Citazioni

L’abuso di citazioni presunte illustri – o meno – a sostegno di ragioni o argomenti vari è un bel tema dell’analisi del discorso contemporaneo, compreso (molto compreso) quello che si fa in rete. Siamo vittime di un ormai spontaneo modo di pensare che attribuisce alla citazione altrui un valore superiore, di per sé. Cose che potremmo dire efficacemente con parole nostre ci paiono più efficaci se riferite a parole altrui, magari più laconiche e meno chiare. Ha probabilmente a che fare ancora una volta con le nostre insicurezze e con l’idea che i nostri argomenti abbiano bisogno del conforto di altri per essere convincenti per i nostri ascoltatori (“vedi! Lo dice anche tizio!”), o anche con quella che esibire la citazione contenga un’esibizione di sapere (“vedi le cose che so?”) o comunque radichi in dibattiti più solidi e anziani le nostre osservazioni immature ed estemporanee.

E funziona, perché tutti quegli effetti sono ottenuti: nessuno, all’ascoltare di un efficace motto risponde “l’ha detto tizio? E sticazzi”. Nessuno risponde “era una fesseria anche quando la diceva Einstein”. Nessuno risponde “detta così, vuol dire qualunque cosa”. Nessuno risponde “ma a che proposito lo diceva, tizio?”, per paura di fare la figura dell’ignorante. Così la citazione è diventata grande veicolo di comunicazione, dalle promozioni pubblicitarie, alle fascette dei libri, alle magliette e ai magneti da frigo, ai lanci dei film che citano le parole di certi irrilevanti critici cinematografici, peraltro isolandole dal contesto. Per carità, la storia è piena di parole eccellenti (le citazioni quello sono: cose dette e scritte, e ne diciamo e scriviamo a miliardi ogni giorno, quindi figuratevi; parliamo del nostro sapere), ma appunto i meccanismi che ho accennato fanno prevalere il contenitore generico (“cosa già detta da qualcuno”) sul suo contenuto.

Ieri ne ha scritto un po’ Brian Morton sul New York Times, a proposito di come molte citazioni vengano tirate per la giacchetta e circolino fuori contesto e con origini incerte (Morton demolisce una sbilenca citazione attribuita falsamente a Mandela e di grande successo): e ha ripreso anche quella famosa e dispersa di Gandhi che ho ripreso anch’io in Un grande paese (a sua volta una specie di catino di citazioni, spero congrue al discorso, almeno) parlando dell’ingannevole efficacia dell’espressione “Sii te stesso”.

Cʼè una frase di solito attribuita a Gandhi – «Siate voi stessi il cambiamento che volete vedere nel mondo», che distruggerebbe efficacemente da sola la pigra incompletezza del “sii te stesso”, se venisse presa in considerazione non soltanto al momento dellʼacquisto della maglietta.

Spiega Morton:

Gandhi’s words have been tweaked a little too in recent years. Perhaps you’ve noticed a bumper sticker that purports to quote him: “Be the change you wish to see in the world.” When you first come across it, this does sound like something Gandhi would have said. But when you think about it a little, it starts to sound more like … a bumper sticker. Displayed brightly on the back of a Prius, it suggests that your responsibilities begin and end with your own behavior. It’s apolitical, and a little smug.
Sure enough, it turns out there is no reliable documentary evidence for the quotation. The closest verifiable remark we have from Gandhi is this: “If we could change ourselves, the tendencies in the world would also change. As a man changes his own nature, so does the attitude of the world change towards him. … We need not wait to see what others do.”
Here, Gandhi is telling us that personal and social transformation go hand in hand, but there is no suggestion in his words that personal transformation is enough. In fact, for Gandhi, the struggle to bring about a better world involved not only stringent self-denial and rigorous adherence to the philosophy of nonviolence; it also involved a steady awareness that one person, alone, can’t change anything, an awareness that unjust authority can be overturned only by great numbers of people working together with discipline and persistence.

Ovvero, spiega Morton, Gandhi ha detto sì quella cosa, ma senza l’accezione “esauriente”: non ha detto “siate voi stessi il cambiamento” e fregatevene del resto, ma “siate voi stessi il cambiamento perché questo cambia anche gli altri e dopo possiamo cambiare il mondo”. O almeno questo paese. L’ha detto Gandhi, vedi, vedi?


Vedi anche:

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).