Le macchiette di Pisapia e Boeri

Nel suo pezzo sulla questione Boeri-Pisapia di oggi su Repubblica, Concita De Gregorio dice una cosa che in giro hanno trascurato in molti, nella tendenza generale a ricondurre tutto a semplificazioni, letteratura e letture superficiali. Pensare che sia banalmente una cosa di vanità e competizioni personali è infatti ingenuo e presuntuoso insieme: De Gregorio non si sottrae anche a quella lettura ma spiega giustamente che ci sono soprattutto questioni concrete su cui giunta e consiglio si sono divisi, e con Boeri distante e polemico sulle scelte del sindaco e della maggioranza. Quelle principali sono almeno due, la gestione di Expo e la vendita delle società Serravalle e Sea.

E dal rapporto con Formigoni, in effetti, nasce la polemica che sottotraccia è venuta crescendo in questi mesi. Avuta la delega all’Expo, Stefano Boeri non ha mai smesso di ripetere che non si doveva e non si poteva sottoscrivere il progetto Moratti: per quanto non ci fosse tempo, per quanto le ragioni della convenienza dicessero contrario, per quanto potesse essere il prezzo da pagare per ottenere la vittoria elettorale e forse proprio per questo. Lo ha ripetuto fino a che in un’intervista a Radio Popolare lo ha detto chiaro: È stata regalata l’Expo a Formigoni. Cementificazione. Le aree verdi saranno un’elemosina.

Non è una questione da poco: significa dare per persa la possibilità che la “rivoluzione” milanese coinvolga anche l’Expo, e ritenere che debba invece privilegiare altro e risparmiare gli impegni. Significa scegliere che l’Expo proceda sui binari Morattiani e Formigoniani, con conseguenti gestioni degli appalti – eventualmente coinvolgendo di più anche enti costruttori più vicini al centrosinistra – e che questa scelta politica e diplomatica liberi risorse e impegni per maggiori possibilità di miglioramento della città su altri terreni. Può avere senso, come può avere senso la pretesa di Boeri – che è architetto e che il progetto Expo lo conosce – di combattere invece anche quella battaglia. Ma non è roba di antipatie e competizioni caratteriali: sono idee, progetti.

E su Serravalle Boeri non ha accettato che le procedure venissero semplificate e costruite per andare incontro all’unica offerta valida, raccolta con pragmatico favore da Bruno Tabacci. Forse con delle ragioni, forse il pragmatismo è giusto, data la situazione: ma forse non l’unica ipotesi possibile, che sceglie di sacrificare il valore di Sea per piazzare anche la svalutata Serravalle.

Su tutte queste cose, ha ragione Marco Belpoliti, non sono chiare le ragioni degli uni e degli altri e forse non ci sono ragioni esatte e torti esatti: le cose cono complesse e andrebbero spiegate meglio, discusse meglio, sia con la città che – evidentemente – tra gli assessori. Ma, appunto, le cose sono complesse, a volerle leggere: anche se pensarle macchiette è più facile, certo.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).