alto che aumenta col passare del tempo fino a diventare un tasso quasi da usura. Nel caso la banca in un anno non distribuisca utili è costretta a pagare in azioni. Anche se alla scadenza i bond non vengono rimborsati, il loro valore viene cambiato in azioni della banca stessa, con o senza il suo consenso.

Passiamo ora alla clausola secondo cui la banca che emetteva Tremonti bond avrebbe dovuto prestare alle imprese i soldi a sua volta ricevuti in prestito. Di questo “obbligo”, si trova traccia nella legge 02/2009, articolo 12, in cui si dice che per accedere ai Tremonti bond le banche devono sottoscrivere il protocollo d’intesa che trovate qui. La parte che ci interessa è a pagina 4: come potete leggere voi stessi si tratta di indicazioni di massima, generiche e limitati da molti “se” e “ma”. Tutto fuorché un obbligo: più che altro una foglia di fico che permette ora a Meloni e Tremonti di dire che i Tremonti bond erano destinati alle imprese. Rivolgiamo a Floris i nostri più sentiti complimenti per averlo fatto notare in diretta.

Per coloro a cui piacciono i dettagli tecnici, aggiungiamo che aldilà del protocollo d’intesa e delle circonlocuzioni bizantine con le quali fu scritto, c’è anche un altro motivo per cui i Tremonti bond non si sono moltiplicati in decine di prestiti alle imprese – si tratta di un tema che si ricollega anche al LTRO, il famoso prestito all’1% erogato dalla BCE alle banche europee. Prestare soldi alle imprese e alle famiglie, sopratutto in un periodo di crisi quando non è chiaro come andrà l’economia in futuro, è un attività rischiosa – come tra l’altro ha dimostrato il servizio di Ballarò in cui si parlava dell’aumento delle sofferenze, cioè dei prestiti erogati dalle banche che non vengono restituiti.

Tremonti bond, Monti bond e prestiti della BCE sono serviti, in poche parole, a sistemare, a dare una rassettata, ai bilanci di banche che si erano esposte troppo. Risulta piuttosto evidente che se una banca hai dei bilanci pericolanti – cioè, ci sono dei dubbi sul fatto che tutti i vari crediti che vanto mi saranno restituiti – non sarà possibile per quella banca, una volta ricevuto denaro in prestito, utilizzarlo nuovamente per fare altri prestiti rischiosi. Questo meccanismo è stato spiegato in modo molto chiaro – e a proposito del LTRO – dall’economista Lucrezia Reichlin in una puntata di Piazza Pulita di qualche mese fa (trovate il suo intervento al minuto 1:05).

Pierferdinando Casini ha sostenuto che l’Italia sia il paese con i salari più bassi d’Europa. Si è trattato probabilmente di un caso di enfasi retorica. L’Italia ha retribuzioni lorde medie inferiori alle solite Germania, Francia, Regno Unito e paesi scandinavi. Ma in Europa ci sono anche Cipro, il Portogallo, la Grecia, l’Ungheria e tanti altri paesi dove le retribuzioni lorde sono significativamente inferiori a quelle italiane (per chi fosse interessato, qui potete trovare la pagina di Eurostat su questo tema).

Al posto della solita nota leggera, concludiamo con un e-mail che ci è stata inviata da Ernesto Preatoni, imprenditore ospite della puntata di Piazza Pulita di qualche settimana fa.

Egregio signor De Luca,
ho letto con una certa sorpresa il Suo commento al mio intervento a “Piazza Pulita” di lunedi 21 gennaio u.s. Dico con sorpresa poiché prima di scrivere non di opinioni, ma di numeri bisognerebbe avere la modestia di verificarli a fondo. Nel mio intervento, infatti, ho ben specificato che i conti devono essere fatti relativamente alla lunghezza del periodo in cui si è governato.
Le invio una serie di documenti da cui si evince chiaramente che il governo Berlusconi (pre Monti) è stato in carica dal 8 maggio 2008 al 16 novembre 2011. Il debito è passato da 106 a 120, quindi 14 punti. Se dividiamo i 14 punti per il numero di giorni di governo che sono stati 1283 abbiamo un aumento giornaliero di 0,010 del rapporto debito/PIL.
Facendo lo stesso calcolo per Monti che di fatto è al governo da 365 giorni (tenga presente che questi conteggi sono relativi ai dati di fine novembre 2012) e che con lui il debito è cresciuto di 6 punti, l’incremento giornaliero è di 0,016 del rapporto debito/PIL.
In questo senso sarebbe peggiorativo, vorrebbe dire che rapportato agli stessi giorni di governo fatti dall’ultimo Berlusconi il rapporto debito PIL aumenterebbe di 20,5 punti (0,016×1283), ben superiore quindi ai 14 punti del governo Berlusconi.
Mi auguro di veder pubblicata questa mia senza commenti che ne distornino il significato, poiché di numeri e non di opinioni stiamo parlando.
Con i migliori saluti
Ernesto Preatoni

Riassumendo: noi avevamo sostenuto che fosse falso che il governo Monti aveva accumulato più debito del governo Berlusconi. In realtà Preatoni intendeva dire che, in rapporto al numero di giorni trascorsi al governo, Monti ha fatto più debito di Berlusconi – in rapporto al PIL (+0,10% al giorno contro +0,16%). D’altro canto, facendo invece un conto simile, cioè ponderando la diversa durate dei due governi, ma tenendo conto invece che del debito in rapporto al PIL del debito in totale, risulta che a fare più debito “al giorno” è stato il governo Berlusconi.

A parte questo, noi come altri spettatori, non avevamo compreso che Preatoni intendesse fare un calcolo di questo genere. Complici probabilmente i tempi della televisione, quello che avevamo compreso era che, secondo Preatoni, in termini assoluti e relativi al PIL, il governo Berlusconi aveva fatto meno debito di quello di Monti. Non era questo che Preatoni intendeva. Ne prendiamo atto e siamo felici di offrire il nostro spazio alla sua correzione. La sua attenzione nei nostri confronti è un segno di interesse alle cifre e ai dati esatti che non può che farci molto piacere.

Davide De Luca

Giornalista. Ho scritto per l’Arena di Verona e per l’Agence Europe di Bruxelles. Ho collaborato ad alcuni libri d’inchiesta su CL e la finanza cattolica. Mi piacciono i numeri e l’economia e cerco di spiegarli in modo semplice. Su Twitter sono @DM_Deluca