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  • Martedì 23 dicembre 2025

Il telemark prova a resistere

Per molti è solo un vecchio e strano modo di sciare "a tallone libero"; per qualcuno è lo sport invernale definitivo, che ancora spera nelle Olimpiadi

di Michele Pelacci

Raphael Mahlknecht in gara a Pinzolo il 20 dicembre, posizione da telemark (Ulysse Daessle / FIS Telemark)
Raphael Mahlknecht in gara a Pinzolo il 20 dicembre, posizione da telemark (Ulysse Daessle / FIS Telemark)
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Nello sci alpino il tallone di chi scia è sempre agganciato per intero allo sci. Non è così nel telemark, uno dei modi più antichi per scivolare sulla neve con qualcosa sotto i piedi, in cui il tallone è “libero”, non fissato allo sci. Il telemark – modo con cui si chiama sia la tecnica di sciata “a tallone libero” che la disciplina associata – è quasi scomparso sulle piste, ormai relegato a una dimensione pressoché folkloristica. I praticanti sono pochi ed è sempre più difficile trovare gli strumenti per praticarlo.

Ma a suo modo resiste. Per qualcuno il telemark è quasi una filosofia: un modo creativo, oltre che un po’ nostalgico, di sciare, e di farlo fuori dall’omologazione dello sci alpino. Per altri è più semplicemente una disciplina sportiva, con le sue regole e le sue gare. Il telemark non è uno sport olimpico, ma come quasi ogni sport che non lo è, punta a diventarlo. Alcuni suoi formati di gara hanno elementi che ricordano lo sci alpino, ma anche il salto con gli sci, lo sci di fondo e pure il biathlon (seppur senza carabine). La FIS (la Federazione internazionale sci e snowboard) organizza una Coppa del Mondo di telemark, che il 19 e il 20 dicembre ha fatto tappa a Pinzolo, in provincia di Trento.

Parte del fascino del telemark sta nella sua lunga storia, che come spesso capita quando si parla di sport invernali ha a che fare con la Norvegia. Si ritiene infatti che il telemark fu ideato da Sondre Norheim, originario di Morgedal, nella regione norvegese di Telemark. Negli anni Cinquanta dell’Ottocento, Norheim iniziò a usare sottili radici di betulla, ammorbidite grazie ad acqua calda, per legare sci e scarpone. Quel tipo di utilizzo fatto da Norheim è spesso considerato l’inizio dello sci moderno.

Un praticante del telemark, nel 1995 in Finlandia (Mike Powell /Allsport)

E prima di diventare di nicchia il telemark ebbe la sua fase mainstream. Nei primi anni del Novecento sciare significava infatti sciare a telemark. Ma durò poco. Sul finire degli anni Venti vennero trovati modi più pratici e funzionali per agganciare il tallone allo sci. Col piede interamente bloccato si va solo in discesa (mentre col telemark si può fare un po’ tutto) ma la complessità dei movimenti è molto ridotta. E alla maggior parte delle persone interessava fare poca fatica, imparare in fretta, e sciare in discesa.

Già nel 1931, ai primi Mondiali di sci alpino, non si sciava più a telemark, il cui numero di praticanti si ridusse sempre di più. Il telemark venne riscoperto negli Stati Uniti degli anni Settanta. Era, come in parte è ancora oggi, considerato una scelta contro-culturale.

Matteo Batocchi, che sta diventando istruttore nazionale (una sorta di maestro dei maestri) di telemark, dice che per lui il telemark è una «riscoperta di sé stessi». «Dal punto di vista motorio il telemark ti costringe a pensare», dice Batocchi: «liberare il tallone significa liberare la mente».

Non è facile capire quante persone sciano oggi a telemark, in Italia o nel mondo, soprattutto perché chi scia a telemark spesso non fa solo telemark. Tutt’oggi non è inusuale vedere praticanti del telemark sulle piste di tutta Italia: sono pochi ma si fanno notare. «Se vedi cento persone scendere, tutte fanno sci alpino e solo una telemark» dice Battocchi, e già questa percentuale pecca probabilmente di grande ottimismo. Di certo, però, come dice sempre Battocchi, chi fa telemark riesce sempre a farsi notare.

Sciare a telemark (in inglese si dice to telemark, un verbo che si potrebbe tradurre con telemarcare) significa, in sostanza, inginocchiarsi a ogni curva, come se si stesse facendo un affondo, ovvero uno spostamento in avanti concentrando il peso del corpo su di una gamba. Durante la curva lo sci esterno viene portato in avanti, mentre si solleva il tallone sullo sci interno, arrivando anche a toccare la neve col ginocchio. La fluidità dei movimenti e il continuo oscillare rendono la sciata telemark una di quelle attività di cui ci si può permettere di dire che è a suo modo simile a una danza.

Parte dell’attrezzatura per il telemark è la stessa che si usa in altre discipline invernali. Gli sci, per esempio, sono molto simili a quelli dello sci alpino, e in alcune specialità del telemark si usano i bastoni dello sci di fondo (molto più lunghi di quelli dello sci alpino) per spingersi in pianura o in salita. Ma attacchi e scarponi sono molti diversi, con molte possibili combinazioni di scarpone e attacco, studiate per adattarsi di volta in volta alla pratica dello sci alpino, dello sci di fondo o dello scialpinismo.

Nella Coppa del Mondo di telemark ci sono tre tipi di gare: classica, parallelo e sprint. Tutte e tre comprendono elementi di sci alpino (si scende sostanzialmente tra porte da slalom gigante), salto con gli sci (è sempre previsto, e obbligatorio, un salto di 20 o 30 metri con successivo atterraggio in posizione da telemark, cioè con una gamba avanzata, ginocchia flesse per ammortizzare l’impatto e braccia aperte per avere più equilibrio) e sci di fondo (verso il finale di ogni gara è prevista una parte da percorrere in relativa pianura spingendosi con i bastoncini).

La gara classica dura circa tre minuti e avviene su manche singola. La sprint, la specialità che si è svolta a Pinzolo, è più breve: un solo minuto di gara, ma su due manche. Nel parallelo due sciatori partono appaiati, gareggiando uno contro l’altro. Chi ha accumulato più penalità, tuttavia, deve coprire una distanza maggiore nella parte di fondo: in questo il telemark ricorda un po’ le penalità di certe gare del biathlon.

Le penalità sono fondamentali nel telemark, che quindi punta molto sulla parte estetica, oltre che sulla pura velocità. Ogni due o tre porte c’è un giudice di gara che controlla l’ingresso e il posizionamento degli atleti nelle curve: dev’essere raggiunta la posizione da telemark prima dell’ingresso in curva, e va mantenuta per tutta la durata della curva Altrimenti, per ogni curva eseguita in modo non corretto, c’è un secondo di penalità.

Anche il salto è passibile di penalità: due secondi se non si raggiunge la distanza minima richiesta (di solito circa 25 metri), un secondo se non si atterra in stile telemark.

Un atleta francese nel salto della gara sprint della Coppa del Mondo di telemark, il 20 dicembre a Pinzolo (Credits: Ulysse Daessle / FIS Telemark)

L’unione di tutti questi sport in un’unica disciplina crea un mix divertente da guardare, secondo alcuni una sorta di compendio di più sport sulla neve. Il telemark, tuttavia, come potreste aver intuito è «uno sport in cui non girano molti soldi». Lo dice il direttore della Coppa del Mondo di telemark, il britannico Adrian Pery, che aggiunge: «Il massimo che ci si può portare a casa vincendo una gara è 500 euro».

La proposta della FIS di far diventare il telemark disciplina olimpica non è stata accolta finora, ma gli addetti ai lavori continuano ad avere qualche piccola speranza di entrare nel programma delle Olimpiadi invernali del 2030, sulle Alpi francesi. La Francia, peraltro, è uno dei paesi dove il telemark è più popolare: le ultime due tappe della Coppa del Mondo 2025-2026 si svolgeranno proprio in Francia. È invece dal 2020 che la regione norvegese di Telemark non ospita più gare di Coppa del Mondo di telemark.

A Pinzolo c’è stata la seconda tappa della Coppa del Mondo 2025/26. Gli atleti, tra uomini e donne, erano in tutto una quarantina: non tantissimi. Tra loro c’era un solo italiano: Raphael Mahlknecht. È l’unico italiano arrivato sul podio di una tappa di Coppa del Mondo di telemark, eppure è più famoso per essere stato il compagno di banco di Jannik Sinner.

Nel telemark agonistico c’è, tra l’altro, la persona più vincente di sempre in tutti gli sport invernali. È la svizzera Amélie Wenger-Reymond, che ha vinto 164 volte in Coppa del Mondo di telemark. Per fare un paragone, due sportivi eccezionali come la sciatrice Mikaela Shiffrin o il fondista Johannes Klæbo hanno appena superato le 100 vittorie.

Seppur senza molti soldi, il telemark è uno di quegli sport con un forte senso di comunità tra chi lo pratica e chi lo segue. Dopo le gare nei rifugi si mangia tutti insieme, chi lavora come giudice di gara ha spesso un passato da atleta di telemark e il pubblico (perlopiù composto da amici e parenti) non è mai molto numeroso ma in genere decisamente appassionato. L’atmosfera è quella di un grosso ritrovo tra amici: al termine delle gare di Pinzolo, due sciatori francesi hanno messo su la musica per tutti.

Quello del telemark è anche un mondo in cui ci si dà una mano a vicenda. L’ex saltatore con gli sci Sébastien Mansart, per esempio, allena non solo la nazionale britannica di telemark (il suo incarico ufficiale), ma anche tantissimi altri atleti: «Tutti gli sciatori senza una vera e propria squadra nazionale alle spalle sono i benvenuti», dice.

Una delle figure più conosciute e amate nel piccolo mondo del telemark è Richard Schürf. Tedesco di 65 anni, Schürf gira l’Europa sul proprio furgone con rimorchio per «diffondere il verbo del tallone libero». Gestisce il sito freeheeler.eu (“tallone libero”, per l’appunto) e ogni anno stampa circa 500 copie di un’omonima rivista cartacea.

Richard Schürf – e il suo furgone, e la sua rivista – con Alessandro Piva, uno degli organizzatori della tappa di Coppa del Mondo di telemark di Pinzolo (Michele Pelacci)