Non abbiamo sempre fatto il conto alla rovescia a Capodanno
A consolidare questa tradizione fu soprattutto la televisione, ma prima i “countdown” erano associati ad altro

Lo spettacolo pirotecnico di Capodanno a Londra, il 31 dicembre 2022 (Carl Court/Getty Images)
In una delle scene più citate di Fantozzi il maestro dell’orchestra del veglione di Capodanno organizzato dal ragionier Filini escogita un piano per liberarsi presto e partecipare a un altro veglione. Alle 10:30 scarse fa spostare in avanti le lancette dell’orologio della sala, di nascosto, e fa partire il conto alla rovescia annunciando che mancano tre minuti a mezzanotte. Fantozzi e i colleghi si ritrovano poi per strada, stupefatti, al momento del vero Capodanno.
Il conto alla rovescia a Capodanno è una tradizione da diversi decenni, e anche i fuori programma ne fanno parte: dal consueto tappo di spumante che vola via troppo presto o troppo tardi, alle dirette televisive fuori sincrono. Un Capodanno vagamente fantozziano capitò davvero nel 2016, quando la mezzanotte fu annunciata per sbaglio in anticipo di circa un minuto durante il tradizionale programma su Rai 1. Quattro anni prima, a Los Angeles, in uno scompigliato programma equivalente dell’emittente KDOC-TV il conto alla rovescia era invece partito in ritardo di dieci secondi.
Prima che i programmi televisivi la rendessero una diffusa abitudine di Capodanno, fare il conto alla rovescia riuniti intorno a un tavolo o in piazza non era una pratica comune. Fino al 1979 non lo era nemmeno per la folla riunita a Times Square, a New York, dove già dal 1904 si svolgeva la celebrazione del Capodanno probabilmente più famosa al mondo. Le persone assistevano allo spettacolo luminoso, abbracciandosi e festeggiando, ma senza contare i secondi.
In alcuni programmi radiofonici e poi anche televisivi, secondo le ricerche della storica americana Alexis McCrossen, i conduttori avevano cominciato a fare il conto alla rovescia a Capodanno già dalla fine degli anni Cinquanta e per tutti i Sessanta. Ma lo facevano da soli, appunto, senza essere accompagnati dalle voci né dagli applausi del pubblico. Era solo un modo per raccontare e prolungare un evento che in sé durava molto poco.

I fuochi d’artificio e i coriandoli che cadono a Times Square durante i festeggiamenti di Capodanno, a New York, il 1° gennaio 2021 (Alexi Rosenfeld/Getty Images)
All’epoca nell’immaginario collettivo il conto alla rovescia era associato perlopiù ad altri eventi, non tutti speranzosi come l’attesa di un nuovo anno. A renderlo familiare a metà del Novecento era stata anzi la paura di un evento apocalittico: il disastro nucleare.
Nel 1947 il gruppo di scienziati della rivista Bulletin of the Atomic Scientists aveva pubblicato l’orologio dell’apocalisse, per indicare sulla base di vari fattori quanto fosse imminente una catastrofe mondiale provocata dal genere umano, metaforicamente rappresentata dalla mezzanotte. Furono proprio quegli scienziati, secondo McCrossen, a introdurre negli anni successivi l’espressione count down (“conto alla rovescia”) nel lessico americano comune.
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I conti alla rovescia erano una prassi nei test delle bombe atomiche, e sia in televisione che al cinema erano in generale associati a esperienze spaventose, surreali o pericolose, come appunto le esplosioni. Furono i lanci spaziali a cambiare la percezione comune, perché resero il conto alla rovescia una parte essenziale del racconto di grandi eventi collettivi positivi, o quanto meno audaci e promettenti, trasmessi in televisione.
Il 16 luglio del 1969 almeno 500 milioni di persone in tutto il mondo seguirono il conto alla rovescia del lancio dell’Apollo 11, la missione spaziale che avrebbe portato i primi esseri umani sulla Luna. Tra i paesi che trasmisero l’evento in televisione c’era anche l’Italia, in cui l’espressione “conto alla rovescia” cominciò a comparire nelle pubblicazioni proprio dagli anni Sessanta in poi.
Negli anni Settanta la televisione estese ulteriormente la familiarità del pubblico con il conto alla rovescia. Countdown fu il nome di un popolare programma televisivo musicale australiano, trasmesso a partire dal 1974 e fino al 1987, che ispirò programmi simili negli Stati Uniti e in Europa. Si basavano sulle classifiche dei maggiori successi, lette dal fondo alla cima: in pratica erano conti alla rovescia verso il numero uno. E anche molti quiz televisivi utilizzavano nelle loro scenografie enormi orologi analogici per mostrare lo scorrere del tempo prestabilito per rispondere alle domande.
Gli orologi con il conto alla rovescia per il Capodanno a Times Square furono installati solo verso la fine degli anni Ottanta. Diversi programmi che trasmettevano i festeggiamenti cominciarono quindi a mostrare anche quegli schermi e la gente in piazza, ormai abituata a partecipare al conto alla rovescia.
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In Italia, come in altri paesi, il rito della diretta televisiva e del conto alla rovescia a Capodanno cominciò a diffondersi soprattutto dal 2000 in poi, quando la Rai organizzò per tutto il giorno una lunga serie di trasmissioni e collegamenti dalle capitali del mondo. I programmi tv di Capodanno esistevano già dagli anni Novanta, ma erano di solito registrati in anticipo o solo parzialmente in diretta.
Ancora oggi nelle case di molte persone la televisione a Capodanno viene accesa all’avvicinarsi della mezzanotte perché quei programmi sono il modo più comodo per seguire il conto alla rovescia. Salvo imprevisti, come nel 2016, è anche un modo affidabile.



