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  • Mercoledì 17 dicembre 2025

Nella Repubblica Democratica del Congo partorire è diventato più difficile

Il governo ha sospeso un programma che garantiva l’accesso gratuito all’assistenza, e molte donne non possono permettersi di andare in ospedale

Tre donne camminano nel campo per rifugiati di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, 15 agosto 2024 (AP Photo/Moses Sawasawa)
Tre donne camminano nel campo per rifugiati di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, 15 agosto 2024 (AP Photo/Moses Sawasawa)
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Dopo circa due anni di sperimentazione, a partire dallo scorso giugno il governo della Repubblica Democratica del Congo ha sospeso un programma che garantiva l’accesso alle cure mediche gratuite alle donne in gravidanza e nei 28 giorni successivi al parto. Le strutture mediche del paese sono già in grande difficoltà a causa di anni di scontri e violenze soprattutto nella parte orientale del paese, al confine con il Ruanda, che hanno creato una grave crisi umanitaria: partorire insomma era già complicato, e ora lo è diventato ancora di più. Il governo non ha dato motivazioni ufficiali. La notizia è stata riportata in questi giorni da vari media internazionali, tra cui Associated Press.

Nella Repubblica Democratica del Congo il sistema sanitario non è gratuito: il parto può costare dall’equivalente di 5 o 10 euro, se non ci sono complicazioni, fino a quasi 200 euro nel caso di un parto cesareo. A questo si dovrebbero aggiungere le visite ginecologiche e ostetriche, gli esami e le cure necessarie al o alla neonata dopo il parto. Sono costi insostenibili per la maggior parte delle donne congolesi, se si considera che nel 2024 più del 73 per cento della popolazione viveva con meno di 2 euro al giorno, e soltanto il 3 per cento della popolazione ha un’assicurazione sanitaria.

Questo fa sì che molte donne partoriscano fuori dagli ospedali e senza l’assistenza necessaria, e il risultato è che molte muoiono a causa del parto. Secondo gli ultimi dati disponibili (risalenti al 2023, quindi a prima dell’introduzione del programma) nella Repubblica Democratica del Congo morivano per cause relative alla gravidanza o al parto 427 donne ogni 100mila bambini nati vivi: è uno dei dati di mortalità materna più alti al mondo, e anche tra i più alti della regione dell’Africa centro occidentale. Per fare dei paragoni, in Italia è di circa 8 ogni 100mila, nel vicino Ruanda è di 229 ogni 100mila, in Nigeria, secondo i dati il peggior posto al mondo in cui partorire, è di circa mille ogni 100mila.

Questi numeri vanno interpretati anche tenendo in considerazione che spesso le donne nella Repubblica Democratica del Congo non hanno il pieno controllo della propria salute riproduttiva. «Molte giovani donne dicono di voler aspettare ad avere figli, ma non hanno né i mezzi per proteggersi, né la capacità di dire di no», ha spiegato un’ostetrica che collabora con un programma delle Nazioni Unite a Goma, nella parte orientale del paese, devastata dall’arrivo dei miliziani del gruppo paramilitare M23 all’inizio di quest’anno. Il risultato è che più del 10 per cento delle madri ha tra i 15 e i 19 anni. Anche alle donne più grandi, in ogni caso, mancano le informazioni e l’accesso ai contraccettivi. L’ampia diffusione della prostituzione e delle violenze sessuali complica ancora di più la questione.

Non essendoci dati più recenti su scala nazionale, non è possibile sapere con precisione l’impatto che il programma governativo ha avuto in questi due anni.

Secondo Franck Ndachetere Kandonyi, infermiera del Afia Himbi health center, una delle strutture convenzionate sul lago Kivu (nell’est, dove è attivo l’M23), il numero delle donne che sceglievano di partorire lì grazie alla gratuità delle cure era notevolmente aumentato, passando da cinque a più di 20 al mese. Ha detto ad Associated Press che da quando il programma è stato sospeso il numero delle partorienti è sceso a nove.