Come muore una pista da bob
Anzi tre, tutte italiane: raramente di vecchiaia, spesso perché costano troppo e le usano in pochi

Una pista da bob è una struttura unica nel suo genere: un corridoio semiaperto lungo circa un chilometro e mezzo, realizzato perlopiù di cemento e acciaio, con uno strato di ghiaccio di pochi centimetri. È piena di curve – in gergo è anche detta budello – e i bob che ci scivolano all’interno possono raggiungere i 140 chilometri all’ora.
Costruire una pista da bob è costoso e complesso. Ma è anche difficile mantenerla attiva, perché comporta costi elevati e rilevanti implicazioni ambientali. Lo raccontano le storie delle principali piste italiane: quelle di Cervinia e di Cesana Pariol, in Valle d’Aosta e in Piemonte, ma anche le due – quella storica e quella nuova – di Cortina, in Veneto.
In quasi tutte le piste funzionanti la creazione del ghiaccio avviene artificialmente grazie a complessi impianti di refrigerazione e decine di chilometri di tubature. A seconda del periodo e delle necessità le piste da bob (che in realtà sono anche piste da skeleton e da slittino) vengono fatte ghiacciare completamente o solo in parte. In inverno ci mettono alcuni giorni ad andare in temperatura e una volta raffreddate fino ai -20 °C circa vanno mantenute a quelle temperature per settimane intere.
La nuova pista “Eugenio Monti” di Cortina d’Ampezzo, in provincia di Belluno, è attiva da diverse settimane. È costata 118 milioni di euro e secondo il piano economico commissionato da Regione Veneto alla società di consulenza KPMG si prevede una perdita di 638mila euro l’anno. Anche una pista nuova, quindi, nasce sapendo che costerà molto più di quanto farà guadagnare.

La nuova pista di Cortina a novembre (Alex Pantling/Getty Images)
Una pista da bob costa tanto, la si può usare poco (per soli tre sport, tutti e tre parecchio di nicchia) e invecchia in fretta. Bastano in genere un paio di decenni perché una pista sia considerata almeno in parte obsoleta per materiali, specifiche o tecnologia di raffreddamento. E mantenerla al passo con i tempi richiede grandi investimenti.
Nel mondo ci sono meno di 20 piste da bob, buona parte delle quali (comprese tutte quelle più recenti) costruite in funzione di un’imminente edizione delle Olimpiadi. In Italia l’unica attiva al momento è quella di Cortina, fatta apposta per le Olimpiadi del 2026, visto che la precedente pista di Cortina era inutilizzata ormai da diversi anni.
La prima pista di Cortina fu costruita nel 1923. Il primo intervento significativo per renderla più al passo con le esigenze della contemporaneità fu fatto per le Olimpiadi del 1956, organizzate proprio a Cortina, quella volta senza Milano. Vennero rifatte curve e tribune e fu aggiunto un sistema di cronometraggio elettronico.

La squadra statunitense di bob a quattro in una foto dalle Olimpiadi di Cortina del 1956 (Getty Images)
Proprio grazie alle Olimpiadi del 1956, nelle quali l’Italia vinse una medaglia d’oro e due d’argento, il bob guadagnò popolarità in Italia. Sull’onda dell’entusiasmo nel 1963 si costruì una pista da bob a Cervinia, nel comune valdostano di Valtournenche.
La pista di Cervinia prese il nome dal vicino laghetto noto come Lago Blu: era particolare perché il ghiaccio era creato senza impianti di refrigerazione, compattando la neve lungo la pista e buttandoci sopra acqua affinché ghiacciasse di notte. In gergo si parla di “ghiacciatura naturale” e nel mondo ne resta solo una fatta così: a St. Moritz, in Svizzera.

Una mappa della pista Lago Blu (Wikimedia)
Chi gestiva le piste di Cortina e Cervinia provò a cercare nuovi praticanti, anche organizzando corsi di formazione per nuovi piloti, ma l’attività rimase sempre limitata. Anche ospitare importanti eventi internazionali (sia Cortina che Cervinia furono più volte sede dei Mondiali) non garantì soddisfacenti ritorni economici e d’immagine.
Sia a Cortina che a Cervinia le uscite di pista causarono la morte di diversi bobbisti. Un altro grosso problema per Cortina furono le proteste degli ambientalisti contro l’utilizzo di ammoniaca nell’impianto refrigerante, considerata pericolosa. Anche in conseguenza di queste proteste, anziché a Cortina gli Europei del 1987 di bob si fecero a Cervinia, priva di impianto refrigerante.
La pista di Cervinia ottenne anche l’assegnazione dei Mondiali del 1993 a cui però la Valle d’Aosta rinunciò ritenendo eccessive le spese per l’ammodernamento della pista. I Mondiali avrebbero richiesto infatti la costruzione di un impianto di refrigerazione artificiale. La pista finì per essere abbandonata, ma ancora resta in parte visibile d’estate.
Si tornò a parlare della pista del Lago Blu e di un suo possibile recupero nei primi anni Duemila, perché Torino ottenne l’organizzazione dei Giochi Olimpici invernali del 2006 ma il Piemonte era senza pista da bob. Recuperare la pista di Cervinia sarebbe costato meno che costruirne una da zero, tuttavia la proposta non si concretizzò.
Per le Olimpiadi di Torino 2006 si decise quindi di costruire una pista nelle valli piemontesi. Inizialmente venne scelta Sauze d’Oulx, ma nelle rocce su cui si sarebbe dovuta costruire la pista furono trovate grosse quantità di amianto. Dopo aver valutato la possibilità di fare le gare olimpiche su piste estere già funzionanti, venne costruita la pista di Cesana Pariol. In maniera frettolosa, visto che come ricordato da Vanda Bonardo, per 16 anni presidente di Legambiente Piemonte-Valle d’Aosta, fu scelto «un pendio orientato a sud», quindi più caldo e «non ottimale per una pista da ghiaccio».
Costata 110 milioni di euro e con oneri di gestione che superavano il milione di euro l’anno, la pista di Cesana Pariol restò aperta meno di sei anni e verrà demolita e smantellata a partire dall’estate del 2026, per un costo di circa nove milioni di euro.
Mentre chiudeva la pista di Cesana Pariol, anche quella di Cortina – che negli anni Ottanta era finita in uno dei film di James Bond – era in difficoltà. Un’indagine del 2009 di Voci di Cortina, sito dell’associazione culturale Comitato Civico Cortina, rivelò che nel triennio 2004-2006 la pista perse oltre un milione di euro.
Cortina ottenne comunque l’organizzazione dei Mondiali di bob del 2011. La pista, tuttavia, non era ancora attrezzata per skeleton e slittino, slitte meno ingombranti e con necessità diverse rispetto ai bob. Gli interventi sarebbero costati tra i 4 e i 15 milioni di euro e quindi nel 2009, durante un consiglio comunale durato fino alle tre di notte, la giunta decise di rinunciare ai Mondiali. La stessa cosa che era successa a Cervinia meno di vent’anni prima.
Da qualche anno la IBSF, la Federazione internazionale di bob e skeleton, richiede che con le competizioni internazionali di bob si svolgano anche quelle di skeleton, per dimezzare i costi logistici e di produzione televisiva (lo slittino, invece, è gestito a livello internazionale da un’altra federazione, la FIL, e il calendario delle sue gare è diverso).
Insieme con gli alti costi di gestione queste complicazioni portarono all’abbandono sia della pista di Cesana Pariol che di quella di Cortina. Per la prima volta dopo 80 anni, tra 2012 e 2025 (quasi tutto il periodo tra le Olimpiadi di Torino e quelle di Milano Cortina) l’Italia restò quindi senza una pista da bob (e da skeleton) funzionante.

La pista di Cesana Pariol nel 2023 (Andrea Alfano/LaPresse)
Una delle conseguenze fu che i praticanti, già pochi, divennero sempre meno. La nazionale femminile italiana di bob – che a Torino 2006 aveva vinto il bronzo nel bob a due – finì addirittura per essere smantellata (è stata ricreata solo negli ultimi anni).
Con le Olimpiadi di Milano Cortina 2026 si è tornati a parlare di piste da bob. Come già nel 2006, anche in questo caso si sarebbe speso meno riattivando una pista esistente: in questo caso quella di Cesana Pariol, meno attempata rispetto a quella ultracentenaria di Cortina.
Alla fine, invece, è stata fatta una pista totalmente nuova, sempre a Cortina. Una pista che con la precedente condivide solo la posizione e i nomi di certe curve, e in cui l’uso di ammoniaca è molto ridotto rispetto al passato. La pista, infatti, è raffreddata con acqua e glicole propilenico (in gergo “acqua glicolata”, più o meno l’antigelo che usiamo per le auto), che permette di usare molta meno ammoniaca.
Questa nuova pista – che inizialmente nessuno voleva costruire – potrebbe essere l’ultima di sempre costruita da zero, perché l’obiettivo, perlomeno quello dichiarato, del comitato olimpico internazionale sarà di usare e recuperare piste già esistenti.
Resta però da capire cosa fare di questa per non farla morire subito dopo le Olimpiadi. Rispetto a quanto stabilito in una prima fase di progettazione, la nuova pista di Cortina non è per la maggior parte sotto terra e non sarà parte di un «più ampio progetto di parco divertimenti».
Oltre all’organizzazione di eventi come la Coppa del Mondo e le Olimpiadi invernali giovanili di Valtellina-Dolomiti 2028, sulla pista da bob di Cortina si pensa di far scivolare in estate taxi-bob, un’attrazione turistica nella quale le persone comuni scivolano lungo la pista accompagnate da piloti professionisti.
In tutti questi progetti olimpici, molto raramente è stata presa in considerazione è l’opinione delle persone. Nel libro Scivolone olimpico. Dieci sguardi sul caso dell’ormai mitica pista di Cortina curato da Pietro Lacasella, Michele Argenta e Sofia Farina scrivono che «nessun livello di coinvolgimento è stato esteso agli abitanti di Cortina».
– Leggi anche: Portarsi in giro bob, skeleton e slittini è un bel problema



