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  • Domenica 7 dicembre 2025

Quando inizia la prossima fase del piano per Gaza?

La prima è quasi terminata, ma ora arrivano i passaggi più complicati

Un palestinese a Gaza City sabato 25 ottobre 2025.
Un palestinese a Gaza City sabato 25 ottobre 2025 (AP/Abdel Kareem Hana)
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Sabato il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman al Thani, ha detto che la tregua tra Israele e Hamas ha raggiunto «un momento critico». La fase iniziale dell’accordo promosso dal presidente americano Donald Trump a ottobre dovrebbe infatti essere alla fine: prevedeva il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani, vivi e morti, che Hamas deteneva dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, e di centinaia di palestinesi detenuti da Israele. In questo momento Hamas deve riconsegnare il corpo di un ultimo ostaggio morto durante la prigionia.

Il Qatar, insieme all’Egitto, è uno dei paesi mediatori della tregua. Al Thani ha detto che vari paesi adesso stanno lavorando per fare iniziare la seconda fase: quella che si concentra, soprattutto, sul modo in cui la Striscia di Gaza verrà governata. Non sarà però un passaggio semplice.

I punti dell’accordo dopo la fine dei combattimenti e la liberazione degli ostaggi prevederebbero, tra le altre cose, la discussione sul futuro governo di Gaza. Il piano prevede che la Striscia venga governata da un governo tecnico (formato quindi da esperti, e non legato a un particolare gruppo politico) di transizione. Una “Forza Internazionale di Stabilizzazione” (ISF) formata da diversi paesi dovrebbe essere inviata nella Striscia per garantire la sicurezza. Hamas, che ora controlla la Striscia, dovrebbe essere disarmato. Inoltre, Israele dovrebbe ritirarsi: dopo l’entrata in vigore dell’accordo, infatti, l’esercito israeliano occupa ancora ampie aree della Striscia.

Sono tutti punti molto delicati, e per il momento non si stanno facendo grossi passi in avanti per riuscire ad applicarli. Per esempio, non c’è ancora un accordo su quale sarebbe esattamente la struttura di comando della ISF, né sui suoi compiti precisi. Non è chiaro nemmeno quali paesi potrebbero partecipare. Uno dei pochi che si è detto disponibile a farlo è la Turchia, che è tra i paesi garanti dell’accordo e tradizionalmente filopalestinese: Israele, però, si è opposto alla partecipazione di militari turchi. Anche Hamas è stato critico della ISF, sostenendo che assegnarle eventualmente incarichi all’interno di Gaza la renderebbe una forza non neutrale.

Secondo alcuni funzionari arabi e occidentali un Consiglio di Pace, cioè l’organismo internazionale che controllerà il rispetto dei punti dell’accordo, e che dovrebbe essere guidato da Trump, dovrebbe essere formato entro la fine dell’anno.

Un rifugio improvvisato costruito da alcuni palestinesi tra le macerie a Gaza, il 27 novembre

Un rifugio improvvisato costruito da alcuni palestinesi tra le macerie a Gaza, il 27 novembre (AP/Jehad Alshrafi)

Hamas ha rifiutato in diverse occasioni di consegnare le armi. Non ci sono segni, poi, che Israele sia intenzionato a ritirarsi dalle zone che occupa ancora nella Striscia: la linea che divide queste zone dal resto della Striscia, e che viene colloquialmente definita la “linea gialla”, sta anzi diventando un confine fisso. Come parte del piano, poi, Israele dovrebbe assicurare la riapertura del valico di Rafah, chiuso dal maggio del 2024, che collega Gaza all’Egitto e che è l’unico non controllato dagli israeliani: per ora, però, Israele ha detto che il valico riaprirà solo per i palestinesi che vogliono lasciare la Striscia.

Il piano di pace è entrato in vigore a ottobre. Da quel momento, però, ci sono stati comunque diversi scontri tra l’esercito israeliano e Hamas. Secondo le autorità di Gaza, più di 360 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, il 10 ottobre.

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