Le bellezze di Firenze

Oggi sono stato alla stazione di Firenze, entrando dal lato dei taxi, ma avevo cinque minuti e mi sono voluto affacciare su via Valfonda per vedere se avevano davvero buttato giù la pensilina di Toraldo di Francia. E wow, è una meraviglia: non ne è rimasto neanche un mattone, c’è tutta un’altra luce e un altro respiro, e insomma succedono cose buone.

Così di buonumore sono rientrato nella più bella stazione ferroviaria italiana e nel maggior capolavoro dell’architettura fascista e guardandomi intorno ho visto la vecchia sala d’attesa, dove non ho quasi mai messo piede, ma a volte sbirciavo affacciandomi i dettagli omogenei alle rifiniture di tutto il complesso: l’insegna, i rivestimenti di legno, le foto turistiche d’epoca in bianco e nero, l’orologio, le porte in vetro e ferro. Probabilmente non sbirciavo da parecchio, perché non avevo fatto caso che fosse diventata così.

Di che ti meravigli, direte voi? È esattamente il trattamento di squallida botteghizzazione (doppio insulto) che i fiorentini infliggono alla loro città e alle sue bellezze da decenni, che è traboccato fino dentro alla stazione dopo avere sistematicamente invaso tutto il centro. Dovevo aspettarmelo, direte voi. Ma mi ha ingannato quella boccata d’aria su via Valfonda, per un attimo.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).