La tv di una volta

Leggo ovunque in questi giorni che Michele Santoro infine andrà a lavorare a La7, e che le faticose e fallimentari trattative dell’anno passato sarebbero riprese più proficuamente e mancherebbe solo l’annuncio ufficiale. Si dice anche che si spartirebbe il giovedì con Corrado Formigli, una stagione l’uno e una stagione l’altro. Vedremo.
In ogni caso, è utile un consuntivo su questa stagione di “Servizio Pubblico”, non tanto sui contenuti – è un programma di Santoro, come i precedenti, col buono e cattivo – ma sull’invenzione di “tv fuori dalla tv” come era stata presentata a suo tempo. Invece, ora possiamo dirlo, quello che abbiamo visto è stato un programma televisivo fatto come un programma televisivo, trasmesso e visto in massima parte su reti televisive (Sky e diverse tv locali) e in parte minore su internet, che ne è stata solo canale di diffusione senza influire minimamente su formato e natura del programma. Tal quale com’era, poteva andare in onda su Rai Due e nessuno lo avrebbe trovato diverso da Annozero. Avrebbe solo fatto ascolti molto maggiori.
Diciamo insomma che tutto il battage e i commenti sul “nuovo modo di fare televisione” o sulla “rivoluzione” sono stati un po’ sopra le righe, o una buona strategia di comunicazione, ma ingannevole: un “nuovo modo di fare televisione” forse non esiste, ma se esiste non era questo.


Vedi anche:

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).