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  • Venerdì 19 dicembre 2025

Il calcio francese si sta mobilitando per un giornalista arrestato in Algeria

È una storia che tiene dentro un omicidio irrisolto, una minoranza etnica repressa e i complicati legami fra la Francia e una sua ex colonia

di Valerio Moggia

Un appello per la liberazione di Gleizes durante la partita di Ligue 1 tra Paris FC e Tolosa dello scorso 13 dicembre (Federico Pestellini/PsnewZ)
Un appello per la liberazione di Gleizes durante la partita di Ligue 1 tra Paris FC e Tolosa dello scorso 13 dicembre (Federico Pestellini/PsnewZ)
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Dall’inizio di dicembre le principali squadre di calcio in Francia stanno diffondendo appelli e comunicati di solidarietà per un uomo di 36 anni appena condannato in Algeria a sette anni di carcere per terrorismo. Soltanto negli ultimi giorni hanno chiesto la sua liberazione il Paris Saint-Germain, cioè la squadra più ricca e influente del paese, e diverse altre squadre della Ligue 1, cioè la Serie A francese, come Nizza, Lens (attuale prima in classifica), Auxerre, Le Havre, Nantes. Lo hanno fatto anche la Federazione calcistica francese e l’associazione che gestisce i campionati di calcio professionistici.

È molto raro che il calcio professionistico di un certo paese si mobiliti in questo modo. Così come è eccezionale il caso in questione, che intreccia i rapporti delicatissimi fra Francia e Algeria, quindi fra ex colonizzatori ed ex colonizzati, le rivendicazioni di una minoranza etnica repressa, e il legame fra questa minoranza e una squadra di calcio algerina.

L’uomo al centro del caso si chiama Christophe Gleizes, fa il giornalista sportivo e il 3 dicembre è stato condannato in appello a sette anni di prigione con le accuse di «favoreggiamento del terrorismo» e di essere in possesso di «materiale di propaganda dannoso per l’interesse nazionale».

Le accuse sono del tutto pretestuose: Gleizes in Francia è piuttosto noto e rispettato – scrive per le riviste So Foot e Society – e dai suoi lavori non traspare alcun legame con gruppi violenti. L’Algeria invece è governata in maniera sempre più autoritaria dal presidente Abdelmadjid Tebboune, in carica dal 2019.

Gleizes si interessa da anni dell’Algeria perché scrive soprattutto di calcio in Africa, un continente in cui ha vissuto a lungo da bambino seguendo il lavoro diplomatico del padre. Nel 2018 pubblicò assieme a Barthélémy Gaillard Magique système: L’esclavage moderne des footballeurs africains (“Sistema magico: La schiavitù moderna dei calciatori africani”): un libro-inchiesta sulle truffe subite da migliaia di aspiranti calciatori in vari paesi dell’Africa sub-sahariana. Il libro uscì per l’apprezzata casa editrice francese Marabout.

Da qualche tempo Gleizes stava lavorando a un nuovo libro, tutto ambientato in Algeria e incentrato sull’attaccante camerunense Albert Ebossé Bodjongo. Nel 2014 Ebossé era il giocatore più forte del Jeunesse Sportive de Kabylie (o JSK), quando il 28 agosto di quell’anno morì in circostanze mai del tutto chiarite.

Ebossé si era sentito male mentre lasciava lo stadio al termine di una partita tra la sua squadra e l’USM Alger, ed era successivamente morto in ospedale. Secondo la versione ufficiale delle autorità algerine Ebossé era stato colpito in testa da un sasso lanciato da un tifoso del JSK, cioè la squadra per cui giocava. Nessuno, però, venne identificato come il responsabile del lancio. La versione del governo fu da subito oggetto di grande scetticismo in Algeria, al punto che la famiglia del calciatore, una volta rimpatriato il corpo in Camerun, fece eseguire una nuova autopsia. Secondo questo esame Ebossé era morto a causa di un pestaggio, dopo essere stato a lungo immobilizzato con la forza.

La teoria della famiglia era che Ebossé fosse stato ucciso dalla polizia algerina per accusare la tifoseria del JSK di comportamento violento e avere quindi una scusa per reprimere questa tifoseria. I tifosi storici del JSK sono infatti legati al movimento autonomista cabilo, che in Algeria rappresenta la minoranza etnico-linguistica berbera (più di tre quarti degli algerini si identificano come arabi). Negli ultimi anni il governo ha fatto di tutto per spezzare il legame fra il JSK e il movimento cabilo, e fra le altre cose ha agevolato la vendita della squadra a una società partecipata dal governo: secondo la famiglia di Ebossé e vari attivisti cabili, accusare di omicidio i tifosi storici del JSK significava screditarli agli occhi dell’opinione pubblica.

Gleizes seguiva la storia di Ebossé da dieci anni, ancora prima dell’uscita di Magique système. Le Monde scrive che fin dal 2015 era in contatto con esponenti del Mouvement pour l’autodétermination de la Kabylie (MAK), la principale organizzazione politica della minoranza cabila, che dal 2021 è considerato dal governo algerino un gruppo terrorista. Gleizes ha sicuramente parlato più volte con Aksel Bellabbaci e Ferhat Mehenni, due importanti esponenti politici del MAK che da anni vivono in esilio in Francia: il primo è il presidente della Federazione calcistica cabila, un’associazione non riconosciuta ufficialmente dalla FIFA, mentre il secondo è il presidente del MAK.

Entrambi hanno confermato al Washington Post di aver confidato a Gleizes che secondo loro l’omicidio di Ebossé fu pianificato per delegittimare il movimento autonomista cabilo.

Consapevole che difficilmente sarebbe stato consentito l’ingresso a un giornalista francese, Gleizes era entrato in Algeria nel maggio del 2024 con un visto turistico, invece che qualificarsi fin da subito come giornalista come richiesto dalle leggi locali. Non è un espediente così inconsueto, per un giornalista che vuole lavorare in un paese governato da un regime autoritario: passando dai canali ufficiali il rischio è che la richiesta venga rifiutata e il giornalista in questione segnalato come una persona da non fare entrare nel paese.

La polizia algerina ha fatto leva su questo singolo dettaglio del permesso per arrestare Gleizes il 28 maggio del 2024 nella città di Tizi Ouzou, capitale informale della Cabilia e sede della squadra JSK.

Dopo essere stato rilasciato, Gleizes si rifugiò nell’ambasciata francese di Algeri. Dopo sei giorni mise piede fuori dall’ambasciata, convinto che sarebbe stato espulso. Le autorità algerine però lo arrestarono: da allora vive in una cella di 10 metri quadrati nel carcere di Tizi Ouzou, condivisa con un altro detenuto. Il 29 giugno 2025 Gleizes ha ricevuto una condanna in primo grado a sette anni di prigione, confermata nella sentenza di appello emessa il 3 dicembre.

Il fatto che in Algeria i giornalisti finiscano in carcere non è una novità, specie da quando è al potere Abdelmadjid Tebboune: nel 2023, Amnesty International segnalava che almeno 12 giornalisti erano stati arrestati nel paese nordafricano nell’arco di due anni. La repressione del governo algerino è altrettanto forte nei confronti della comunità cabila e del JSK. Negli ultimi anni diversi suoi tifosi sono stati arrestati, e la stessa cosa è avvenuta nel 2020 nei confronti di Cherif Mellac, ex presidente del club accusato ufficialmente di appropriazione indebita, ma che in passato aveva più volte criticato il governo.

A complicare il contesto ci sono le tensioni tra l’Algeria e la Francia, che negli scorsi mesi hanno portato al congelamento dei rapporti diplomatici tra i due paesi. Il 12 novembre la grazia concessa da Tebboune allo scrittore Boualem Sansal, anche lui al centro di un caso diplomatico con la Francia, aveva fatto sperare che si potesse trovare una soluzione anche per Gleizes, cosa che invece non è successa. Se nel caso di Sansal era stato decisivo, infatti, l’intervento come mediatore della Germania, nei confronti del giornalista di So Foot non è per ora avvenuto nulla del genere.

Il presidente francese Emmanuel Macron e quello algerino Abdelmadjid Tebboune al G7 organizzato in Puglia nell’agosto del 2024 (Christopher Furlong/Getty Images)

Oltre alle squadre si sono fatti sentire due ex calciatori del PSG, di cui peraltro Gleizes è tifoso: il brasiliano Raí e l’allenatore Jean-Marc Pilorget. Per una squadra di calcio prendere posizione è relativamente semplice – Gleizes è dell’ambiente e le accuse nei suoi confronti sono risibili – ma per i singoli calciatori o ex calciatori è più complicato, dato che hanno un pubblico che va oltre quello della propria tifoseria. Su Ultimo Uomo il ricercatore Ayan Meer ha notato che finora non si sono espressi sul caso i due personaggi più famosi legati in qualche modo alla regione cabila nel mondo del calcio: Zinedine Zidane, nato in una famiglia cabila, e Kylian Mbappé, la cui madre è cabila.

Il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha invece parlato di «profonda inquietudine» per la situazione di Gleizes, e il ministro dell’Interno Laurent Nuñez ha detto a France 2 che sta continuando a negoziare la sua liberazione con l’Algeria.

Domenica 14 dicembre i legali di Gleizes hanno presentato ricorso in Cassazione contro la condanna, mentre sua madre ha ufficialmente chiesto a Tebboune di graziarlo. Al momento però è difficile capire cosa possa succedere, anche perché proprio domenica 14 dicembre il movimento MAK ha simbolicamente proclamato l’indipendenza della Cabilia in una cerimonia tenuta a Parigi, cosa che potrebbe ulteriormente complicare i rapporti fra Francia e Algeria.