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  • Mercoledì 31 dicembre 2025

Sono giorni di proteste in Iran

Per l'alta inflazione e la svalutazione della moneta: per ora il regime sembra voler dialogare con i manifestanti, a differenza dell'ultima volta

Manifestanti nel centro di Teheran, lunedì 29 dicembre (Fars News Agency via AP)
Manifestanti nel centro di Teheran, lunedì 29 dicembre (Fars News Agency via AP)
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Martedì è stato il terzo giorno consecutivo di proteste in Iran per le sempre peggiori condizioni economiche, che stanno causando un aumento dell’inflazione e il crollo del valore della moneta locale. Sono iniziate domenica nei mercati della capitale Teheran e sono arrivate martedì nelle università di molte città del paese. Ci sono stati limitati scontri con la polizia, ma il regime iraniano per ora ha mostrato di voler ascoltare i manifestanti: il presidente Masoud Pezeshkian ha invitato il ministro dell’Interno a considerare le loro «legittime richieste». L’ultima grande stagione di proteste, tra il 2022 e il 2023, fu repressa con violenza.

In Iran l’inflazione è vicina al 50 per cento su base annua e il dato che riguarda i prezzi del cibo è ancora più alto: 72 per cento. A inizio settimana la moneta locale, il rial, ha toccato nuovi minimi nei rapporti con il dollaro e ha perso il 40 per cento dallo scorso giugno. Nel 2022 un dollaro valeva 430mila rial, ora vale 1 milione e 450mila rial. Lo scarso valore della moneta ha fortemente limitato il potere d’acquisto degli iraniani, quasi azzerando gli acquisti di beni non di prima necessità nelle ultime settimane.

Banconote iraniane in un negozio di Teheran (EPA/ABEDIN TAHERKENAREH)

Domenica la protesta è iniziata quando i commercianti dei due maggiori mercati di prodotti tecnologici della zona Jomhouri di Teheran hanno chiuso i loro negozi e organizzato una manifestazione, replicata il giorno dopo dai commercianti del Grand Bazaar. Martedì le proteste hanno coinvolto sei dei maggiori campus universitari della capitale, ma ci sono state manifestazioni in una decina di altre città, fra cui Isfahan e Shiraz. Durante le proteste ci sono stati cori e canti per la libertà e contro il regime. Polizie e forze di sicurezza hanno risposto con idranti e gas lacrimogeni, ma gli scontri sono stati piuttosto limitati per gli standard iraniani.

Negozi chiusi al Grand Bazaar di Teheran (West Asia News Agency via REUTERS)

Nel corso degli anni il regime iraniano ha spesso represso con enorme violenza le proteste. Nei mesi fra il 2022 e il 2023 le manifestazioni furono innescate dalla morte di Mahsa Amini, donna di 22 anni che era stata arrestata per non aver indossato in modo corretto il velo. Al tempo le proteste crebbero fino a contestare la stessa legittimità del regime, che reagì con la forza: oltre 500 manifestanti furono uccisi, migliaia arrestati, sette condannati a morte per impiccagione.

– Leggi anche: In Iran la tentata rivoluzione si è trasformata in resistenza

Per ora la risposta è stata diversa. Il presidente riformista Pezeshkian (quindi appartenente alla componente più moderata del regime) ha detto di comprendere le ragioni dei manifestanti, di essere preoccupato di trovare un modo per rendere la vita quotidiana degli iraniani più semplice e di dover risolvere problemi «che si sono accumulati negli anni». Dall’inizio delle proteste si è dimesso il direttore della Banca centrale Mohammad Reza Farzin, ma difficilmente questo cambierà la situazione. A marzo in Iran entreranno in vigore nuove tasse, che porteranno la pressione fiscale al 62 per cento, mentre le monete d’oro, usate come bene rifugio per salvare i risparmi quando la moneta locale perde valore, hanno raggiunto il prezzo record di 1,7 miliardi di rial.

Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian il 25 settembre 2025 (AP Photo/Angelina Katsanis)

Vari esponenti del governo hanno incontrato i rappresentanti dei sindacati e delle Camere del commercio e hanno detto di voler coinvolgere anche i leader delle proteste studentesche nelle discussioni su come risolvere la crisi: non è chiaro come questo avverrà, perché i manifestanti non hanno leader ufficiali e perché questo tipo di dialogo è piuttosto inusuale in Iran. Il governo ha anche annunciato per mercoledì la chiusura delle università in 18 delle 31 province del paese: la misura è stata presa ufficialmente per risparmiare energia e riscaldamento, ma potrebbe anche essere un tentativo di fermare o limitare le proteste.

Oltre alla difficile situazione interna, l’Iran è al centro di forti pressioni internazionali: sei mesi dopo la guerra con Israele, durata 12 giorni, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente statunitense Donald Trump hanno minacciato nuovi interventi militari. La vendita del petrolio, una delle principali fonti di entrate, è limitata dalle sanzioni internazionali. Il paese è anche alle prese con una perdurante crisi energetica, causata dalla siccità: i bacini artificiali che alimentano le centrali idroelettriche sono spesso vuoti e le interruzioni della rete elettrica frequenti.