La legge di bilancio è stata infine approvata dal Senato
Ora passerà alla Camera, che avrà pochi giorni per votarla senza poterla modificare

Martedì 23 dicembre, con 110 voti favorevoli, 66 contrari e 2 astensioni, il Senato ha approvato la legge di bilancio, che ora verrà inviata alla Camera, che avrà pochi giorni (tra Natale e Capodanno) per esaminarla e approvarla in via definitiva senza poterla modificare in alcun modo. La legge appena approvata è quindi, in sostanza, quella definitiva: vale 22 miliardi di euro, e ancor più di quelle precedenti approvate dal governo di Giorgia Meloni è molto cauta e conservativa sulle spese e carente su interventi che sostengano la crescita e gli investimenti.
L’iter di approvazione della legge è stato caotico e tribolato, generando più che in altre occasioni grosse tensioni anche all’interno della maggioranza. All’ultimo sono state rimosse alcune misure su cui lunedì il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva espresso delle perplessità, che hanno indotto il governo a intervenire.
La più contestata di queste norme riguardava la disciplina del lavoro: prevedeva che, nel caso in cui un tribunale avesse stabilito che un datore di lavoro non pagava adeguatamente uno o più lavoratori, questo non era obbligato a corrispondere gli arretrati, cioè la differenza retributiva o contributiva tra quanto guadagnava il lavoratore e quanto avrebbe dovuto guadagnare.
Un’altra norma rimossa dalla legge includeva una nuova regolamentazione sul conferimento di incarichi nelle amministrazioni pubbliche a persone provenienti da aziende del settore privato regolate o finanziate da quelle stesse amministrazioni, per evitare conflitti d’interessi: la norma prevedeva anche, tra le altre cose, una riduzione da tre a un anno del periodo necessario per assumere incarichi dirigenziali nel settore privato dopo aver ricoperto ruoli apicali nello stesso ambito nel pubblico.
Altre norme tolte dalla legge riguardavano la riduzione da dieci a quattro anni dell’anzianità di servizio necessaria per autorizzare il collocamento fuori ruolo dei magistrati (cioè il fatto che smettano di lavorare in magistratura e vengano impiegati per esempio in enti pubblici, o ministeri), e interventi su alcuni aspetti organizzativi di gestione del personale della Covip, l’autorità di vigilanza sui fondi pensione.
Le polemiche sulla legge di bilancio hanno riguardato soprattutto il sostegno alle imprese, come detto piuttosto modesto: la prima versione, approvata dal Consiglio dei ministri il 17 ottobre, era ancora più austera e valeva poco più di 18,5 miliardi, tra gli impegni più contenuti degli ultimi decenni.
Confindustria, la principale organizzazione che rappresenta le imprese, aveva criticato molto il governo per quella prima versione della legge, che stanziava 8 miliardi di euro nell’arco di tre anni (Confindustria aveva chiesto 8 miliardi per il solo 2026), e le critiche si erano intensificate ancora di più dopo la gestione alquanto fallimentare della principale misura pensata per incentivare gli investimenti, e cioè Transizione 5.0, da parte del ministro delle Imprese Adolfo Urso.
All’ultimo momento utile, quindi, e per volontà della stessa Meloni, il 15 dicembre il governo aveva presentato un cosiddetto “maxiemendamento” che di fatto aggiungeva circa 3,5 miliardi in più proprio per le imprese.
Proprio il cosiddetto “maxiemendamento” ha generato altre polemiche all’interno della stessa maggioranza, in particolare nella Lega di Matteo Salvini: i senatori leghisti hanno contestato al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che è del loro stesso partito, di aver finanziato quegli interventi aggiuntivi aumentando l’età pensionabile, contraddicendo una storica battaglia leghista.



