Lettera ad AGCOM (con una richiesta)

Chiar.mo Prof. Cardani,

Le scrivo a pochi giorni dall’entrata in vigore del regolamento AGCOM a tutela del Diritto d’Autore in rete per farLe una specifica richiesta. Vorrei che Lei si impegnasse, a nome di AGCOM, a rispettare con grande rigore gli obblighi di trasparenza che sono imposti alla funzione amministrativa di garanzia che è affidata alla sua Autorità.

Vede Prof. Cardani, è proprio grazie alle reti di comunicazione elettronica su cui AGCOM deve vigilare che, come cittadini, ci siamo abituati ad un ampio potere di controllo e verifica. Persino i legislatori, quelli nostrani e quelli europei, hanno negli ultimi anni imposto rigorose regole di trasparenza a chi deve amministrare pubbliche funzioni. E l’esigenza di trasparenza è ovviamente  tanto più essenziale quanto più ampio è il potere discrezionale esercitato. Le Autorità amministrative indipendenti come AGCOM, proprio perché “indipendenti”, sono oggetto di particolari attenzioni sul punto (c’è addirittura una specifica direttiva) e la trasparenza e la pubblicità del loro operato è elemento essenziale di legittimità della loro azione. Nelle cose di internet è un’esigenza, se possibile, ancor più sentita. Quando l’Autorità da Lei presieduta rassicura che userà i propri poteri con “grande buon senso” e solo per i casi di violazioni “massive”, attestata ufficialmente l’ampia discrezionalità che AGCOM si è (auto) assegnata, rimettendo al buon senso i limiti degli interventi. Per valutare il buon senso, Lei concorderà con me, l’unico metro di giudizio può esser solo la verifica della concreta attuazione del regolamento. E l’efficacia di questa verifica sarà direttamente proporzionale al grado di trasparenza dell’operato dell’Autorità. Purtroppo nel Suo regolamento, e per la verità anche nel travagliato iter che ha portato all’approvazione (conosciamo i significativi rilievi e le richieste di chiarimento inviate dalla Commissione Europea solo grazie ad un blog inglese ), questo fondamentale aspetto pare esser stato totalmente dimenticato.

Non è infatti previsto un registro pubblico delle richieste di rimozione, né un archivio delle inibitorie emesse a carico dei fornitori di servizi intermediari; neppure è previsto un elenco pubblico dei siti e dei contenuti rimossi. Sembrerebbe, ma non credo possa esser così, che da oggi pezzi del web siano destinati a sparire da internet senza che vi sia un obbligo a carico dell’Autorità ed a carico dei fornitori di accesso o di hosting di render pubblico e costantemente aggiornato tanto l’elenco delle richieste di rimozione quanto a maggior ragione i provvedimenti (volontari o imposti) di filtraggio e blocco. Nel sito che con maestria avete predisposto a favore esclusivamente dei titolari dei diritti (ove non è possibile neppure scaricare un facsimile completo dei moduli di richiesta di rimozione) non è dato trovare alcuna sezione relativa alle istanze presentate, ai loro proponenti, alle richieste di rimozione inoltrate “ai fornitori di servizi all’uopo individuati” (così si esprime il regolamento!) ed ai provvedimenti adottati. Nulla. Eppure sono dati fondamentali. E debbono esser dati pubblici e aperti. Sul punto son certo Ella concorderà; anche perché sapere esattamente ciò che è stato rimosso, su richiesta di chi e per quali motivi risponde certamente a quei fini educativi che tanto Le stanno a cuore e che nel regolamento sono un po’ sacrificati. E’ importante che gli utenti sappiano e imparino ciò che possono o non possono condividere. Ed è importante per tutti sapere chi e per quali ragioni ritiene leso un proprio diritto esclusivo. Se tutto viene fatto nei segreti algoritmi della mirabolante piattaforma predisposta dalla Fondazione Bordoni, cessa buona parte dell’utilità dell’operazione. Cessa il fine educativo ma soprattutto diviene impossibile capire quanto “buon senso” abbia adottato l’Autorità nel difficile bilanciamento di diversi diritti fondamentali contrapposti.

Nella prima lettera di osservazioni della Commissione Europea alla bozza di regolamento, nel lontano 2011, il vicepresidente della Commissione, Neelie Kroes, vi chiedeva se fosse previsto un obbligo a carico degli ISP di tenere un archivio delle notifiche e dei provvedimenti adottati, nonché in generale se vi fosse un obbligo specifico di trasparenza in relazione alle misure assunte a seguito di richieste di rimozione. La Kroes concludeva un paragrafo dell’impietosa missiva con una domanda:

“L’Autorità garantirà trasparenza nei casi ad essa riferiti ed in relazione alle misure da essa adottate?”

La domanda è attuale, e purtroppo, per quanto a noi cittadini noto, non ha ricevuto risposta alcuna. Sono certo che Ella condivida le ragioni di questa richiesta di trasparenza e che presto sul sito ddaonline.it comparirà una apposita sezione di dati in formato aperto, relativi alle richieste di rimozione, agli esiti di tali richieste ed ai provvedimenti di blocco adottati ed attuati dai vari fornitori di servizi intermediari.

Con Osservanza

Carlo Blengino

Avvocato penalista, affronta nelle aule giudiziarie il diritto delle nuove tecnologie, le questioni di copyright e di data protection. È fellow del NEXA Center for Internet & Society del Politecnico di Torino. @CBlengio su Twitter