Il nemico della Cgil nell’Italia di Beppe Grillo

Non c’è dubbio che Susanna Camusso giri l’Italia e conosca la realtà del paese e del mondo del lavoro meglio di noi. Viene però l’atroce dubbio che la conosca ma non l’abbia granché capita.
Forse la lettura dell’ultimo post di Beppe Grillo potrebbe aiutarla. Vi si parla di «peste rossa», contenuta «in un farmaco miracoloso che promette lavoro, lavoro, lavoro». Gli untori sono il Pd e le cooperative, «i nuovi affaristi rossi venduti alle multinazionali, lupi travestiti da agnelli post comunisti», agenti di «una crescita spacciata per progresso» che avrebbe i suoi simboli alla Lucchini, alla Telecom, alla Sorgenia, all’Olivetti, all’Ilva, in Val di Susa, all’Expò.
Camusso dovrebbe mettere in fila questo delirio con le reiterata minaccia grillina di sciogliere i sindacati. Tenere conto che Grillo in campagna elettorale visiterà questi luoghi di lavoro. E infine informarsi, nel caso l’esperienza non l’abbia già soccorsa: su queste parole d’ordine, il M5S ha già raccolto e si appresta a raccogliere messe di voti di operai, ex operai, disoccupati e giovani non occupati.
Poi Camusso decida, se questo non è un problema suo. Se questa non è l’Italia vera, adesso. E se davvero il nemico principale – non solo dei sindacati ma addirittura della democrazia, come ha denunciato lei ieri in singolare coincidenza con chi avversa le riforme istituzionali e con gli editorialisti liberal del Corriere della Sera – siano Matteo Renzi, il suo governo, le riforme che propone e il metodo col quale cerca di farle passare.
Tutto questo perché nella sala Verde di palazzo Chigi non viene allestita la tradizionale tavolata dove le parti sociali si fronteggiano per decidere che è meglio non decidere, basta che ognuno mantenga il controllo sulle rispettive (sempre più ristrette) aree di consenso.
Nell’Italia vera, quella rimasta fuori dalla sala del congresso della Cgil, la scelta di oggi è tra il progetto autoritario esplicito di Beppe Grillo, che i corpi intermedi vuole semplicemente scioglierli, e il Pd di Renzi, che bruscamente cerca di scuoterli, di provocarli ad accettare una sfida a chi ha le proposte migliori e più convincenti agli occhi di lavoratori e non lavoratori.
Camusso che dà voti di democrazia sappia che altro oggi non c’è. Che questa è la scelta che, nel rispetto dell’autonomia, spetta anche a lei. A lei che non è una passante nella democrazia italiana bensì una piena corresponsabile della sua crisi e della sua possibilità di salvarsi.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.