Il terzo degli America

All’università a Londra erano in tre, figli di militari americani di stanza in Inghilterra: il primo disco e la canzone più famosa – si chiamava “Un cavallo senza nome” – li incisero lì, poi se ne tornarono negli Stati Uniti, dove spopolarono ancora per un po’ per tutti gli anni Settanta. Furono la faccia un po’ melensa del rock ribelle degli anni Settanta, più pulitini degli altri e con un nome ambizioso e dissacrante insieme – “America”, scelto quando erano a Londra – ma di una la melensaggine che conosceva bravure. Poi uno di loro mollò e si convertì al cristianesimo e alla musica religiosa, e gli altri due trascinarono ancora qualche successo negli anni Ottanta con dischi piuttosto noiosi. Quell’uno si chiamava Dan Peek, ed è morto lo scorso 24 luglio a sessant’anni nella sua casa nel Missouri, mettendo così fine anche alle annose e mai interrotte richieste dei giornalisti su una possibile riunione del trio. E come si fa in questi casi, ho ritirato fuori i vecchi vinili degli America, comprati a tremila lire quando ero al liceo ed eravamo tutti un po’ melensi e un po’ ribelli e ci mettevamo le spillette, e ho ascoltato “A horse with no name” e “Sister Golden hair” (gli mp3, però), e mi sono chiesto se ci fossero riflessioni da fare e ho pensato che sì, ma tutte banali.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).