Penso che

Penso, da molto tempo, che il centrodestra abbia perso il contatto con la realtà. Penso che abbia perso il senso del fatidico Paese reale. Penso che politici e giornalisti di centrodestra (ormai accomunabili, visto che in tv invitano indistintamente gli uni o gli altri) molto spesso non abbiano idea di quella «gente» di cui descrivono continuamente i desideri e le aspirazioni, e penso che non ne abbiano idea perché vivono separati, infusi soltanto di sondaggi – che non di rado registrano solo gli umori di un momento – o perché sono cristallizzati su un’idea della «gente» che è sempre quella, identica a com’era dieci o vent’anni fa, sempre un po’ beona e polarizzata su soldi e sicurezza e tasse eccetera. Penso che politici e giornalisti siano spesso semplicemente invecchiati, perché la vita si allunga, è vero, ma il ritardo culturale arriva prima, perché il mondo si trasforma più in fretta. Penso che il declino e la marginalità della libera stampa di certo non aiutino, e ancora meno aiuta quel disgraziatissimo sistema elettivo che ha riempito il Parlamento e le regioni e i comuni di gente mediocre, servi, spingitori di bottoni per non dir di peggio. Non esiste più nessun diaframma tra la politica e la gente: non i partiti, le sezioni, i congressi veri, non i centri sociali o culturali: esiste soltanto la televisione, ergo le infinite discussioni su quanto le varie trasmissioni possano o meno orientare l’elettorato: un dilemma che dopo lustri, in realtà, non abbiamo ancora risolto. Ecco perché non è il caso, ora, di scimmiottare i peggiori vizi della sinistra nel dare la colpa alla tv o all’informazione.

Molti di coloro che snocciolano soluzioni per indurre Silvio Berlusconi a salvarsi (da se stesso, visto che Berlusconi ha sempre deciso tutto da solo) non solo non hanno proferito verbo mentre il caro leader commetteva tutti gli errori che gli addebitano (dalla scelta dei candidati alle tonalità della campagna elettorale) ma spesso, di questi errori, sono stati gli strumenti, i megafoni, i bracci armati. Mai un dubbio o una critica vera: l’accusa di essere disfattista, o peggio «finiano», era già pronta. Ecco perché non sta cambiando nulla, almeno per ora: gli opinionisti inguardabili e imbarazzanti, politici o giornalisti che siano, si stanno riaffacciando impuniti; dall’altissimo discendono soltanto sostanziali negazioni della realtà: è colpa della crisi mondiale, di Santoro, dei candidati deboli, dell’astensionismo. Ma la verità Berlusconi l’aveva ammessa quando aveva detto, poco tempo fa, che non capiva: perché ovunque andasse, lui, era sempre accolto con tutti gli onori: una frase che dava il senso di quella parte di Paese che gli stava sfuggendo. E se sfugge a lui, figurarsi ai suoi scherani.

Angelino Alfano è quanto di meglio sia disponibile su piazza, e lo dico con convinzione: ma il centrodestra ha bisogno di una rifondazione vera, e che nessuno, nel Pdl, può volere veramente: perché significa che se ne dovrebbero andare quasi tutti. Ecco perché ha ragione Giuliano Ferrara quando dice: c’è solo Berlusconi, deve cambiare lui e tutto il resto non serve. Anche perché, un congresso vero: chi ci crede? Questa idea delle primarie: come se avesse un senso farle con questo sistema elettorale, come se non fossero già abbastanza ridicole quelle della sinistra, quelle della finta elezione di Prodi o di Veltroni, quelle organizzate dal Pd – a Milano e a Napoli – che poi hanno sconfitto il Pd. Nel Pdl non accadrà mai niente del genere, siamo seri. Nel Pdl c’è Berlusconi, ogni vittoria è merito suo, ogni sconfitta anche. È lui a capire o a non capire questo Paese. C’è solo da sperare, essendo lui un genialoide, che alla sua età faccia in tempo oltretutto anche a capire che sì, è vero, «la media degli italiani è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco», ma neppure i ragazzi sono più quelli di una volta. Capire che tutto ha un peso, anche le cose che si pensa che non ne abbiano, come i cabaret al G8, le igieniste elette e pagate coi nostri soldi, gli opinionisti inguardabili, le convention col pubblico lobotomizzato, le cialtronate sui gay e sull’avversario ladro di macchine, le leggi gradite alla Chiesa ma non agli italiani, la cantilena sulla giustizia senza mai riformarla, la gente che si turava il naso e votava Dc – un tempo – ma oggi non si tura più niente e vota direttamente Pisapia. Capire, infine, che i servi sono utili e ossequenti, ma solo quando le cose vanno bene. E i servi nel centrodestra sono tanti. È ora di cominciare a distinguerli da chi non lo è.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera