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  • Domenica 7 dicembre 2025

Il Vaticano ha restituito alle popolazioni indigene del Canada decine di manufatti

Come parte di un processo di riconciliazione per le violenze fatte in passato

Il capo nazionale dell'Assemblea delle Prime Nazioni Cindy Woodhouse Nepinak al momento della restituzione degli artefatti all'aeroporto Trudeau a Montreal, sabato 6 dicembre 2025
La capa nazionale dell'Assemblea delle prime nazioni Cindy Woodhouse Nepinak al momento della restituzione degli artefatti all'aeroporto Trudeau a Montreal, sabato 6 dicembre 2025 (The Canadian Press/AP/Graham Hughes)
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Poco più di cent’anni fa, dal 1923 al 1925, l’allora capo della Chiesa cattolica, Papa Pio XI, chiese ai missionari di raccogliere migliaia di manufatti provenienti da tutto il mondo per organizzare una grande esposizione a Roma. Tra questi, moltissimi provenivano dal Canada, ed erano stati consegnati ai missionari cattolici da persone appartenenti alle popolazioni indigene locali.

Per un secolo, questi artefatti sono stati conservati nei Musei Vaticani. Per anni i rappresentanti delle popolazioni indigene ne hanno chiesto la restituzione, ma il Vaticano ha fatto resistenza a lungo, sostenendo che fossero stati donati alla Chiesa e che quindi avesse diritto a tenerseli: sabato 6 dicembre una piccola parte è stata infine restituita al Canada, con un volo che è atterrato all’aeroporto Trudeau di Montreal.

Si tratta di 62 oggetti legati all’artigianato e alla tradizione delle popolazioni locali. Tra questi c’è, per esempio, un raro kayak degli inuvialuit, un popolo inuit che vive nel nord ovest del Canada. L’attribuzione precisa di questi oggetti non è chiarissima: si sa che 14 di questi appartengono agli inuvialuit, uno al popolo métis, originato dall’unione tra colonizzatori europei e donne delle prime nazioni, e che tutti gli altri appartengono alle prime nazioni. Per “prime nazioni” si intendono le piccole comunità indigene del Canada che non sono né métis né inuvialuit.

Gli artefatti verranno custoditi temporaneamente al Museo di Storia Canadese di Ottawa, dove verranno catalogati ed esaminati, prima di essere restituiti alle loro comunità originarie.

Katisha Paul, dei popoli Lil'wat e Tsartlip, a sinistra, e Peyal Laceese, del popolo Tsilhqot'in con la cassa contenente gli artefatti restituiti dal Vaticano, all'aeroporto Trudeau di Montreal, sabato 6 dicembre 2025

Katisha Paul, dei popoli Lil’wat e Tsartlip, a sinistra, e Peyal Laceese, del popolo Tsilhqot’in, con la cassa contenente gli artefatti restituiti dal Vaticano, all’aeroporto Trudeau di Montreal, sabato 6 dicembre 2025 (AP/The Canadian Press/Graham Hughes)

Per le popolazioni indigene gli artefatti hanno un enorme valore storico e culturale. Il kayak degli inuvialuit, per esempio, è un oggetto rarissimo: era usato per la caccia alle balene beluga, ma pur essendo parte della loro tradizione oggi non ne possiedono più nemmeno uno. Oltre a quello che si trovava in Vaticano, ne esistono infatti solo altri pochi esemplari: tre si trovano al Museo di Storia Canadese, e uno al Museo Nazionale della Danimarca.

I manufatti però hanno anche un enorme valore simbolico e spirituale. Katisha Paul, una rappresentante delle popolazioni Tsartlip e Lil’wat, per esempio, ha spiegato che «non si tratta semplicemente di reperti», ma «di qualcosa che è nostro, sono i nostri antenati, indicatori della vitalità della storia delle nostre nazioni».

I negoziati per la restituzione dei manufatti sono stati lunghi e complicati. A lungo i rappresentanti delle popolazioni indigene e gli storici hanno sostenuto che, anche nel caso in cui fossero stati donati volontariamente al Vaticano, i rapporti di potere tra la Chiesa cattolica e le popolazioni locali a inizio Novecento erano troppo sbilanciati per poter affermare che fossero stati davvero consegnati in modo libero e spontaneo.

Le popolazioni originarie del Canada subirono diversi abusi e crimini da parte della Chiesa cattolica, in particolare nel periodo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Uno dei casi più noti riguarda l’assimilazione forzata attraverso le cosiddette Residential Schools, collegi per indigeni istituiti dal governo e gestiti in gran parte dalla Chiesa che si diffusero a partire dalla fine dell’Ottocento. Al loro interno i bambini indigeni subivano numerose violenze fisiche e psicologiche, spesso vivendo in condizioni al limite della sopravvivenza. Si stima che migliaia di bambini morirono al loro interno.

Proprio la storia delle Residential Schools, e il fatto che si fosse creato un dibattito pubblico su di esse in Canada, aveva portato le comunità indigene a insistere per ottenere le scuse del Vaticano, e per chiedere la restituzione dei propri manufatti. Nel 2022 Papa Francesco si era scusato a nome della Chiesa, e alla fine la Chiesa ha accettato di restituire una parte degli oggetti al Canada, come parte di un processo di riconciliazione con le comunità indigene.