Una risposta ad Avvenire

Sul Post abbiamo raccontato molto il dibattito seguito alla pubblicazione di un articolo sull’infanticidio su una rivista scientifica (trovate tutto qui). Negli articoli abbiamo sottolineato come le prime reazioni critiche sui siti internet e su un editoriale di Avvenire mostrassero (e in alcuni casi dichiarassero) di non aver letto l’articolo, ma solo il suo “abstract”, il riassuntino pubblicato sul sito della rivista (l’articolo non era online se non a pagamento: poi è stato reso accessibile visto che tutti ne parlavano senza averlo letto). Che anche l’editorialista di Avvenire avesse letto solo l’abstract è una cosa che sta naturalmente solo nella sua testa, ma di cui ho una ragionevole certezza, tanto che poi citai la cosa nella mia rubrica “Notizie che non lo erano” sulla Gazzetta dello Sport.

Oggi scopro con ritardo che una successiva rubrica su Avvenire firmata Gianni Gennari mi critica, con ambizioni di sarcasmo, per quello che ho scritto. Le cose che mi contesta sono due: una è che io abbia sbagliato la nazionalità della rivista. Ed è vero, distrazione stupida mia, visto che già sul Post scrivemmo che è britannica e non americana e lo sapevo benissimo. Ma in ogni caso è britannica – con sede a Londra – e non australiana come sostiene il mio censore (insegna invece in Australia una dei due autori). La seconda è che io sbaglierei a negare che l’articolo criticato “avallasse l’infanticidio”. Potrei rispondere che io non l’ho negato, e vincerei facile. Ma se ne vogliamo parlare, questa continua a essere comunque ai miei occhi una lettura sbagliata e terroristica, come anche la citazione usata da Gennari dimostra: quell’articolo sostiene che le ragioni che accettiamo per l’aborto sono teoricamente valide anche per l’infanticidio, di conseguenza ponendo la questione di questa incoerenza. Sul distinguere una riflessione scientifico-etica da una proposta di legge, lo ha spiegato anche il direttore della rivista rispondendo agli attacchi, ci dovrebbe essere maggiore attenzione. Che l’articolo sostenga che quindi dobbiamo tollerare l’infanticidio è solo negli occhi di chi legge. Non posso poi pensare che sia solo per sbadataggine che Gennari forzi la traduzione saldando due passaggi distanti del testo e trascurando una serie di “se” tipici dell’ipotesi scientifica .

Therefore, we claim that killing a newborn could be ethically permissible in all the circumstances where abortion would be. Such circumstances include cases where the newborn has the potential to have an (at least) acceptable life, but the well-being of the family is at risk.

If criteria such as the costs (social, psychological, economic) for the potential parents are good enough reasons for having an abortion even when the fetus is healthy, if the moral status of the newborn is the same as that of the infant and if neither has any moral value by virtue of being a potential person, then the same reasons which justify abortion should also justify the killing of the potential person when it is at the stage of a newborn.

Citazione riportata da Avvenire:

Noi affermiamo che l’uccisione di un neonato potrebbe essere eticamente ammissibile. Le stesse ragioni che giustificano l’aborto dovrebbero anche giustificare l’uccisione di una persona quando è allo stadio di un neonato.

Ma infine e soprattutto, Gennari preferisce esercitarsi in salaci battute su asini e ippica, piuttosto che ribattere all’unica contestazione della mia breve rubrica, che si occupa di giornalismo e non di bioetica: ovvero che il primo editoriale di Avvenire fosse stato scritto a partire solo dalla lettura dell’abstract. Continuo, alla luce della rilettura di come quell’editoriale esponeva il tema e dell’abstract originale (citati rispettivamente qui sotto), a esserne serenamente convinto.

​L’aborto è largamente accettato per ragioni che nulla hanno a che fare con la salute del feto. Al pari del feto, il neonato non ha lo status morale di una reale persona umana. Anche il fatto che feto e neonato indiscutibilmente siano da considerarsi potenzialmente persone umane, è irrilevante dal punto di vista etico. Non sempre l’adozione è nel miglior interesse di una persona. Pertanto l’aborto dopo la nascita (cioè l’infanticidio, ossia l’uccisione di un neonato) dovrebbe essere permesso in tutti i casi in cui è permesso l’aborto, inclusi i casi in cui il neonato non è portatore di disabilità.

Abortion is largely accepted even for reasons that do not have anything to do with the fetus’ health. By showing that (1) both fetuses and newborns do not have the same moral status as actual persons, (2) the fact that both are potential persons is morally irrelevant and (3) adoption is not always in the best interest of actual people, the authors argue that what we call ‘after-birth abortion’ (killing a newborn) should be permissible in all the cases where abortion is, including cases where the newborn is not disabled.


Vedi anche:

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).