Se esce di scena Sarkozy

Forse proprio in conseguenza della gestione che Sarkozy ha fatto del partito e del mandato presidenziale, oggi l’UMP si trova in una straordinaria crisi.

Le primarie per la presidenza del partito del 2012 si sono concluse con accuse reciproche di brogli tra i due contendenti, J. F. Copé e F. Fillon, una scissione dei gruppi e la balcanizzazione di un partito che è piuttosto una famiglia di movimenti e gruppi di varia natura ideologica.

Il paradosso evidente è che la crisi dell’UMP coincide proprio con il momento di massima debolezza del Partito Socialista, in perpetua ricerca di identità, e di una presidenza della repubblica, quella di Hollande, che sembra in stallo permanente.

Ma di fatto le varie componenti e personalità di centro-destra di questi anni si sono ostacolate a vicenda (peraltro seguendo una lunga tradizione). Copé, forse non il migliore dei candidati presidenziali possibili (ma certamente possibile primo ministro di un ipotetico presidente della repubblica dell’area UMP) era riuscito per pochissimi voti a mantenere la presidenza del partito, ma è stato coinvolto in gravi scandali legati alla sua gestione finanziaria e si è dimesso poche settimane fa. La sua carriera è finita.

Fillon, ex primo ministro di Sarkozy, dopo la sconfitta per la presidenza del partito e la scissione conseguente, pur avendo una sua corrente forte, sembra aver imboccato una malinconica perdita di peso e di appeal (oltre al fatto di non essere riuscito a rilanciare un suo programma per il futuro). Ha ancora qualche carta da giocare e una sua candidatura, c’è da scommetterci, farebbe la gioia di Hollande, ma a me pare un’ipotesi tramontata.

In tutto questo rimaneva il peso, anzi la forza di gravità, che Sarkozy esercitava su una parte di elettorato e sul sistema del suo partito. Si aspettava la sua candidatura alle presidenziali da un momento all’altro, tramite ririconquista della guida del partito, come i cavalli del Palio di Siena aspettano che cada il canapo per partire, ma lo stato di fermo di polizia di oggi (che certo non prelude a nulla di buono) potrebbe davvero azzopparlo definitivamente.

In una situazione del genere, non è del tutto peregrino pensare che il piano di Hollande per essere rieletto, così com’è filtrato e che ha una punta di surrealismo, possa avere una sua incredibile ragion d’essere. Hollande si è convinto che Marine Le Pen arriverà prima al primo turno delle presidenziali e che quindi la partita per lui si farà sul secondo posto al primo turno per andare al ballottaggio. Siccome Marine Le Pen non vincerà mai al ballottaggio, perché poi i francesi fanno convergere il loro voto sul candidato “antifascista” (loro direbbero che votano il candidato “repubblicano”), e non importa chi sia l’altro candidato, allora a Hollande basterebbe battere al primo turno il candidato del centro-destra. E con questa moria di candidature UMP il gioco potrebbe funzionare.

Ci sono solo due “dettagli”, a mio avviso, che possono inceppare il disegno hollandista. Il primo è dato dalla presenza ingombrante di Manuel Valls nel fronte socialista: siamo sicuri che eventuali miglioramenti della situazione francese non saranno piuttosto attribuiti a Valls e che questo non solletichi la fantasia e l’ambizione dell’attuale primo ministro?

Il secondo viene dall’UMP. A me pare ormai da almeno la fine del 2012 che l’unica personalità federatrice del partito, che ha evitato litigi, attacchi, che ha cercato mediazioni possibili e che miete successi elettorali (è stato rieletto sindaco di Bordeaux), in grado di costruire una propria candidatura d’emergenza, sia l’anziano ma vitale Alain Juppé.

Di certo non è stato molto fortunato come primo ministro di Chirac, ormai 20 anni fa. E i detrattori dicono di lui che ha una personalità troppo forte, un po’ sdegnosa e che ha assunto posizioni troppo dure da primo ministro. Di certo hanno ragione, ma non potrebbero essere queste per i francesi in crisi, dopo la presidenza sterilmente ipercinetica di Sarkozy e quella fin troppo “normale” di Hollande, le caratteristiche di un buon presidente?

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.