I’m Beck

Beck Hansen, è famoso come Beck. Mi perdonino i suoi numerosi e devoti fans se ne scrivo un paio di cose superflue, per i profani. Ma è un po’ di tempo che si manifesta poco, e nuove generazioni arrivano e le vecchie si dimenticano. Lui ha quasi 42 anni, è di Los Angeles, fa il musicista e il cantautore: e negli anni Novanta fu celebrato come uno dei più eclettici e creativi agitatori del rock. Fece un pezzo di grandissimo successo – “Loser” – e altre cose tirate e piene di suoni, bilanciandole con ballate di andamento psichedelico e ondoso (aggettivo indotto dal titolo del suo disco migliore di questo genere, “Sea change”). Poi da un po’ di anni si è fatto molto da parte, dedicandosi a produzioni di dischi altrui, collaborazioni e partecipazioni puntuali a colonne sonore (una delle sue cose più belle di sempre è la cover di “Everybody’s gotta learn sometimes” nel film “Eternal sunshine of the spotless mind”, quello di cui è proverbialmente imbarazzante il titolo italiano). Ora Beck, che non accenna a mettere insieme un disco nuovo dal 2008, ha infilato una canzone nuova nel film “Jeff, who lives at home”. Si chiama “Looking for a sign”, ed è bella, di quel genere lì ondoso. Ci si accontenta.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).