• Sport
  • Mercoledì 24 dicembre 2025

In Coppa d’Africa ci sono sempre più allenatori africani

Nel 2015 erano 3 su 16, quest'anno sono 14 su 24, e le ragioni non sono solo calcistiche

di Valerio Moggia

Éric Chelle, allenatore della Nigeria, nel 2025 a Brentford, Inghilterra (Harry Murphy/Getty Images)
Éric Chelle, allenatore della Nigeria, nel 2025 a Brentford, Inghilterra (Harry Murphy/Getty Images)
Caricamento player

A questa edizione della Coppa d’Africa maschile di calcio, che è iniziata il 21 dicembre in Marocco, 14 squadre su 24 hanno un allenatore africano. È un numero in linea con l’edizione di due anni fa, ma segno di un cambiamento in corso ormai da qualche anno. Nella Coppa d’Africa del 2015 su 16 squadre (allora il torneo era più piccolo) solo 3 avevano allenatori africani. Il cambiamento si è visto anche alle recente qualificazioni ai Mondiali del 2026: delle nove nazionali africane che giocheranno il torneo, solo due (Algeria e Sudafrica) non hanno al momento un allenatore africano.

In passato, fino a circa quindici anni fa, l’ingaggio di allenatori non africani era frequente soprattutto tra le nazionali che puntavano ai Mondiali. E in molti casi si trattava di allenatori dell’Europa dell’Est, una conseguenza sportiva del sostegno politico che i paesi socialisti diedero a quelli africani nell’epoca post-coloniale, e dei conseguenti legami – anche sportivi – tra quei paesi e molti paesi africani.

Uno dei casi più esemplificativi è quello dell’allenatore jugoslavo Blagoja Vidinić, che nel 1970 portò il Marocco alla prima qualificazione ai Mondiali della sua storia, e che  nel 1974 fece la stessa cosa da allenatore dello Zaire, il nome con cui era conosciuta all’epoca la Repubblica Democratica del Congo. Dagli anni Novanta l’influenza dei tecnici dell’est Europa è venuta meno e le federazioni africane hanno iniziato a rivolgersi a paesi come Francia, Belgio e Germania. Per esempio, dal 2010 a oggi il tedesco Gernot Rohr ha allenato Gabon, Niger, Burkina Faso, Nigeria e Benin; mentre l’italo-canadese Stefano Cusin allena le Comore, dopo aver allenato il Sud Sudan.

Negli ultimi quindici anni, però, le cose hanno iniziato a cambiare, come si vede dalle scelte di alcune importanti nazionali del continente africano. In questo periodo di tempo, per esempio, la Nigeria ha avuto solo tre allenatori europei e ben otto africani, tra cui quello attuale: Éric Chelle, nato in Costa d’Avorio ma di origini franco-maliane.

Un contributo notevole nel cambiare la percezione sugli allenatori locali arrivò grazie ai successi del senegalese Aliou Cissé, allenatore del Senegal tra il 2015 e il 2024. Con Cissé il Senegal è tornato ai Mondiali (nel 2018 e nel 2022) per la prima volta dopo il 2002 e ha raggiunto due finali della Coppa d’Africa, perdendo quella del 2019 e vincendo quella del 2021, che ha rappresentato il primo titolo continentale del paese.

Aliou Cissé nel 2022 (Shaun Botterill – FIFA/FIFA via Getty Images)

Dopo Cissé, però, ci sono stati altri casi di tecnici africani che hanno saputo farsi preferire ai colleghi europei. Il marocchino Walid Regragui ha portato la squadra del suo paese al quarto posto ai Mondiali del 2022, ottenendo la miglior prestazione di sempre di una squadra africana ai Mondiali. Regragui era stato assunto un po’ a sorpresa solo tre mesi prima della competizione, dopo l’esonero del ben più noto bosniaco Vahid Halilhodžić, accusato di aver spaccato lo spogliatoio.

Una cosa simile è avvenuta durante la Coppa d’Africa del 2023, quando la Costa d’Avorio padrona di casa esonerò a competizione in corso il francese Jean-Louis Gasset scegliendo al suo posto l’ivoriano Emerse Faé. Quest’ultimo era stato in grado di ricomporre una squadra in crisi e portarla addirittura a vincere il torneo.

Emerse Faé nel 2024 (AP Photo/Sunday Alamba)

Un conflitto tra un allenatore europeo e uno locale è stato al centro anche delle recenti polemiche in Camerun. Dopo l’eliminazione inaspettata della nazionale dalle qualificazioni ai Mondiali del 2026, il presidente federale Samuel Eto’o ha esonerato il tecnico belga Marc Brys, impostogli nel 2024 dal ministero dello Sport, e ha scelto al suo posto il camerunense David Pagou.

Inizialmente il governo aveva confermato Brys, che ha così diramato una lista di convocati per la Coppa d’Africa parallela a quella di Pagou. Alla fine, pochi giorni prima dell’inizio del torneo, Eto’o ha avuto la meglio e Pagou è stato accettato anche dal ministero dello Sport, e quindi dal governo, come allenatore ufficiale del Camerun.

I motivi per questa nuova tendenza sono molti. Innanzitutto il livello degli allenatori africani è cresciuto molto, anche perché dopo aver terminato la carriera da giocatori molti di loro frequentano le scuole europee per allenatori. Inoltre accettano in genere stipendi più bassi rispetto a quelli dei colleghi europei.

Soprattutto, hanno poi una maggiore connessione con la cultura del paese in cui vanno a lavorare, che spesso è proprio il loro paese, per la cui nazionale sono stati giocatori. Eto’o ha spiegato che gli allenatori africani «capiscono i giocatori e la loro mentalità» e che – come si tende a dire sempre in questi casi, anche quando si tratta di nazionali europee – sanno «cosa significa indossare questa maglia e lottare per la bandiera».

Walid Regragui nel 2023 (AP Photo/Manu Fernandez)

Ma non sempre una nazionale africana sceglie un allenatore del proprio paese: c’è infatti un graduale aumento dei casi di federazioni africane che scelgono allenatori del continente ma non connazionali. Due esempi sono il sudafricano Benni McCarthy, allenatore del Kenya, che nel 2027 co-ospiterà la Coppa d’Africa con Uganda e Tanzania, e il ghaniano Akwasi Appiah, allenatore della nazionale del Sudan.

Spesso queste assunzioni denotano anche grandi ambizioni, come quelle della Libia, che lo scorso marzo ha ingaggiato Aliou Cissé con un contratto biennale da 75.000 euro al mese, quasi il doppio rispetto a quanto guadagnava in Senegal. Questo accordo lo ha reso il secondo allenatore più pagato in Africa dopo lo svizzero Vladimir Petković, che allena l’Algeria, e mette in chiaro l’impegno della Federazione calcistica di Tripoli nel voler tornare a disputare la Coppa d’Africa, da cui manca dal 2012.

Restano però ancora piuttosto rari gli allenatori africani di squadre europee. I pochi presenti sono persone con un passaporto europeo, come il franco-senegalese Patrick Vieira o come Nuno Espirito Santo, portoghese originario di São Tomé che allena il West Ham.

Negli ultimi anni si è parlato molto di Rulani Mokwena, allenatore sudafricano di 38 anni, rtitenuto uno dei tecnici africani tatticamente più preparati e moderni in circolazione. Sembrava probabile il suo arrivo in diverse squadre europee, ma dopo una stagione deludente in Marocco con il Wydad Casablanca, una delle società più prestigiose in Africa, dallo scorso luglio allena la squadra algerina MC Alger.

– Leggi anche: Alla Coppa d’Africa di calcio tutti guardano il Marocco