Sa-shi-su-se-so*

Pensi alla “cucina giapponese” e si affollano in testa ciotoline con salsa di soia e barchette di sushi, nighiri e sashimi, piatti prelibati che nel tempo hanno perso un po’ del fascino degli inizi – Poporoya, il primo sushibar di Milano, è del 1977 – logorandosi in all-you-can-eat, nippobrasiliani e trattorie fusion cinesi e thailandesi. Non che manchino i ristoranti con pesce crudo d’alto livello ma l’attrattiva di questa cucina sta migrando su piatti e ingredienti nuovi, meno familiari a noi occidentali ma consumati abitualmente alle tavole giapponesi.

In molte città italiane il ramen (i tagliolini di frumento arrivati dalla Cina e serviti solitamente in brodo di carne, pesce o verdure) è diventato di moda, mentre stanno aprendo un po’ ovunque trattorie familiari e ristoranti tradizionali. Per restare a Milano, il raffinato Nozomi prepara ramen, bento (l’equivalente della nostra schiscetta) e piatti tipici come lo shabu shabu, ovvero l’hot pot cinese, dove i commensali cuociono insieme carne e verdure in una pentola al centro della tavola; Sumire offre un abbordabile menu-pranzo con udon (spaghetti di grano duro in brodo), don bury (riso ricoperto di pesce) e curry alla giapponese; e dalla Gastronomia Yamamoto si trova la cucina nipponica tradizionale, la cosiddetta washoku, come la si mangia nelle case e nelle trattorie, a base di riso e zuppa di miso accompagnati da contorni stagionali, come la zucca,  il daikon e tanti tipi di alghe. Sempre a Milano ha un certo successo Maido, un’economica catena di street food con onighiri (triangolini di riso ripieni) e okonomiyaki, a metà strada tra frittata e pancake salato, impastato con uova, frumento, striscioline di verza e l’eventuale aggiunta di carne o pesce.

Questi piatti poco conosciuti sono il cuore di un librone che uscirà il 25 settembre per L’ippocampo, intitolato Giappone – Il ricettario, facile da ricordare, con fotografie stupende da sfogliare e ricette spiegate in modo quasi rassicurante.

È curato da Nancy Singleton Hachisu, uno dei punti di riferimento della cucina giapponese in Europa e Stati Uniti: di origine californiana, vive da vent’anni in una fattoria in Giappone con la sua famiglia, ha scritto tre ricettari e collaborato con le migliori riviste gastronomiche, come Food & Wine, Saveur, The Art of Eating e Lucky Peach.

Nabe con miso di granchio
(Giappone – Il ricettario)

Singleton Hachisu ha fatto un enorme lavoro di ricerca per ripescare 400 ricette tradizionali risalenti agli anni Settanta e Ottanta, un periodo d’oro della cucina giapponese. Sono spulciate da ricettari dell’epoca prediligendo quelli della monaca zen Harumi Kawaguchi, specializzata in cibo vegetariano buddhista, e da Teiko Watanabe, autrice di libri di cucina ora 80enne. Le ricette sono suddivise in 15 capitoli, uno per portata: gli antipasti, le zuppe, le marinature, la cottura al vapore, saltata, fritta o alla griglia, gli spiedini, gli innumerevoli tipi di spaghetti – il cibo più amato e consumato – i piatti unici e i dessert. E accompagnate da un breve compendio di storia della cucina giapponese, da un glossario e da una raccolta coi piatti di grandi chef giapponesi contemporanei.

Tempura di verdure estive
(Giappone – Il ricettario)

Le immagini di verdurine brillanti di salsa si miso, zuppe granulose e spiedini yakitori di perfette proporzioni vi faranno vergognare dei vostri bocconcini di pollo spadellati con salsa teriyaki, dei germogli di soia dispersi nelle insalatine e degli edamame salati al posto delle arachidi tostate. Ma vi daranno anche il coraggio, a patto di trovare gli ingredienti e con un po’ di esercizio, di servire germogli di felce con salsa al tofu, zuppa del “cane procione” e crocchette di loto fritte. Potrete compiacervi di sbacchettare con naturalezza citando le influenze della cucina coreana e portoghese in quella nipponica, guardando con sufficienza chi ancora non ha imparato a immergere il sashimi dalla parte giusta. Mentre aspettate che il ricettario arrivi in libreria potete esercitarvi con due sue ricette, che trovate qui sotto: l’okonomiyaki e i dolcetti mochi.

*È la sigla che indica i condimenti fondamentali della cucina giapponese: sa per sato, zucchero; shi per shio, sale; su come aceto; se per seu, la soia; e so per miso.

 

GOHEI MOCHI (五平餅)
Preparazione: 30 minuti, più 30 minuti di ammollo
Cottura: 20 minuti
Per 5 spiedini (3 sfere ciascuno)
• 5 cucchiai di semi di sesamo giallo • 1 cucchiaio di mirin
• 3 cucchiai di miso di riso integrale • 415 g di Riso giapponese (p. 291)

A Takayama, popolare località montagnosa nella prefettura di Gifu, le strade profumano dell’aroma del gohei mochi alla brace. Se ci riuscite, cercate di cuocerli sul barbecue e non sotto il grill del forno. Si tratta di uno snack salato e cremoso, ottimo caldo con il tè del pomeriggio.

Immergete 5 piccoli spiedini di bambù nell’acqua per 30 minuti. Tostate i semi di sesamo in un pentolino asciutto a fuoco moderato per 30 secondi, nché non sprigionano il loro aroma, inclinando la padella per evitare che si attacchino al fondo. Trasferiteli in un suribachi [ciotola macinino] o in un macinaspezie e riduceteli a una pasta. Unite il mirin e il miso, amalgamate e mettete da parte. Pulite il surikogi [pestello] usato per pestare i semi di sesamo e lavatelo. Trasferite il riso in una ciotola capiente e pestatelo con il surikogi no a ottenere una massa appiccicosa, in cui dovrebbero essere ancora distinguibili i chicchi.

Preparate una ciotolina di acqua sul piano di lavoro e inumidite i palmi e le dita. Dividete la pasta in 3 parti uguali. Lavorando con una parte alla volta, formate 5 sfere (immergendo le mani nell’acqua, al bisogno, per evitare che il riso si appiccichi alle dita). Otterrete 15 sfere da infilzare sugli spiedini, 3 ciascuno. Accendete la carbonella in un barbecue esterno e aspettate la formazione delle braci. (Oppure sistemate la griglia del forno a 10 cm dal grill e preriscaldatelo.) Grigliate gli spiedini per 6 minuti, finché non sono ben dorati. Spalmate la pasta di miso attorno a ogni sfera e cuocetele per altri 30 secondi, su tutta la superficie.

OKONOMIYAKI (お好み焼き)
Preparazione: 20 minuti
Cottura: 25 minuti Per 2 frittelle grandi
• 300 g di cotolette di maiale, dello spessore di 3 cm
• 1 cucchiaino di sale marino in scaglie • 2 cucchiai di salsa Worcestershire
• 2 cucchiai di ketchup
• 200 g di farina per udon o farina 00 • 300 g di cavolo verza,
tagliato a striscioline
• 1 negi medio o 3 cipollotti, tritati finemente
• 4 cucchiai di sakura ebi [gamberetti essiccati]
• 4 uova, a temperatura ambiente
• 2 cucchiai di olio di colza
• 1 cucchiaio di aonori [nori verde in polvere]
• 2 cucchiai di beni sho ̄ ga [zenzero rosso sott’aceto], tagliato a julienne sottile
• 2 manciate di katsuobushi o hanakatsuo, grattugiato al momento • 2 cucchiai di Maionese giapponese

Esistono miriadi di varianti di queste frittelle superfarcite, le più popolari sono quelle delle zone attorno a Osaka e Hiroshima. Potete servirle in un pranzo informale in famiglia oppure lasciare che i vostri commensali si preparino la propria su un fornello portatile. Potete tralasciare o sostituire il maiale o i gamberetti essiccati.

Cospargete la carne con 1⁄2 cucchiaino di sale. In una padella piccola a fondo pesante, tenete sollevate le cotolette reggendole con un paio di pinze, e scottatele a fuoco alto per 30 secondi, per scioglierlo. Quindi adagiatele e cuocetele per altri 30 secondi, su entrambi i lati. Trasferitele su un tagliere e lasciatele riposare per 5 minuti, quindi tagliatele a “bastoncini”. In una ciotolina unite la salsa Worcestershire con il ketchup. In una terrina unite la farina e il sale rimasto. Incorporate il maiale, il cavolo, il negi, i gamberetti e le uova con un paio di saibashi [bacchette da cucina]. Versate lentamente 125 ml di acqua e mescolate fino a ottenere una pastella liquida ricca e corposa. Scaldate 2 padelle capienti a fuoco medio-basso. Quando riuscite a percepire il calore che sale dal fondo, aggiungete 1 cucchiaio di olio di colza in ciascuna. Versate un mestolo di pastella in ogni padella, muovendole per distribuirla in modo uniforme. Coprite e cuocete finché i bordi non si sono leggermente asciugati e le frittelle sono ben dorate nella parte inferiore, ci vorranno circa 8 minuti. Di tanto in tanto, asciugate le gocce di vapore che si formano all’interno del coperchio.
Appoggiate un piatto da portata sopra una padella e con due presine, o guanti da forno, giratela sottosopra, quindi fate scivolare di nuovo la frittella nella padella. Cuocete a fuoco moderato per altri 4 minuti, finché non è ben cotta anche su questo lato. Ripetete l’operazione con la seconda frittella.

Trasferite gli okonomiyaki in due piatti puliti, cospargeteli con il composto di Worcestershire (invece della salsa okonomiyaki), guarnite con 1⁄2 cucchiaio di aonori, 1 di beni sho ̄ ga e una manciata di katsuobushi. Decorate le frittelle con la maionese giapponese, se la usate, formando un motivo a griglia o a onde. Tagliatele a fette e servitele molto calde.

Arianna Cavallo

Libri, moda, fotografia, ma soprattutto Cit. Editor al Post. Twitter: @ariannacavallo